E poi un giorno il vaso di Pandora si aprì. Fu poco dopo la morte di Roby. Uno o due mesi, non ricordo, il tempo era confuso in quel periodo. Fu per caso che trovai mio padre intento a osservare delle carte. Compresi che si trattava di richieste di denaro da parte dei creditori. Il mio cuore divenne pesante come una pietra.
-Cosa sta succedendo?- domandai piano.
Mio padre negò, poi ammise qualcosa, alla fine disse tutto e io fui travolta da un torrente in piena. Mi raccontò di come avesse dato fondo a tutti i risparmi con gli investimenti sbagliati, il cibo comprato al mercato nero, perfino il mio matrimonio. Le cose non andavano bene da anni, ora però erano peggiorate. Ora capivo perché mio padre negli ultimi tempi era ancora più chiuso, più schivo, più concentrato sui suoi passatempi. Lui, che aveva sempre amato i grandi condottieri, passava sempre più tempo a scrivere di loro. Voleva, capii quel giorno, scrivere una biografia su di loro. Giulio Cesare, Alessandro Magno, Napoleone. Quegli uomini che lui avrebbe voluto essere.
-Forse riuscirò a guadagnare qualcosa- mormorò.
Io uscii dal suo studio con gli occhi brucianti di disperazione e lacrime. Debiti. Sul castello pendevano dei debiti. Cercai di mantenere la calma. Se almeno avessi potuto appoggiarmi a Lotte. Se ci fosse stato Albert. Se io avessi capito qualcosa di più su quei soldi. Non me n'ero mai interessata però. Avevo sempre avuto una visione ingenua della ricchezza, come di qualcosa che andava a braccetto con il titolo nobiliare. Pensavo che fosse inconcepibile per un nobile non essere anche ricco.
I giorni trascorsero. Io non sapevo cosa fare. Mi sentivo inutile, quasi di peso. Non avevo portato altre tre bocche da sfamare oltre a me e Julien? Creature uscite dal mio grembo che avevano bisogno di mille cure. Un giorno Rose stette male. Le venne la febbre alta, la tosse, la nausea. Venne il medico che parlò di morbillo, scarlattina, altri nomi che non significavano nulla. Io non sapevo cosa fare. Mi sentivo una madre incompetente. Un pomeriggio scoppiai a piangere sotto lo sguardo preoccupato di Julien. Ero pessima, davvero pessima. Furono mia madre e Lolò a occuparsene.
-Hai bisogno di riposo- disse mia madre, il tono serio.
-Tu ti sei sempre occupata di me e Lotte- mormorai, in lacrime –perché io non sono così brava?-
-Oh, quante assurdità! Ho sempre avuto l'aiuto di Lolò- mi rassicurò –sei bravissima, io sono orgogliosa di te-
Quelle parole dette da una donna che raramente esprimeva il suo pensiero riguardo agli altri mi sorpresero.
-E poi mi piace prendermi cura dei miei nipotini, mi fa sentire giovane- mi tirò indietro una ciocca di capelli -vai a riposare-
Presi in braccio Jola e uscii dalla stanza con Julien accanto. Avevo bisogno di riposo.
Rose si riprese dopo qualche giorno. La febbre le scese e lei tornò quella di sempre. Chi mi preoccupava però era Adam. Se ne stava sempre più in disparte da quando era morto Roby. La perdita del suo amico, l'aver forse assistito a ciò che era successo, lo aveva segnato. Provai a parlargli, ma fu inutile. Adam era chiuso nel suo mondo. Tentai di usare Julien per risollevargli l'umore, ma già all'epoca sembrava che tra i due ci fosse una sorta di astio. Si evitavano e quando non potevano evitarsi s'ignoravano. L'unica persona da cui Adam si rifugiava era Lotte. Mia cugina lo accoglieva nella sua stanza con una dolcezza che non le era propria. Parlavano ore chiusi lì dentro. Suppongo che parlassero di Roby. La cosa mi turbava. Avrei voluto che mi rendessero partecipe del loro rapporto.
Fu poco dopo che scoprii che il vecchio amico di mio padre aveva chiesto nuovamente la mia mano. Fu Lotte a dirmelo. Lo aveva sentito chissà come visto che raramente si alzava dal letto ed era corsa a riferirmi tutto.
-Io sono già sposata!- protestai furiosa.
-Albert potrebbe essere dichiarato morto- mormorò Lotte, lasciando intendere che forse Albert era davvero morto. E in effetti non sapevo nulla di lui, della fine che poteva aver fatto. Albert... scomparso per sempre.
Solo pensarlo mi faceva mancare il respiro. Ignorai questo pensiero, ignorai tutto. Ero terrorizzata da qualsiasi cosa. Julien mi stette accanto molto in quel periodo. Aveva appena compiuto otto anni, ma era ben più capace e intelligente di molti adulti.
-Tornerà- mi rassicurava –vedrai che tornerà-
Mi sentivo in difetto. Non doveva essere un bambino a rassicurare un'adulta. Era facile però appoggiarsi a Julien. In tutta la mia vita l'ho sempre pensato. Julien era un po' come Herman da questo punto di vista.
Fu proprio in quel periodo che arrivò la lettera. Lolò me la portò una mattina particolarmente calda.
-Di chi è?- le chiesi, prendendola. Il cuore mi batteva forte. Sapevo che era qualcosa d'importante.
-E cosa ne so io? Fate sempre quello che volete- protestò.
Io non replicai, perché avevo riconosciuto la calligrafia elegante e perfetta che brillava sulla busta. L'avrei riconosciuta tra mille. Herman. L'aprii, senza indugiare, le dita che mi tremavano. La lessi, praticamente la divorai, poi l'assorbii nuovamente, indugiai su ogni tratto.
Riflettei su quelle parole cariche di mille significati, su quell'amore che avevo vissuto di nascosto, su quel giovane che mi aveva incantata. E nella mia mente sorse l'immagine di Albert. Albert che mi aspetta vicino all'altare, non resistendo alla tentazione di voltarsi verso di me e guardarmi. Albert che mi bacia passionale e amorevole. Albert che m'insegna a nuotare al mare, che mi sostiene quando sto per affogare. Ripensai a quell'alga che mi si era attorcigliata intorno alla caviglia, che per poco non mi aveva uccisa. Albert, io amavo Albert.
C'era ancora qualcosa in fondo alla busta. La capovolsi e tra le mani mi finì del denaro. Il cuore ebbe un balzo. Non era moltissimo, ma abbastanza da poter andare avanti qualche tempo, poi si sarebbe visto.
-Grazie, Herman- sussurrai. Perfino in quel momento si prendeva cura di me.
Confusa mi alzai e decisi di andare a sedermi in strada. Avrei atteso Albert. Non potevo fare altro. Perché forse io avevo atteso Albert dal giorno della mia stessa nascita. Non poteva essere diversamente. Per quanto avessi amato Herman... io amavo Albert. Dovevo convincermi di questo. E il resto scomparve così, in fumo e cenere.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Cosa ve ne pare di questo capitolo?
Ormai siamo alla fine della storia. Nel prossimo capitolo pubblicherò la lettera di Herman e successivamente sarà la volta dell'epilogo. Vi anticipo che sto scrivendo un altro romanzo storico che in qualche modo si ricollega a questo. Saprete tutto prossimamente :)
A presto!
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La principessa e la cocotte: in amore e in guerra
Historical Fiction(COMPLETA) Il seguito de "La Principessa e la cocotte" (è consigliato, ma non obbligatoria la lettura del primo volume) 1939. Viola sta per coronare finalmente il suo sogno d'amore con Albert. Le cose però non si riveleranno semplici. Venti di guerr...