Non fui addormentata del tutto, fui più che altro stordita per l'intero tragitto.
Quando finirono per sballottolarmi da una parte all'altra, ci misi un po' a riprendere i sensi del tutto. Sbattei le palpebre abituandomi al nuovo ambiente a fatica. Avevo una luce accecante puntata addosso e mani e piedi legati.
Mi trovavo su un muro d'acciaio, una sorta di tavolo messo in verticale.
«Uriel? ...Uriel!»
«Mi dispiace, mia cara Kitsune ma il tuo cavaliere nero è andato via già da un po'.»
Sentivo la voce di Cragore, ma non riuscivo ancora a vederlo, sembrava concentrato su altro mentre mi parlava con tono annoiato e distratto.
«Cosa gli hai fatto? Dimmelo subito!»
«Io?» Chiese derisorio, scivolò con la sedia girevole spuntando da destra. Mi guardò mentre reggeva tra le mani una provetta chimica. «Assolutamente nulla, vedi, Uriel non è il principe che credi lui è diverso dai tuoi amichetti. Uriel è ombra, è incubo e lui ha cercato di dirtelo spesso mia cara.»
Sospirò, fintamente affranto. Si alzò dalla sedia e la signorina Packard sbucò fuori silenziosa per porgergli una sostanza che finì per aggiungere al liquido nella provetta.
Tentai di liberarmi di quelle manette e polsini, ma più ci provavo più mi sentivo debole.
«Inutile dimenarsi, sei cosparsa di un intruglio magico che indebolisce quelle come voi.» Rise appena, poi si avvicinò affilando lo sguardo. «Sei stata ingenua, la grande Zenko avrebbe di sicuro prestato più attenzione, sai?»
«Dimmi cosa vuoi.» Ringhiai, come un cane in gabbia.
«L'immortalità. La potenza di una kitsune in un corpo longevo.»
«Cosa? Hai fatto tutto questo per prendere una delle mie code? Hai messo in pericolo tutti per...»
Mi interruppe.
«Tanto per cominciare, è la tua carne che regala la giovinezza. Poi... vediamo, da dove comincio... vedi io sono un semplice ed inutile essere umano.» Scrollò le spalle, stavolta realmente amareggiato. «O meglio, lo sono diventato per via di un sortilegio malefico. Quella, quella maledetta...» Si fermò stringendo il pugno dalle nocche sbiancate, poi proseguì tentando di riprendere il controllo. «...Non voglio divagare, ma ad ogni modo devo riottenere i miei poteri al più presto. Riprendere la gloria dello stregone ch'ero. Le punizioni, lo spronarvi, mi serviva ad unire gli elementi migliori per spezzare la mia maledizione. Qualcosa è andato storto durante il tragitto, non avresti dovuto svegliare mio figlio... ma, come si dice? Non tutto il male vien per nuocere.» Rise, fermato subito dopo da una tosse canina e spaventosa. Ora che lo notavo, pareva molto più vecchio di come lo ricordavo. «...Mi sto ammalando, sto invecchiando da insignificante essere umano!»
Si alterò, alzandosi di scatto e scaraventando via un enorme vaso.
«Ora che mi hai mostrato la tua unicità, non vi sono dubbi. Tu sei l'essere raro che mi aiuterà a riprendere i miei poteri ed in più mia bella e sublime Kistune, ed in più mi porterai l'immortalità a cui ho sempre aspirato...» Si avvicinò a me, così tanto che ne sentii il respiro pizzicarmi le narici, provò a carezzarmi una guancia ma io scostai il viso impedendoglielo.
«Oh, che caratterino.» La sua voce si rese sempre più malefica ad ogni sillaba. «Non dovremmo perderci in altre chiacchere.»
Mi afferrò le guance stringendole e costringendomi in quel modo ad aprire la bocca per farmi ingerire il liquido della provetta.
Fu questione di attimi, brevi sprazzi di tempo in cui persi totalmente il controllo di me stessa.
Era come quando fui impossessata al campeggio, riuscivo a capire ciò che accadeva ma stavolta la differenza era che non riuscivo a riconoscere il giusto ed il sbagliato. I miei sentimenti erano come azzerati, sospesi in una bolla invisibile dentro di me – assopiti in un posto buio e lontano dove mai avrei potuto ripescarli.
Fui slegata dopo diversi minuti, il tempo che si accertassero la pozione avesse fatto effetto. Ero un fantoccio nelle mani del preside e la segretaria.
