👹A n*gh*m*re👹

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Sentiva il malessere che veniva forgiato sulle sue tempie.

Un martello chiodato che gli impediva di ragionare lucidamente e la mente si richiudeva in una morsa che odorava di cloroformio, ne poteva sentire ancora l'appiccicaticcio sotto il naso.

-Giratelo su un lato...piano...piano che nella caduta ha sbattuto la schiena...i lividi non piaceranno al signore...la pelle non deve essere macera- delle mani intrecciate con il velluto lo adagiavano cautamente in tutte le posizioni dettate da un'unica voce.

Tae non aveva più il coraggio che si era promesso di portare con sé, lo aveva smarrito lungo la via con i propri miseri averi.

Quella scena l'aveva già vissuta appena approdato all'Allevamento.

Vestaglia, mani ignote, voci sussurrate con l'unico aggravante di essere, questa volta, troppo sfocate nel padiglione auricolare.

-Mutante, calze, palandrana? Ottimo, lasciamo che si riprenda e appena il signore potrà lo riceverà- si ritrassero dalla camera come ratti cacciati dal fuoco umano.

Il ragazzo ripiombò in un sonno radicato che con freddezza lo rianimò d'assalto.

Catapultò le ginocchia fuori dal letto boccheggiando per il ricordo di quella sciarpa di sangue che d'improvviso aveva riscaldato l'uomo dei tre foruncoli.

Non era tornato indietro, quella stanza era molto accogliente, troppo per il rango che il castano ricopriva nella società, ma non era un luogo noto.

Tastò quel velo profumato che aveva addosso e quelle brache che fasciavano con la pressione dell'aria il suo membro minuto per il turbinio di fremiti spaventosi.

La porta non era serrata a differenza di quelle dell'orfanotrofio e fece silenziosamente capolino nel corridoio.

Candelabri a parete si tuffavano a strapiombo in un tunnel dorato che assumeva le proprie sembianze in un lungo tappeto ambrato e vermiglio incorniciato da numerosissimi drappi che vedevano ritratta la sagoma di un gufo reale, simbolo della casata.

Modeste colonne vestite d'ebano sorreggevano le liane di stoffa di quell'alto cielo finito.

Si udivano solo i leggeri mormorii e i piedi di Tae che zampettavano sul morbido colorato mentre i talloni non osavano staccarsi dal battiscopa.

Anguillesco imboccò la prima curva a destra e si imbatté inaspettatamente, per colpa di quel felpato terreno, in un ragazzo piuttosto bassino con gli occhi tagliati a filo di lama.

Si guardarono senza proferire parola, l'uno trovava il disgusto dell'altro nei corrispettivi sguardi.

-Beh? Cos'hai da guardare? E poi tu non dovresti girovagare per i corridoi- tranciò con gli incisivi una fetta di tinta lionata che sapeva di salmastro.

Preso dalla sorpresa l'ospite non si era nemmeno accorto che l'atro avesse del cibo tra le mani -Beh? Guarda che non te la do...- sorrise malastruo -...non ti conviene mangiarla se non sai da dove viene. I tuoi genitori non ti hanno insegnato nulla?- continuava imperterrito.

-Bagno-

-Cosa?- avvicinò l'orecchio.

-Bagno- ripeté.

-Ahhh certo, il bagno. Devi andare al bagno...mi sembra giusto...guarda te caso è proprio laggiù, la prima porta dietro quella colonna, non puoi sbagliare- gli fece l'occhiolino.

Mentre si allontanava quello squillo riprese a dar voce al corridoio -Non scivolare mi raccomando- gli diede le spalle andandosene ridendo nella direzione opposta.

Taehyung sapeva di non doversi fidare, lo percepiva anche nella carne fin sotto le unghie, ma cercava una via di fuga e se la vita gli aveva insegnato ben poco, quel poco era fatto di condotti d'aria presenti in ogni singolo bagno che aveva avuto il piacere di visitare.

Dal buco nella parete di casa sua alle grate dell'Allevamento.

Sbuffò, ci ripensò e con una piroetta confidata ad occhi serrati si chiuse la porta alle spalle.

Non vide nulla se non ripiani in alluminio, mensole, cappe e strane bocchette che puzzavano di gas.

Un olezzo acre gli pervase le narici, odore ferreo che aveva già sentito così forte, ma la memoria continuava a tirare brutti scherzi ai suoi neuroni.

Purtroppo, troppo concentrato a decifrare quel luogo, procedette senza curarsi dell'ostacolo più grande, il pavimento e ogni suoi oggetto diramato in esso.

Strisciò di lato un grande recipiente quadrato e per la scossa elettrica che percorse il suo quadricipite una parte della gamba cedette e tentando in extremis di recuperare l'equilibrio si compromise con l'altra finendo in quella vasca.

Sapeva, ora sapeva.

Quell'odore, quel sapore che gli stava violentando la lingua lo conosceva.

Ricordava la tinozza dove fu quasi portato a concepimento il suo assassinio oppure il lago vitale di quello squilibrato che aveva tentato di sgozzarlo.

Quel bagno ancora tiepido lo confortava con una spuma sanguigna e delle paperelle non di gomma, ma di carne viva.

Erano i resti di chissà quante anime.

Benedetto dalla testa ai piedi di quel vino biblico si sporse di lato rovesciando il calderone ed inondando la sala.

In iperventilazione imbrattò le mura e le gambe dei tavoli "Attento a non scivolare" e partiva una risata potente come un eco "Attento a non scivolare...potresti farti male ahahahah".

-No! No! Acqua...la por-ta- sentì un conato di vomito per aver ripulito involontariamente con le papille gustative le labbra intrise di sangue.

Riuscì a rialzarsi molleggiando in ogni dove, mentre quella risata lo perseguitava.

Una volta aperta la porta incrociò due uomini simili alle allevatrici che, udito il brusio, tentarono di bloccarlo inseguendolo.

Tae fuggendo a perdifiato per i corridoi identici bruciava il fiato senza una metà fino a che il traguardo venne tagliato stampando su una tela bianca tutto quel male.

-Ma che cazzo!- un altro ragazzo corvino lo fulminò con il petto insanguinato -...la mia camicia- mormorò -Perché questa pietanza gira per le stanze mezza tagliata! Guardie!- gridò con ferocia riducendo Tae ad una poltiglia d'importanza infima al pari di una larva da terra.

Preso da dietro non vide più nulla, di nuovo.


[Eccomiii. Scusate la lentezza, ma ho davvero tantissime cose da fare in sta nuova vita da adulta 😑.]

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