Il Tuo Nome Accanto Al Mio

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Il vuoto. Sentivo il vuoto dentro di me. Nonostante Anita avesse cercato di tirarmi su, sentivo quel vuoto attanagliante nel cuore e il peso ingombrante della verità. Non ero in grado di sopportare il suo peso, e non riuscivo a riempire quel vuoto. Mi sentivo nella terra di mezzo, dove tutto era a metà. Compreso il sottoscritto. Anche se non era successo materialmente, mi sentivo così: spaccato in due. Da un lato c'era quello che ero stato fino al giorno prima, dall'altro un figlio non voluto, ma cresciuto per inerzia e per forza del dovere. Era stato quello per mia madre. Un compito da terminare e protocollare. Bevvi in un sol sorso, quel poco di caffè che era rimasto dentro la tazzina, e guardando verso l'orologio da parete che si trovava sopra la tv, mi resi conto di quanto fosse presto. Poggiai la tazzina dentro il lavello dirigendomi verso il salotto guardandomi intorno. Tutto mi riportava alla sera prima. Lessi la sua convinzione nei suoi occhi, e che tutto quello che stava a dicendo era la cruenta verità, e che io non potevo cambiare le cose. Passeggiai senza una meta in lungo e in largo per il salotto, cercando di capire cosa avrei potuto fare nel lasso di tempo che Anita si preparava per andare a lavoro.

« Amore, tutto ok? », domandò Anita, palesandosi con la camicia ancora aperta e il turbante.

« Si, e che non riesco a stare fermo. », dichiarai portando le mani in tasca.

« Magari potresti andare prima in ambulatorio. Così ti porti avanti con il lavoro arretrato e ritrovi un po' di serenità in un posto a te caro. »

« Non è una cattiva idea. Ma così dovresti andare a lavoro senza di me. », affermai avvicinandomi a lei.

« Sopravviverò. Tu pensa a stare bene. », sussurrò lei, buttandomi le braccia al collo.

« Lo sai che sei meravigliosa? », domandai con il sorriso stampato sul viso.

« È anche per questo che mi sposi, giusto? »

« Giusto. », sorrisi, stringendola più forte a me. « E a tal proposito, dovremmo sentire Annalisa, per definire alcune cose in sospeso come il vestito e di che colore vuoi le rose. »

« In realtà ci ha inviato una email ieri sera, chiendoci quando preferiamo prendere appuntamento con l'atelier, e che in mattinata ci avrebbe mandato la bozza degli inviti. »

« Perfetto, non vedo l'ora di ammirare il tuo nome accanto al mio. », affermai accarezzandole la guancia destra.

« E io, di essere tua moglie... », sussurrò lei, chiudendo la zip della mia tuta. « Adesso vai, e passa una buona giornata. »

« Lo spero, anche se non sarà affatto facile... », affermai sospirando, prima di darle due baci veloci.

« Chiamami tutte le volte che ne senti il bisogno, ok? », strinse la mia mano sinistra, guardandomi con i suoi meravigliosi occhi. Non volevo farla stare male, e non volevo farle sapere che ero ancora sull'orlo del baratro.

Annuì abbozzando un sorriso allontanandomi da lei repentinamente. Potevo scoppiare da un momento l'altro, e non volevo rovinarle la giornata.

Mi chiusi la porta alle spalle sospirando ancora una volta. Avrei tanto voluto dirle che mi sentivo perso. Perso in quella devastante verità.

Non appena mi ritrovai davanti alla porta dello studio, mi sentii pervaso da una sensazione di casa e famiglia. In effetti, quel luogo, era stato il mio rifugio in molte occasioni. Era stato l'inizio di tutto, era stato il coronamento del mio sogno, era stata quella rivincita agognata e cercata. Oltrepassai la soglia trovando già le imposte delle finestre aperte. Scrutai tutto perplesso. Di Vanda, non c'era ancora traccia, e dall'ufficio provenivano strani rumori, segno che c'era qualcuno. Avanzai titubante con il borsone ancora in spalla, chiedendomi se Mirko fosse più pazzo di me. La risposta arrivò subito come la sua voce da dietro la scrivania.

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