Choque.

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-Di chi è questo pallone?!? - esclamò alterato il suo amico al suo fianco.

-È nostro, scusa. - disse il corvino seguito da un ragazzo castano.

-Scusa? È con il mio amico che dovresti scusarti! La tua pallonata gli ha quasi rotto il naso!

-Sto bene, Sergio. - disse il biondo, sollevandosi da terra e levandosi le mani dal viso.

E mentre Sergio continuava a prendersela con l'altro ragazzo, il maggiore incatenò i suoi occhi in quelli color mare del più piccolo. Cosa c'era in quegli occhi che gli sembrava così famigliare?

In quegli occhi azzurri e in quei riccioli biondi... Gli ricordava qualcosa ma non sapeva cosa. E a giudicare da come il contrario si fermò a guardarlo, aveva percepito la stessa identica cosa.

-S-scusami... - balbettò il maggiore con le guance rosse, avvicinandosi di qualche passo al ragazzo più basso.

-N-non ti preoccupare... - balbettò altrettanto rosso il più piccolo.

-Io sono Christian. - disse porgendogli una mano.

-Christian? - ripeté assorto il biondo. Poteva essere che fosse lo stesso Christian delle sue foto? Nah, era impossibile. -Io sono Mattia, il piacere è mio.

-Posso offrirti qualcosa per farmi perdonare? - si ritrovò a chiedere, domandandosi internamente se ci stava provando o se era solo gentile.

-Io... - il più piccolo non sapeva che rispondere. Da una parte era una perfetta occasione per conoscere il ragazzo moro davanti a sé, dall'altra non voleva approfittare della sua gentilezza. Perché era sempre così maledettamente insicuro?

-Non è di nessun disturbo per me, anzi... - disse il più grande, vedendo come l'altro spalancava gli occhi per la sorpresa.

-Sembra che tu mi abbia letto la mente... - si ritrovò a ridere timidamente. E il bergamasco pensó che quella era la risata più bella mai sentita nella sua vita. Era un suono piccolo e carino proprio come lo sembrava quell'angelo che aveva difronte. -Comunque sì, accetto volentieri il tuo invito.

-Andiamo allora? - disse, aspettando che l'altro afferrasse la sua mano per alzarsi dall'asciugamano.





I due ragazzi lasciarono lì i loro amici a discutere della pallonata, mentre si avviavano al bar della spiaggia per prendersi due estathe e magari parlare un po' per conoscersi meglio. Risultava che il corvino era in vacanza lì e veniva dal nord, mentre il più piccolo lì ci abitava 365 giorni all'anno. Scoprirono che uno era appassionato di calcio e l'altro di tennis, che uno amava il cioccolato e l'altro i biscotti, che uno aveva due fratelli e l'altro una sorella...

Era tutto così strano.
Si erano messi a conversare solo per conoscersi ed erano finiti a parlare di argomenti più grandi di loro, di cose personali, di aneddoti di quando erano piccoli, di tutte quelle cose di cui non parleresti mai con un estraneo o con un tizio appena conosciuto a meno che tu non sia ubriaco. Eppure, eccoli lì.



-Sai, ti sembrerà incredibile e forse un po' pazzo, ma c'è qualcosa in te che mi sembra terribilmente famigliare. - disse il moro, finendo l'ultimo goccio di tè.

-Scherzi?! - esclamò il più piccolo. -Anche per me è così!

-Wow. - sussurrò piano.

-Vieni a casa mia. - chiese, o per meglio dire propose quasi come un ordine, il biondo.

-Come? - arrossì il maggiore.

-Non in quel senso, scemo. - arrossì altrettanto il più basso, dando un colpetto sulla spalla del contrario.

Mandorle. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora