76- Il proprio posto

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19 agosto 1864 – City Point, Virginia

«Fa' un po' vedere» ordinò Sabrina risoluta mentre iniziava a slacciare la giubba del fratello maggiore.

«Ehi, giù le mani. Ti ho detto che sto bene» si ritrasse Jonathan.

«Voglio vedere! Robert mi ha detto che ci sei quasi rimasto secco!»

«Quasi... sono ancora vivo. Quindi, smettila!» si difese, stizzito.

«Be', mostrami quella ferita!» insistette rimettendo le mani sui bottoni e lui le prese prontamente i polsi per allontanarla.

«E dai, fagliela vedere! In fondo è ormai un'infermiera provetta...» lo canzonò Robert, divertito.

Jonathan sbuffò e lasciò andare la presa sulla sorella.

Poi prese a sbottonarsi la giubba.

«Faccio da solo!»

Sabrina ritirò le mani e rimase a mordicchiarsi il labbro in attesa.

Il giovane si tolse la giubba e sfilò la camicia dai pantaloni quanto bastava per mostrare una fasciatura sul petto venata di sangue. Sabrina si avvicinò incuriosita. Una pallottola l'aveva preso di striscio. Qualche centimetrò più in là e gli avrebbe squarciato il petto.

«È solo un graffio, una bruciatura...»

«Santa madre di Dio...» mormorò la ragazza.

«Modera il linguaggio!» la riprese il fratello.

«Ma quale linguaggio! Potevi morire!»

«Be', non è successo» rispose con stizza riabbassando la camicia a celare la fasciatura da quegli occhi curiosi.

«Ma potrebbe succedere! Qui è un combattimento continuo... e io ho paura!»

Jonathan le tappò prontamente la bocca.

«Non dirlo nemmeno per scherzo. Porta male. Io e Robert ce la caveremo, capito?»

Sabrina dilatò appena le pupille e si sbrigò ad annuire. Jonathan lasciò la presa e le voltò le spalle per rivestirsi.

«Forse faresti meglio a tornare all'ospedale» chiosò, serio.

«Ti accompagno» si offrì Robert con un sorriso.

Sabrina non accennò a rispondere e, offesa, uscì dalla tenda, avviandosi a grandi passi verso l'ospedale da campo in cui prestava servizio da quasi due mesi.

«Ehi, aspettami!» la chiamò il fratello, raggiungendola nel sentiero tra due file di tende allineate.

La sorella appariva imbronciata.

«Non capisco perché deve sempre essere così scontroso.»

«Be', tu gli vai a dire che poteva morire...»

Sabrina si fermò di scatto, fissando il fratello negli occhi.

«Perché, non è vero?»

«Certo che lo è! Ma non fa bene allo spirito sentirselo ripetere di continuo...» rispose, cauto. «Sai benissimo anche tu che qui si può morire nelle retrovie come in prima linea. È una guerra cattiva e spietata e tuo fratello ha deciso di affidarsi al fato. E anch'io. Inutile nascondersi: meglio fare quello che ci viene richiesto e cercare di mettere fine a questo conflitto eterno. Abbiamo bisogno di credere che non sia ancora giunta la nostra ora per gettarci nella mischia. Non va bene che tu ci ricordi che non siamo invincibili...»

Gli occhi di Sabrina si riempirono di lacrime a quelle parole. Capiva il loro punto di vista, ma lo stesso era così in pena tutto il giorno in quell'accampamento.

Polvere alla polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora