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Epilogo
Le linee sulla via d'acqua a Venezia, davano il senso della fretta come una scala mobile presa nel senso inverso. Leonardo era sballottato dentro il vaporetto affollato di turisti e dopo aver ammirato il traffico di natanti sul Canal Grande e incorniciata negli occhi la bellezza di Venezia, mise i piedi sulla terraferma con un dondolio d'inerzia ancora nel corpo.
- Prego dottore venga, il capitano la sta aspettando.
L'agente di polizia lo stava accompagnando alla questura e nel frattempo pensava all'incontro che avrebbe avuto con la sua Elena, arrabbiatissima e giustamente inviperita con lui. Sperava nell'aiuto del suo amico, perché non sarebbe stato facile farle credere un falso, ciò che aveva visto nella realtà. Perché lui e Gaia al ristorante, in posa inequivocabile, erano pura realtà.
Le calli strette, sconnesse, e l'odore salmastro, lo portarono ad un vecchio portone usurato dal tempo. L'interno era accogliente con il suo mobilio sobrio e moderno e non dava il sentore di un luogo di giustizia.
Si sarebbe aspettato di vedere celle sotterranee arrugginite, odore di muffa, via vai di delinquenti. Niente di tutto ciò, ma una calma e un silenzio inaspettati, interrotti a tratti da un lieve battito di pc e stampanti che davano il senso di operosità di un ufficio funzionante.- Bene arrivato dottor De Vittis, mi segua, il capitano la sta aspettando - un secondo agente impettito lo accompagnò attraverso un lungo corridoio nella stanza dei colloqui ampia, luminosa, con una vista planare sul canale verdastro, appena ondulato in superficie, che tranquilizzava l'occhio.
- Non dire una parola! - lo zittì subito, appena il capitano alzò la testa - sei fortunato che sei in questura e non posso toccarti, ma ricordati la promessa, un pugno su quella faccia da cretino che ti ritrovi non te lo toglierà nessuno...
- Ssh, zitto, qui i muri hanno orecchie, che figura mi fai fare, qui sono un mastino per tutti. E smettila di fare la femminuccia offesa, faceva parte del piano. Ora siediti che ho un po' di cose da raccontarti - il poliziotto continuò indifferente con una punta di cinismo da "deformazione professionale".
- Fammi parlare con Elena, non sono venuto qui per vedere la tua bella faccia.
- Mi dispiace, non c'è.
- Come non c'è - gli si avvicinò infuriato con gli occhi fuori dalle orbite, mentre il capitano con la testa su alcuni fogli continuava con una calma serafica il suo discorso.
- Non potevo trattenerli in una cella Leo, li ho fatti accompagnare all'aeroporto e sono ritornati a casa.
- Sono, chi? - l'avvocato sbottò a denti stretti, infastidito e stanco.
- La tua lei e il suo lui. Li ho tenuti con una scusa fino a stamattina per darti il tempo di arrivare, ma l'inglese ha chiamato la sua ambasciata e ho dovuto lasciarlo andare, e insieme a lui, anche la tua lei. Mi avrebbero denunciato per abuso di potere, pensa che pivellini! - ridacchiò a mezza bocca.
- Io quello lo ammazzo, ci ha provato a Londra ed è venuto fino a qua per cosa, per portarmela via? E perché l'ha portata a Venezia, voleva rapirla? Cosa credeva di fare quel rozzo scozzese ingonnellato e senza mutande.
- Beh, per essere uno che usa il gonnellino è ben messo.
- Non fiatare tu! Se, e dico solo se, riuscirò a parlare con lei e farla ragionare, vedrò quanti pugni ti sconterò. Non è finita con te.
Uscì di tutta fretta senza salutare e senza rispondere al saluto degli agenti fuori dalla porta.
- Agente Rubin, accompagna quella testa di rapa del mio amico avvocato all'aeroporto. Se si rifiuta, seguilo e aiutalo nell'imbarco.
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Un amore a Tramonte (Amore Completa)
RomanceLa ragazza osservava la collina, quella casa là in alto, quei cespugli verdi che si inerpicavano a gradoni, come avessero gli artigli per aggrapparsi fino all'ultimo sforzo, ed era curiosa, molto curiosa di sapere chi ci abitasse lassù. A mano a man...