XXI. IL CIMITERO

31 9 2
                                    

Herman si trovava poco lontano dalla villa, nella casetta in cui lavorava. Lo raggiunsi di corsa, incurante di rovinarmi l'abito. Ricordai, mentre correvo nel buio, di quando ero andata da Albert per avere dei chiarimenti riguardo al suo rapporto con Lotte. I pensieri di quel momento mi colpirono con forza. Sembrava passata una vita intera. Arrivai senza fiato e con la testa che mi girava. Mi appoggiai alla porta e bussai con tutta la forza che avevo. Secondi che parvero ore, in cui fui quasi certa che il tempo fosse arretrato e che, una volta aperta la porta, ci sarebbe stato Albert dall'altra parte. Sobbalzai quando questa si spalancò. Per poco non caddi in avanti, tanto le mie gambe tremavano. Herman, consapevole che traballavo, mi afferrò per la vita, sostenendomi. Gli raccontai tutto, tra le lacrime. Lui mi ascoltò con attenzione, non perse neppure una parola. Essere ascoltate da Herman era un'esperienza unica. Aveva tutta la sua attenzione su di me... mi faceva sentire l'unica al mondo.

-Vado a cercarla- disse Herman quando finalmente ebbi finito.

-Sai dov'è?-

-Non si nasconde al castello... per cui c'è solo un altro posto dove potrebbe essere-

-Il cimitero- compresi, il cuore che mi batteva forte nel petto.

-Vado a cercarla, tu resta qua-

-No, non posso restare qua- mi aggrappai al suo braccio.

-Non puoi neppure venire... sarà pericoloso- il suo sguardo grigio brillò serio.

-Non importa- affermai.

Herman strinse le labbra, pensieroso, poi sorrise, un sorriso teso. –Stai dietro di me, va bene?-

-Sì, sì, ma ora andiamo-

Herman parve riflettere un istante, poi mi trasse a sé e mi baciò. Restai rigida, sorpresa tra le sue braccia. Era strano essere baciata da lui. Era come ricevere una scossa. Il tutto durò un solo istante. Mi lasciai andare, mi abbandonai a quell'abbraccio, a quel suo tocco. Fu attimo ed eternità. Probabilmente furono solo pochi secondi. Le sue dita esplorarono il mio viso, leggere come farfalle. Quando ci staccammo tremavo così tanto che fu solo la presenza di Herman, la sua stretta solida, a mantenermi in piedi.

-Qualsiasi cosa succeda... volevo che sapessi quali sono i miei sentimenti per te- il tono era meno gelido del solito, come se una fiammella sottile stesse riscaldando il ghiaccio dentro di lui e lo stesse sciogliendo.

Mi lasciò e si diresse verso il vecchio cimitero. Io restai un attimo immobile, sentendomi stordita da quel bacio che significava così tanto, troppo, qualcosa che non potevo reggere. L'osservai, così sicuro di sé, così elegante, così perfetto. Un cavaliere dall'armatura nera, scintillante, macchiata di dolore. Forse si potevano davvero amare più persone come mi diceva zia Dory. Oppure no, forse ero semplicemente fatta male io. Forse l'accusa che un tempo era stata mossa a Lotte era in realtà la stessa che ora dovevano muovere a me. Ero io la cocotte. No, non ci volevo pensare. Avanzai, il cuore in gola, la testa che mi girava, l'angoscia che oscurava tutto il piacere che mi aveva avvolta quando Herman mi aveva baciata. Mi resi conto, con orrore crescente, che stavo tremando. Le scarpette affondavano nell'erba, rimanevano incastrate nei buchi, mi facevano male. Avanzai. Herman si fermò, mi afferrò la mano, come un amante, e ricominciò a camminare tirandomi con sé. C'era tutto il mondo nelle nostre dita intrecciate. C'erano il mio dubbio, la mia ansia, la mia incertezza. I miei pensieri erano in disordine. Non mi resi conto di quando arrivammo al cimitero. Herman si fermò di colpo e io gli finii addosso. Barcollai, indietreggiai, alzai lo sguardo. Il cancello in ferro battuto era socchiuso. Avevo la nausea. Una girandola di emozioni mi scuoteva. La luna, con la sua luce argentata, accarezzava le vecchie lapidi. C'era una spessa nebbia, che avvolgeva tutto. Un angelo di pietra si lanciava contro il cielo scuro, le grandi ali spalancate. Il vento ululava. Avevo paura. Respirai l'aria della notte, fresca e graffiante. Mi sentivo mancare, ma dovevo farcela, dovevo resistere. Per Lotte. Il pensiero che lei fosse tra quelle lapidi, che combattesse come una tigre per la sua vita –perché ero certa che lei avrebbe combattuto in quel modo- mi stringeva la gola.

La principessa e la cocotte: in amore e in guerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora