22.

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Vedere Nakahara Chūya piangere era un'occasione più unica che rara, non capitava spesso di vederlo così fragile, così debole, così esposto davanti agli occhi ambrati dell'altro. Le sue mani longilinue stavano carezzando la schiena, scossa da tremiti e singhiozzi, del rosso sperando che in tal mondo si potesse tranquillizzare almeno un poco. Gli sussurrava parole dolci all'orecchio tenendolo ben stretto tra le proprie braccia. Non pensava che, per poterlo toccare così, si sarebbe dovuta verificare quella situazione. Restarono in quella posizione, sul pavimento del bagno, per un bel po' di tempo, senza curarsi di qualsiasi altra cosa stesse intorno a loro due. Man mano che il tempo scorreva i singhiozzi del più basso andavano diminuendo e ciò rallegrava il castano poiché non ne poteva più di udirlo piangere, lo faceva stare male. Trascorse un quarto d'ora filato, dopodiché, l'unico suono che giungeva alle orecchie di Dazai era quello dei loro respiri e il battito cardiaco accelerato dell'altro. Emise un sospiro di sollievo rasserenato da ciò. Gli diede un bacio in mezzo alla nuca facendolo sussultare appena per quel gesto. «Chūya-kun, sicuro che vada tutto bene?»

L'altro annuì, il capo che sprofondava nel corpo dell'altro. «Sì, ora sto bene...» Fu quest'ultimo a sciogliere per primo l'abbraccio allontanandosi di un poco da lui. Si asciugò le restanti lacrime che si erano impigliate nelle ciglia passandosi l'interno braccio sul viso arrossato. Chūya non avrebbe voluto mostrarsi in quel modo davanti agli occhi Dazai. Non voleva essere visto come un debole più di quanto non lo era già. Eppure, non era riuscito a trattenersi ed era scoppiato in lacrime tra le sue forti e calorose braccia, di nuovo. Sebbene, però, erano state proposte quelle stesse braccia a calmare l'animo tormentato del fulvo.

«Ce la fai ad alzarti?» si premunì di domandare Dazai mentre si sollevava da terra facendo forza sulle braccia. Gli porse una mano, vedendo come si fosse imbambolato a fissare il vuoto senza muovere un muscolo. L'altro non disse nulla, si limitò semplicemente ad accettare quella mano che gli stava tendendo il moro.

Una volta in piedi si avviò silenziosamente a passi lenti e trascinati fino al letto sul quale vi si fiondò sopra facendo cigolare le molle del materasso sotto di sé. Dazai lo seguì andandosi a sedere sulla medesima sedia sulla quale si era seduto già in precedenza per far compagnia a Chūya. «Senti, Chūya...» iniziò il bendato spezzando così quel silenzio che si era appena creato tra loro. «ne ho parlato prima con la dottoressa Yosano e mi ha detto che, se te la senti, può dimetterti anche oggi stesso. Che ne dici?» cercò lo sguardo del rosso nella speranza di cogliere qualche segnale dai suoi occhi color tempesta.

«Per me non ci sono problemi.»

Sulle labbra di Dazai si andò a formare sorriso spontaneo, luminoso, tutto dedicato alla figura minuta dell'uomo che amava da tempo immemore e che, dopo tutto quello che avevano dovuto passare, non voleva più lasciare tenendoselo stretto stretto a sé anche a costo di rischiare la vita per proteggerlo. Lo guardò dritto negli occhi, porgendogli una mano. «Torniamo a casa allora, Chibi.»

***

Sulla strada del ritorno si tennero per mano, ignorando sguardi disgustati delle altre persone che non avevano niente di meglio da fare. Prima di uscire dall'ufficio aveva avvertito Kunikida e gli altri che avrebbe accompagnato il mafioso a casa sua senza citare nulla in merito al fatto che sarebbe tornato indietro o meno. Sinceramente, il moro, preferiva trascorrere un po' di tempo con Chūya, siccome non ne aveva avuta la possibilità negli ultimi mesi e gli mancava stare con lui, da soli. Ogni cinque minuti buoni rischiava di andare a sbattere contro un palo soltanto perché si incantava a guardare il più basso. Era troppo bello per non poterlo guardare. Inoltre, quest'ultimo, gli rideva spudoratamente in faccia ogniqualvolta che capitava. A Dazai faceva sinceramente molto piacere vederlo già un po' più luminoso di come lo aveva visto l'altro giorno e quella mattina stessa. Avrebbe fatto di tutto pur di rendere felice quell'uomo e cancellare qualsivoglia sentimento negativo dal suo animo. Ciononostante, ogni tanto, Dazai notava che il rosso si agitava senza un motivo apparente guardandosi attorno con fare ansioso. In quei momenti il castano cercava di intrattenere l'altro in qualche conversazione, seppure banale, tutto pur di distrarre la mente di Chūya da qualsiasi cosa stesse pensando.

Siamo come i fiori di ciliegio- Soukoku Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora