La fine e l'inizio di tutto

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Tra meno di due mesi avrei terminato le superiori. Tra meno di due mesi sarei andata dai miei nonni. Tra meno di due mesi avrei fatto domanda all'Università. Se solo non fosse per...

Eccomi qui, sola e con la testa assolta dai mille pensieri, come sempre. Sembra appartenga ad un quadro di Picasso durante il così detto "periodo blu" .Tutto è freddo: l'aria, i colori, il mio cuore... Tutto è malinconico... ma cosa mi manca? Eppure mi pareva di aver ottenuto tutto quello a cui ambissi. A quanto pare non mi è bastato, in fin dei conti chi troppo vuole nulla stringe no? Per ottenere la felicità bisogna saper aspettare e soprattutto sacrificarsi, ma poi, una volta ottenuta, scivola via, veloce, come un palloncino per un bambino: tanti capricci per ottenerlo per poi, in breve tempo, guardarlo volare via lontano .

Sembro così stupida e ridicola seduta qui. Sto aspettando il treno, finalmente torno a casa, volevo solo divertirmi ma contrariamente sembra di aver partecipato ad un Escape Room dell'orrore. Se qualcuno dovesse vedermi conciata in questo modo chiamerebbe di sicuro i servizi sociali, e farebbe bene! Sono pazza, sono letteralmente fuori di testa, matta da legare... ma in fin dei conti, tutti i migliori lo sono no?

Ecco, il mio grande amico di avventura avrebbe risposto di sì, colui che non mi avrebbe mai abbandonata, mai contraddetta, mai rinnegata... Noah perché non ci sei quando ho bisogno di te!!

Le mie Buffalo bianche sono completamente rovinate, le adoravo tantissimo eppure ciò che ne rimane è sufficiente per definirle sudicie e smesse. Non mi ricordavo che facesse così freddo la sera qui. O forse il problema è il mio abbigliamento, piuttosto estivo per quel clima nordico: calzettoni blu fino al ginocchio, gonna scozzese a righe blu e nere, una camicetta a maniche corte bianca e solo uno scrunchie di velluto blu per i capelli, che però lascio liberi di fluttuare a ritmo con il vento con la speranza che possano trattenere un po' di calore sulle spalle. La giacca con lo stemma del college l'avevo dimenticata da qualche parte, probabilmente andavo di fretta oppure ero troppo preoccupata in quel momento per badare a prenderla. Ho le dita congelate e ormai le mie mani hanno preso un colorito quasi sul violaceo. Aspettando il treno ho iniziato a giocherellare con le cosce: ripercorro con la punta delle dite gelate ogni singolo graffio, cicatrice e bruciatura che mi ero provocata in quell' arco di tempo infinitesimo.

Dopo quella che è sembrata un'eternità, finalmente il treno è arrivato. Prendo posto in una seduta da quattro e alfine chiudo gli occhi per far riposare quel che restava della mia mente, e solo attraverso questo ho capito di non appartenere ad un sogno. Era impossibile sognare di stare sognando: una volta avevo letto che se ciò fosse accaduto avrebbe provocato morte: morta non mi pare di essere, dato che provo freddo e dolore; viva non posso assicurarlo quindi... forse sono in uno stato di trance?

" I don't know why this shit got me lazy right now"... Mentre faccio mente locale, questa frase risuona nella mia testa, sembra una canzone, ho la sensazione appartenga ad una melodia che conosco... probabilmente la cantavo spesso, ma sfortunatamente non ricordo il seguito.

Nonostante abbia le palpebre così stanche che celano i miei occhi, un lampo di luce mi abbaglia e poi... tutto nero.

C'è un campo di grano dorato, margherite e violette ai margini di una stradicciola di ciottoli splendenti alla luce del sole, il cielo è azzurro, ma di un azzurro purissimo... ogni tanto si intravede una nuvola soffice e bianca, gli uccelli volteggiano leggiadri cantando melodie inaudite finora. Tutto è tranquillo, c'è una calma e una serenità che mi rimanda al paradiso. Finalmente mi sento a casa, so di essere sicura e protetta qui. L'atmosfera è accogliente, un venticello caldo mi sposta leggermente i capelli dal volto, ed anch'essi come i ciottoli risplendono al bagliore. Non sono di un colore particolare, non sono né biondi né rossi come ogni ragazza disidera di avere: sono castani, ma al sole brillano, facendo ciò alcune ciocche emergono dalla chioma e si distinguono da questa per la presenza di riflessi che li rendono quasi dorati. Cammino lentamente in mezzo alla distesa di grano, sfioro con i polpastrelli le cime dei cereali che mi punzecchiano le dita, mi piace quella sensazione.

 Mentre cammino risuonano delle voci, sono da sola in mezzo a quella distesa eppure sento che c'è qualcun altro. Tutta quest'armonia che provo sento sta scivolando via, la bolla di vetro alla quale appartenevo fino ad ora si è distrutta, è in mille pezzi così come me. Al pensiero di non essere l'unica, con la probabilità ci sia un qualche pericolo. Alla rottura della serenità è seguita l'ansia. Mi fermo, solo in questo momento mi rendo conto che tutta la mia sicurezza è sparita, ed insieme a questa anche le scarpe, di fatto sono scalza. Non ricordo di aver portato le scarpe in questo paradiso, non ci avevo fatto caso, però ora posso affermare di essere a piedi nudi. Mi giro intorno, ma non c'è nessuno... poi ad un tratto: "MIKIIIII". Sento gridare il mio nome, quindi lo conosco questo qualcuno. Non riconosco la voce, sembra familiare ma nonostante ciò non riesco ad attribuirla a nessuno volto. Poi di nuovo: "Miki che fai? Ti prego rispondi... "; così ho fatto come diceva, dunque gli rispondo: "Sono qui, tu dove sei?". "Apri gli occhi", mi sussurra all'orecchio. Allora mi sono accorta di aver sognato tutto, il paradiso, il grano, il Sole... Sono mezza addormentata, ancora nel mio subconscio quando aprendo gli occhi mi ritrovo un ragazzo seduto difronte a me. Metto a fuoco quella figura opaca, cercando di distinguerne i tratti. Finalmente mi sono svegliata del tutto, sono sul treno, fa ancora freddo e c'è un ragazzo con me che sa il mio nome. Non l'ho ancora guardato in faccia, il mio sguardo zampilla da una parte all'altra dello scompartimento cercando di evitarlo. Guardo fuori il finestrino, è notte, tutto buio e si distinguono soltanto dei campi con qualche casolare sparso qui e là. Dopodiché mi giro intorno e mi rendo conto che siamo da soli, il vagone è vuoto. Finalmente mi decido a guardarlo. NOAH. Non posso crederci, è lui. Mi ha trovata, ci è riuscito, dopo tutto trova sempre il modo di farlo, lo sapevo che non mi avrebbe abbandonata, non l'ha mai fatto.

"Noah, non ci posso credere...", mi sento tutta scombussolata, può essere anche questo un sogno? Che brutto scherzo è questo, Destino?

"Come mi hai trovata, perché non dici nulla... ", si limita ad osservarmi: è seduto stravaccato a gambe aperte, con il braccio sinistro appoggiato sul finestrino, l'altro braccio a riposo sulla coscia. Sento il suo sguardo penetrante, inquisitorio. Mi scruta dalla testa ai piedi, i suoi occhi fissi su di me, poi segue un momento intenso: ci guardiamo negli occhi per ben dieci minuti senza dire nulla. È così che lui esprime la sua gioia nell'avermi ritrovata? Ora mi sento a disagio, sembra che qualcosa non vada per il verso giusto. Perché non mi parla? Sembra di non conoscerlo più, non è quello di prima... Si morde il labbro e simultaneamente si aggiusta il suo maestoso ciuffo che fino a pochi mesi fa faceva cadere ai suoi piedi centinaia di ragazzine indegne del suo essere divino. Mi stringo sempre di più nella mia seduta, accavallo le gambe e per il nervoso inizio a giocherellare con le balze della gonna. Si schiarisce la voce, sembra in imbarazzo. Non è mai stato il tipico ragazzo premuroso, non gli riesce questa parte, eppure adesso sembra lottare con se stesso per apparirlo.

"Come stai? Dov'eri finita? Ero preoccupatissimo, pensavo fossi morta... ", al ché mi scappa un sorriso: lui? Preoccupato? Per me poi? Avrà sbattuto la testa? Come immaginavo, la mia reazione lo ha infastidito, non vuole apparire come quello sdolcinato e debole dunque mi esorta: "Cosa c'è da ridere scema?!", si passa una mano tra i capelli con foga corrugando la fronte; "Nulla, non ti facevo così dolce, tutto qui... Comunque sto benissimo grazie.", gli rispondo fredda. Mi pare si stiano invertendo i ruoli, ora è lui quello sentimentale? Mi chino in avanti, i gomiti sulle ginocchia e gli bisbiglio: "Dove sei stato? Mi sei mancato pidocchio... ", concludendo con un piccolo occhiolino. Alza lo sguardo, mi fissa di nuovo, si morde il labbro: cosa c'è che non riesce a dirmi?!? Perché non parla invece di tacere e mordersi le labbra??

"Cosa mi nascondi? Ci siamo giurati di dirci sempre la verità..."

"Non è successo nulla calmati, sei solo una testa di cazzo e mi hai fatto spaventare a morte. Dove pensavi di andare senza di me, eh? Lo sai che ti seguirei in capo la mondo. "

"Già, lo so. Voglio solo staccare la spina. Basta. Quella vita non fa per me. Non posso continuare così. Voglio tornare a casa... ". Scivolo lentamente sul sedile e mi abbandono alla stanchezza

"Siamo già a casa. Siamo insieme, no? È l'unica cosa che conta giusto? Tu sei la mia casa, ed io la tua. ". Dicendo questo si alza e si siede di fianco a me, mi bacia la fronte, accarezzandomi la frangia e scostandola di lato. Siamo rimasti seduti abbracciati così per un po', sentivo di nuovo il suo profumo: questo significa essere a casa.

Life's a bitchDove le storie prendono vita. Scoprilo ora