Capitolo 5

237 10 0
                                    

ELIZABETH

Finalmente la settimana è finita, oggi è sabato. Approfittando del sole di questa mattina, dopo una bella colazione ricca di Waffle, prendo la bici per farmi un bel giro con l'aria fresca che mi fa svolazzare i capelli nel vento creato dalla velocità a cui sto pedalando. Solitamente arrivo fino al centro ma stavolta voglio prolungarmi.

<<Sta attenta ragazzina!>> sento urlare accompagnato da un clacson prima di cadere a terra dove finisco per strusciarmi con la faccia

<<cazzo>>impreco portandomi subito una mano nella parte destra del viso che sento bruciare

<<Elizabeth>> una voce familiare preoccupata mi raggiunge e la sua figura si piega alla mia altezza <<che è successo? Che ci fai qui?>>

<<Eddie>> mi tiro su aiutandomi con le sue braccia <<io stavo passeggiando in bici e ho deciso di prolungarmi un pò, passando qui volevo venire a salutarti ma un pazzo che sgommava mi stava quasi per venire addosso e sono caduta>>

<<devi stare attenta qua Elizabeth. Andiamo>> prende la mia bici e con una mano la porta fin davanti la sua roulotte <<entra c'è mio zio>> mi avverte e timidamente stringendomi nel mio cardigan di seta, entro

<<salve signor Munson>>

<<cara che ti è successo?>> domanda avvicinandosi a me mentre ripeto ciò che ho detto al nipote <<Eddie aiutala a disinfettarsi>> gli sorrido e lo ringrazio per la gentilezza. Ha una faccia da buono e sicuramente da quello che mi è stato detto su di lui lo è.

Una volta seduta sul letto di camera sua lo aspetto ritornare dal bagno, nel frattempo mi prendo la briga di osservare ciò che non ho notato l'ultima volta <<eccomi qui>> entra con un piccolo kit e prendendo la sedia della scrivania in cui sopra è buttata una sua maglia, si posiziona davanti a me <<se brucia dimmelo>> annuisco e quando poggia delicatamente, molto delicatamente, il pezzo di garza imbevuto di acqua ossigenata sul mio zigomo, stringo gli occhi <<ehi ti ho detto che dovevi dirmelo>> ridacchia facendomi fare lo stesso <<giusto un altro pò>> dice lentamente <<ok ora il cerotto>> ritorno ad aprire gli occhi e lo trovo a poca distanza da me che si morde la lingua tra i denti concentrato a mettere il cerotto per bene <<fatto>> fa sorridendo e  non so per quale assurdo motivo non riesco a staccare gli occhi dai suoi. Nascondono qualcosa, un'innocenza, una vulnerabilità. Non sono gli occhi che appartengono ad uno svitato, ad un mostro, ad uno spacciatore. Sono gli occhi di un cerbiatto. Sussulto quando la sua mano prende ad accarezzare la guancia appena disinfettata. Il suo tocco è delicato e gli anelli al contatto con la mia pelle mi fanno rabbrividire.

<<Allora hai fatto?>> la voce di suo zio ci riporta alla realtà ed entrambi ci allontaniamo

<<si signor Munson, grazie mille>> deglutisco sorridendo

<<chiamami anche Wayne>> arrossisco portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio <<vuoi restare per pranzo?>> non sapendo cosa rispondere guardo Eddie agitata, quando fa il labbruccio non posso resistere <<va bene allora andrò a fare la spesa, ci vediamo tra poco ragazzi>>

<<è un ottimo cuoco mio zio>> mi informa il ricciolino alzandosi dalla sedia

<<allora non vedo l'ora>> mi alzo anche io <<sai, sono davvero curiosa di sentire il suono di questa chitarra>>nei suoi occhi compare una scintilla e subito la prende

<<vediamo>> riflette e poi comincia a suonare una melodia che non conosco <<l'ho scritta io>> dice continuando a suonare

<<davvero? Sei così bravo!>> torno a sedermi sul letto ascoltandolo

Dai miei occhi -Steve HarringtonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora