I will stay with you

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Il rumore delle chiavi che sbattevano sul tavolo rimbombò per tutta la casa. Steve era esausto, un'altra lunga settimana era finalmente conclusa e sentiva che tutta la sua energia vitale fosse stata risucchiata dagli stupidi clienti, dall'arrogante capo e da tutti quei bambini che doveva costantemente monitorare, come la protettiva mamma che era diventato. Finalmente un po' di pace, un po' di silenzio.

Si sfilò la giacca e si avviò verso la cucina, effettivamente c'era troppo silenzio, erano solo le sette e mezza di un venerdì autunnale e lui non viveva da solo.

"Mamma? Papà?"

La cucina era immacolata, tutta pulita, di solito al ritorno dal lavoro trovava i genitori a mangiare o, se faceva troppo ritardo, la cena per lui già servita, invece quel giorno non c'era nulla.

Steve storse il naso, non tanto perché era troppo pigro per cucinarsi la cena, ma perché era confuso. Non era arrivato così tardi che i genitori avessero finito, e in ogni caso la casa era troppo silenziosa perché ci fosse un po' di vita oltre a lui. Dove erano andati? Girò un po' la casa e il giardino, e si vide costretto ad ammettere che non erano in casa, la macchina di suo padre non era né nel vialetto né nel garage. Iniziò a preoccuparsi un po', Hawkins non era più una città sicura per lui e non gli avevano detto nulla quella mattina né avevano lasciato un biglietto.

Cercò di schiarirsi le idee prima di essere inondato dal panico e iniziò ad accantonare le paure più insensate dalla mente, non doveva essere per forza qualcosa di terribile. Prima di chiamare la polizia e allarmare le autorità decise di eliminare alcune possibilità  chiamando un amica della madre, magari erano passati a fare un saluto o che ne so.

"Pronto?"

"Hey ciao Karen, sono Steve Harrington"

"Stevie caro, certo che so chi sei! Ah, quanto tempo. Come va? Come è il lavoro? Sarai sicuro un ottimo lavoratore!"

"Ah ah ah si al lavoro va tutto bene, senti posso farti una domanda?"

"Certo dimmi, come sei preoccupato!"

"Per caso sai dove sono i miei genitori? Sono lì da te?"

"Oh ma che dici Stevie, sono partiti per un altro viaggio di lavoro! Come fai a non saperlo? Staranno via sei settimane in Montana! Va tutto bene a casa?"

"OH, ma certo che va tutto bene! Cavolo sono davvero un idiota, certo che me lo avevano detto, però sai sono davvero stanco dal lavoro e me lo ero proprio scordato! Mi dispiace davvero molto per averti disturbato per questa sciocchezza."

"Tranquillo, non disturbi mai! Sei stato davvero dolce a preoccuparti così per i tuoi genitori, vorrei che i miei figli si preoccupassero così per me!"

"ahahah già, ora scusi ma devo proprio andare, la ringrazio."

"Perché uno di quest-"

Steve attaccò il telefono prima di lasciar concludere la donna. Si lasciò cadere a terra e si afferrò il viso. Non gli avevano detto nulla, assolutamente nulla. Erano a Hawkins da solo due settimane e già ripartivano per un altro stato, e tutto ciò senza nemmeno salutare il loro unico figlio. Un singhiozzo gli salì in gola e delle calde lacrime bagnarono le maniche della maglietta. Il silenzio lo circondò e iniziò a soffocarlo, a schiacciarlo. Sono andati, andati via, per sei settimane, un mese e mezzo, e non ti hanno nemmeno salutato. Nulla.

Steve sentì il bisogno di alzarsi, se fosse rimasto un altro secondo seduto l'amarezza lo avrebbe risucchiato. Iniziò a girovagare per quell'enorme abitazione, non si sentiva nemmeno di chiamarla casa, inciampando sui suoi stessi piedi, con gli occhi velati dalle lacrime. Si guardò in torno e si accorse di quanto fosse solo. In quella dimora non c'era nulla, nulla che la rendesse calda e amorevole. Non c'erano foto in giro, non c'erano ricordi, passò d'avanti alla camera matrimoniale e si accorse che non c'era rimasto nulla, nessun abito nell'armadio, oggetto a giro o qualsiasi altra cosa che dimostrasse che quella camera fosse stata usata.

The Freak and the KingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora