Capitolo 15 - Cose non dette

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Arrivai al Fragenco con un po' d'anticipo, giusto un paio d'ore prima dell'inizio della serata. L'aria era ancora tiepida, ma portava con sé il silenzio tipico della sera che si prepara a diventare notte. L'insegna del bar brillava fiocamente nel crepuscolo, e dalle ampie vetrate si intravedeva la calma prima del caos.

Volevo parlare con Francesco con tranquillità, prima che arrivassero anche gli altri colleghi.

Appena dentro, la sala era immersa in una penombra dorata. I tavoli erano già sistemati con cura, le luci basse accendevano riflessi sul pavimento lucido, e nell'aria si sentiva ancora il lieve profumo di caffè e agrumi.

Ma Francesco non c'era.

Decisi di provare nell'ufficio di Johnny, la piccola stanza in fondo al corridoio dietro il bancone. Spingendo piano la porta, lo trovai lì, seduto dietro la scrivania, la luce del monitor che gli accendeva il volto. Aveva le sopracciglia leggermente aggrottate, concentrato su qualcosa.

Tossii piano per farmi notare.

Lui si voltò e, vedendomi, il suo viso si aprì in un sorriso spontaneo che mi colpì dritto allo stomaco.

Ricambiai senza riuscire a trattenermi. Era incredibile quanto bastasse quel sorriso per farmi sentire... al sicuro.

«A quest'ora? Potevi anche riposarti prima di venire.» chiuse il portatile e mi fece segno di sedermi davanti a lui. «So che sei uscita tardi dall'università, sarai distrutta.»

Mi sedetti goffamente, togliendomi la giacca. «Te ne sei ricordato.»

«Ho una memoria selettiva, ma funziona bene con le cose importanti.» rispose, e il tono scherzoso mi strappò un mezzo sorriso.

Appoggiai le braccia sul tavolo, fingendo di dormire sopra. «Scusami, mi riposo qui.»

Sentii la sua mano passarmi tra i capelli con una delicatezza sorprendente.

«Oh, poverina...» mormorò, continuando ad accarezzarmi piano. «Ti meriti un premio per oggi.»

Sollevai appena la testa, restando nella stessa posizione. «Che tipo di premio?»

Si alzò appena, avvicinandosi al mio lato del tavolo e lasciandomi un bacio leggero sulle labbra. Ricambiai, e subito dopo lui approfondì il gesto con un'intensità che non avevamo ancora condiviso.

Ci ritrovammo a ridere tra un bacio e l'altro, come due adolescenti, stupidi e innamorati.

Quando finalmente ci staccammo, tornai seria. C'era una domanda che mi rodeva dentro.

«Penso che dovremmo parlarne, tu che dici?»

Annuisce. «Hai ragione. È successo tutto così in fretta... e immagino tu abbia sentito la conversazione con Vivian.»

«Sì. Ho sentito che l'hai lasciata.» dissi, abbassando lo sguardo.

«E non sei d'accordo?» mi chiese, leggendo la mia esitazione.

«No, cioè sì, sono d'accordo. Ma...» esitai. «Ieri sera mi hai baciata mentre stavi ancora con lei. È comunque un tradimento. E poi... ho paura che per te questo sia solo un momento passeggero. Tu con lei ci sei stato tanto...»

Lui sospirò. «Hai ragione. L'ho incontrata oggi per un caffè. Le ho detto tutto: che non provo più nulla, e che ti ho baciata. Dovevo essere onesto.»

Alzai lo sguardo di scatto. «Cosa?! E lei come ha reagito?»

«Mi ha dato uno schiaffo, poi mi ha rovesciato il caffè addosso e se n'è andata.»

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