Tabacco Ovunque

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Respirai e inspirai velocemente quell'aria che sembrava mancare. Mancava nei miei polmoni, come in quelli di Dario. Il suo respiro era veloce e frenetico, mentre le sue lacrime scendevano copiose sul suo viso nel totale silenzio. Di solito, il silenzio era sempre stato benefico. Mi trovavo spesso tra le sue braccia nei momenti bui della mia vita trovando giovamento nel mescolarlo al trambusto dei miei pensieri. Aveva rimarginato alcune ferite, seppur parzialmente, e ridato nuova linfa al mio essere. Tuttavia, quel silenzio che venne dopo fu assordante. Più assordante di un palazzo di cento piani che viene giù come un castello di sabbia. Più assordante di mille bombe. Rimasi ferma immobile, mentre il mio cuore in frantumi, cercava di consolare il suo. Mi stringeva tra le sue braccia cercando quel conforto che sembrò scivolargli dalle mani. Eppure, era da sempre rimasto lì, io ero rimasta lì. Quel finale di serata non lo avrei immaginato neanche tra mille vite. Quelle parole pronunciate dalla madre di Dario, così, a bruciapelo, avevano destato in me molteplici sensazioni. Se dapprima volevo che lei sparisse dalla mia vista, piano piano iniziai a capire, anche se con molta difficoltà, il suo punto di vista. Non era stato facile per nessuno. Soprattutto per Dario, che aveva vissuto quell'odio e quella indifferenza sulla sua pelle. Sicuramente per sua madre, quelle rivelazioni nascoste per trentaquattro anni, avevano fatto il loro corso. E per tutto quel tempo, non aveva fatto altro che aumentare il suo volume a dismisura. Riuscivo anche a immaginare, questa madre che lottava con se stessa, e contro quel figlio venuto da un mondo sconosciuto. Ovviamente, i miei pensieri non erano rivolti solo a lei. Erano rivolti a quel bambino che era cresciuto senza genitori pur possedendoli. Era cresciuto, con la consapevolezza di non essere stato voluto e di essere un intralcio per la loro vita. Era cresciuto, con l'idea che non avrebbe mai amato in vita sua, avendo come esempio quel tipo di rapporto distorto. Continuai a stringere tra le mie mani il suo viso, fino a quando non decise di alzarsi e guardarsi intorno. Sembrava spaesato e non cosciente.

« Dario... », la mia voce, non volendo, rimbombò nel silenzio della stanza ma non nelle sue orecchie. Rimase immobile mentre continuava la contemplazione della stanza. « Amore... », riprovai con un tono più basso del precedente, sperando di non turbarlo o spaventarlo.

Lui si voltò verso di me, come se si fosse accorto della mia presenza in quel preciso momento. « Ho bisogno di una sigaretta... », disse schiarendosi la voce che sembrava ancora impastata con le lacrime.

« Ok... », risposi cercando di calibrare le parole. Non volevo che capisse che ero sull'orlo del baratro come lui.

Lui si alzò dalla panca dandosi un piccolo slancio, sintomo che non aveva neanche la forza per quel semplice movimento. Fece dei piccoli passi davanti a me, estraendo dal taschino del cappotto, il pacco di sigarette con annesso accendino. Poggiò la sigaretta tra le labbra con lo sguardo perso nei meandri della stanza, per poi avvicinarsi al mobiletto dei liquori. Trattenni il respiro e le parole che volevano uscire fuori. Non volevo che si sbronzasse. Non volevo che si riducesse uno straccio per lei.

« Non voglio ubriacarmi... », disse senza guardarmi, prelevando la bottiglia di vodka dal mobiletto. « Voglio solo spegnere un po' il cervello... », continuò dirigendosi verso il terrazzo aprendone le imposte.

Il vento che ne seguì, fece svolazzare la tenda bianca, e lui scomparve dietro di essa.

Mi sentii inutile. Mi sentii inutile e stupida. Volevo fare mille cose per lui, ma nessuna sembrava essere quello che lui volesse in quel momento. Feci scivolare tra i capelli le mie mani cercando anche io un po' di conforto per poi soffermarmi sul pacchetto di sushi che era rimasto a terra dopo la sua caduta. Era rimasto intatto e con i manici dritti come alberi. Pensai che quel sushi non sarebbe stato la nostra cena, e che sarebbe rimasto lì dov'era. Quel sacchetto, inspiegabilmente, mi riportava a lei e quel tonfo sordo che aveva fatto nell'esatto istante in cui aveva toccato terra. Decisi di impiegare quel tempo senza fame, a disfare le valigie e fare le lavatrici, nascondendomi nei dolci ricordi che ne venivano fuori. Ai nostri sorrisi e alla voglia di appartenerci. Un magone improvviso si impadronì della mia gola, facendomi singhiozzare silenziosamente tra i panni da lavare. Dario, non meritava di essere trattato come quel inghippo che ti ha rovinato la giornata. All'improvviso, sentii l'acqua scrosciare all'interno della doccia. Dario, si era spostato in bagno. Tirai un sospiro di sollievo nell'apprendere che non stava più bevendo e ne fumando. Mi affrettai a raggiungere il terrazzo, sperando di non trovare la lotta interiore di Dario, trasformata in cumuli di sigarette. Invece, tabacco. Tabacco ovunque. Aveva disintegrato tutte le sigarette, spargendo il suo contenuto dappertutto. La bottiglia di vodka, finita per metà, faceva presagire che avesse bevuto tanto, ma non più del solito quando era nervoso. Sospirai forte pulendo il tavolo e il pavimento trascinandomi da una parte all'altra del terrazzo. Rientrai in casa guardandomi intorno. Mi sentii un anima in pena. Vagare per tutta la casa in cerca di qualcosa da fare, non era nel mio dna. L'unica cosa che volevo fare, era prenderlo tra le mie braccia e rassicurarlo. Entrai in camera da letto trovandolo già sotto le lenzuola. Non mi aveva avvisata, non mi aveva chiesto se volessi fargli compagnia, non aveva chiesto nulla. Ed era proprio quello il problema principale: lui non era abituato a chiedere quell'amore o quell'attenzione. E forse io, avevo sbagliato tutto lasciandolo da solo. Feci una doccia veloce avvicinandomi lentamente al letto dove Dario, sembrava dormire. Entrai anch'io sotto lenzuola, cercando di fare attenzione a non muovere troppo il materasso. Il suo viso sembrava tranquillo e senza traccia di lacrime. Mi addossai delicatamente al suo orecchio sinistro, lasciandogli un bacio tra i capelli. Il profumo di bergamotto mi investì desiderando di stringerlo tra le mie braccia. Ma non lo feci. Mi tirai indietro sperando di riuscire ad addormentarmi, quando mi sentii afferrare per il braccio. Mi voltai verso di lui, incontrando i suoi meravigliosi occhi azzurri ancora arrossati dalle lacrime.

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