«Non abbiamo molto tempo, ma ti prometto che una volta acquistati i miei poteri, prenderò la fiamma che arde dentro di te e allora sì che sarà succulento e piacevole manovrarti a mio piacimento.» La voce sadica e maliziosa di Cragore, riempiva lo spazio angusto e spazioso. La Packard aveva un sorriso compiaciuto stampato in faccia, ma mai aveva proferito parola.
Lui mi sfiorò i capelli, quel gesto quasi mi riportò alla mente qualcosa che non seppi catalogare, per cui lo ignorai volentieri.
«Adesso tu dovrai portarmi Tyrian e Dorothée entro cinque ore, ma con discrezione... dopo la riapertura del Gemddu, abbiamo tutti gli occhi addosso.» Disse mettendomi un orologio al polso. «È molto importante che tu non superi questo tempo, hai capito?»
Annuii, senza fare domande – non mi interessava e non ne avevo bisogno.
«Portali qui con una scusa e stai ben attenta a non farti scoprire da nessun altro. Questo deve essere un segreto.»
Mi mandò via poco dopo.
Percorsi i corridoi della scuola sotto gli occhi vigili di tutti, da quando i giochi del Gemddu erano terminati quella era la prima volta che mi facevo vedere in pubblico.
Raggiunsi la mia camera, trovai Dorothée alla scrivania mentre curava una delle sue piantine colorate. Le sorrisi e lei non mi ricambiò subito, aggrottò la fronte in un'espressione strana ma poi sembrò ripensarci e distendere le labbra.
«Scusa per prima, non ti abbiamo chiesto cosa ne pensassi però... lo facciamo per il tuo bene. Credimi tu non hai idea di cosa la gente sia disposta a fare per qualcuno come te.» Mi prese per mano.
«Va tutto bene.» Risposi piatta. «Ma prima di andare via, voglio farti un regalo.»
La stretta sulle mie mani allentò, Dorothée mise ancora una volta su quell'espressione e fece un passo indietro.
«Sembri strana... è tutto apposto?»
«Va tutto bene, ma prima di andare via voglio farti un regalo.»
«Uhm... si ho capito, ma di che si tratta?»
«Incontriamoci dopo le lezioni, nell'aula di piromanzia, è importante che tu non faccia tardi.»
Lei annuì incerta, poi lasciai la camera col chiaro intento di andare a cercare Tyrian. E quella fu davvero un'impresa.
Alla fine lo trovai insieme ad un gruppetto di licantropi accigliati, sembrava nei guai ma la cosa non m'importò.
«Ehi Tyrian, ho bisogno di parlarti.» dissi solamente, lui mi guardò sbattendo le palpebre e restando immobile nella posizione in cui era. I licantropi al suo fianco sembrarono volermi spogliare con gli occhi, ma quando mi voltai verso di loro sviarono l'attenzione svignandosela.
Tyrian li guardò andare via con fare soddisfatto e rigirò tra le mani quello che pareva il canino di un lupo. Non mi importava dove e come lo avesse preso, quindi sorvolai anche su quello.
«Ho intenzione di farti un regalo, prima di andar via.»
«Un regalo?» Sorrise riprendendo le energie. «Di che si tratta? Dov'è?» Tentò di scovarlo dietro la mia schiena, ma gli dissi semplicemente dove recarsi e lo abbandonai con la sua curiosità.
Passarono tre ore esatte quando entrambi entrarono lì dentro trovandomi ad aspettarli.
«Ma che succede? È questo il regalo di cui parlavi?» Dorothée indicò col dito il ragazzo – se fossi in stata in me non ci avrei messo un solo istante a capire che voleva ammazzarmi.
«Per favore, ora ascoltatemi e legatevi queste sugli occhi.» Dissi loro porgendogli due bende nere.
«Eireen, ti prego. Dimmi che cosa sta succedendo.» Fece spazientita la wiccan.
«Dorothée andiamo, rilassati... è Eireen. Vediamo cosa vuole regalarci e non roviniamole la sorpresa.» Bastò solo uno sguardo di Tyrian a rassicurarla, o almeno un po' fu così e quando finalmente si bendarono li guidai nella cupa stanza che si trovava nella segreteria della Packard, a pochi passi da lì ed aspettando la campanella dell'inzio lezione per non avere nessuno studenti nei paraggi.
Quando finalmente fummo dentro, dopo diverse lamentele da parte di Dorothée per la lezione persa, trovai Cragore lì ad aspettarmi in un magistrale silenzio.
Lo affiancai, mentre i due ragazzi ignari si erano fermati al centro della stanza.
«Finalmente ci siamo...» La sua voce mise i due sull'attenti, si sbendarono in un gesto velocissimo e sbiancarono in meno di un nano secondo.
«Che significa tutto questo...» Tyrian mise su un'espressione seriosa, tentò di proteggere Dorothée col braccio, che scettica si scostò da lui.
«Non so cosa sta accadendo ma tu sei suo figlio Tyrian, non ci hai detto cosa è successo quando ti ha portato via e sono certa che il mio incantesimo abbia portato alla luce almeno metà dei tuoi ricordi, quindi dimmi cosa diavolo succede!»
Ci fu un silenzio criptico, Cragore allacciò le braccia al petto come a volersi godere lo spettacolo, mentre Tyrian a testa bassa stringeva i pugni in maniera sovrumana.
«...Mi sono alleato con voi in buona fede, sapevo che lui aveva in mente qualcosa di malvagio, ma ho ancora ricordi confusi... non ve ne ho parlato perché non volevo mettervi in pericolo.» Voltò il viso verso suo padre. Sprigionò una rabbia che addosso non gli avevamo mai visto. «...Tu hai bisogno di riacquistare i tuoi poteri... grazie a Zenko li hai persi per sempre.»
L'uomo al mio fianco cominciò ad innervosirsi, gli bastò schioccare le dita per far spuntare dal buio pesto dietro i ragazzi, due braccia pronti a trattenerli.
«Hai ragione figliolo, e per questo ho bisogno di un corpo consanguineo più giovane, di un mostro raro e di un magicante potente abbastanza da aiutarmi... in tutti questi mesi, non avete fatto altro che aiutarmi a capire chi fossero i prescelti.»
«Non ti aiuterò mai in questa pazzia!» Urlò Dorothée dimenandosi, fece uscire dal suo corpicino una forza che mai prima di allora aveva tirato fuori.
«Oh lo so bene, per questo la pozione della Packard ti aiuterà a collaborare.» Guardò il suo orologio storcendo le labbra in una smorfia. «Ci rimane poco tempo, bisogna sbrigarsi.»
Dorothée mi guardò.
In qualche angolo putrido dentro di me quegli occhi mi provocarono una scintilla che comunque non riuscì a prender fuoco.
"Torna in te" continuava a ripetermi tra ira e disperazione.
"Torna in te", urlò fino all'ultimo momento, si aggrappò con passione ad una causa che ormai aveva già il proprio finale scritto.
Mi chiesi, in quella mia totale assenza, perché quella wiccan perdeva tanto fiato per qualcuno che non c'era più e che probabilmente nemmeno voleva ritornare. Mi ripetevo, di fronte alle sue urla, che se era così importante non sarebbe bastata una pozione misera a convincermi di metterli in trappola.
Povera Dorothée, povero Tyrian.
Due piccole serpi nella tana dell'aquila.
La Packard tardava ad arrivare, e Cragore innervosendosi rischiò di perdere il controllo.
Decise di prendere in mano la situazione con o senza di lei, lasciandosi aiutare da me.
Ordinò ai guardiani che tenevano fermi i ragazzi, di prepararli al rito.
Furono immobilizzati mediante una polverina che Cragore gli spruzzò addosso, ma non smisero di richiamare la mia attenzione per "farmi tornare in me".
Legammo Tyrian ad un tavolo di metallo, sistemammo le candele attorno a Dorothée, formando un noto vettoriale nella quale adesso era rinchiusa.
Cragore mi prese di forza il braccio, ferendomi con una scheggia del vaso andando in frantumi e lasciando scorrere il mio sangue sui palmi della wiccan.
«Stai perdendo tempo, io non ti aiuterò!» Si ribellò per l'ennesima volta, ma io non li seguivo più, ero concentrata sulla ferita che non mi provocava alcun dolore. Ero tentata dal perforarla con le dita, immergervi all'interno i polpastrelli e scavarci dentro, sino a che non avrei ritrovato la "me stessa" alla quale appellavano quei due.
Eppure, quando la porta si spalancò, la luce esterna colorò l'ambiente di nuova luce – ciò che vidi, accese in me un'altra minuscola scintilla.
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L'ultima Kitsune - I misteri della Saint Barà
Fantasía🥈storie d'amore [ COMPLETA] Un'accademia misteriosa, situata in un'isola immaginaria ai confini di una foresta senza tempo. Una storia, troppe anime collegate da fili invisibili sporchi di sangue e paure. Un'ingenua ragazza che ben presto si ritr...