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Il giorno dopo sono io a guidare fino a casa di Roberto. Da quando ho preso la patente, ho scoperto quanto questa cosa mi tranquillizzi. Tony è voluto venire con me e Mattia, ma ancora non ha parlato oggi, se non per chiedermi come io stia. Non abbiamo nemmeno avvisato Roberto della nostra visita. Lo avvisa solo il campanello appena suona. Quando vede me e Nicolò insieme, non particolarmente allegri, per poco non gli prende un colpo. Sa che gliel'ho detto, l'ha capito ora. Lo dice il suo sguardo timoroso di quella che potrebbe essere la reazione di Nicolò. Ci fa comunque accomodare con educazione in sala, offrendoci anche da bere. Noto come Tony non riesca nemmeno a guardarlo in faccia.

«È tutto apposto?» rompe il silenzio, sedendosi sulla poltrona.

«Ho parlato con Nicolò.» mi guarda esitante.

«Ti avevo detto di non farlo, non volevo rovinarvi il rapporto. È una cosa che non è significata niente per entrambi.» sembra lamentarsi. So che mente, ma apprezzo come stia cercando di salvare la situazione.

«Lo so. Il problema è che...» inizio a balbettare e la mia voce inizia a tremare.

«Non è un problema.» mi interrompe Nicolò, che senza accorgersene mi sta stringendo la mano dal nervoso.

«Cos'è successo?» domanda preoccupato l'amico.

Non riesco a dirglielo, non so da dove partire. La sua espressione non mi aiuta, mi mette ancor più in soggezione. Roberto non osa avvicinarsi a me, nemmeno quando per l'ennesima volta sento le lacrime agli occhi. Fa però un cenno a Nicolò, che poco dopo mi stringe tra le sue braccia, blaterando qualcosa che nemmeno comprendo.

«È incinta.» spiega al posto mio, e non ho modo di vedere in volto Roberto. «Può essere mio quanto tuo.»

«Non hai preso la pillola il giorno dopo?»

«Pensavo che così vicina al primo parto ancora non potessi entrare in un'altra gravidanza.»

«Voi ne avete già parlato?»

«Sì. Per quanto mi riguarda è mio in ogni caso, ma giustamente Monica voleva sentire il tuo parere.» pronuncia questa frase con profondo risentimento.

«Io vorrei saperlo, nel caso fosse mio.»

«Forse è meglio che io faccia un test di paternità.»

«No.» dice diretto Nicolò.

«Perché no?»

«Ho sentito che ci sarebbe il rischio di aborto.»

«Non succederà niente.»

«Se non te la senti, non lo fare. Non voglio obbligarti.» commenta Roberto.

«Lo faccio anche per me. Non posso rimanere in eterno col dubbio.»

«Però decido io dove vai.» aggiunge Nicolò. «Lo facciamo in qualche studio privatista.»

«Costa troppo.»

«Paghiamo in due.» interviene anche Roberto.

«Non serve.»

«Non ha senso che tu paghi da solo. È una cosa che ho chiesto io, tra l'altro. Facciamo metà, ma se la cifra è alta non riuscirò a darteli subito, comunque facciamo metà.»

«Va bene.» non sembra molto in vena di discutere, accetterebbe tutto in questo momento.

Lo vedo assente, fino a casa. Una volta arrivati, va a chiudersi in camera. Ha lasciato in realtà la porta semichiusa, ora che noto meglio. Lo sento singhiozzare, non si sarebbe mai sfogato davanti a me. Vuole sempre fare quello più forte, la spalla per me. Ma sentirlo così non mi piace. Non ce la faccio. Nonostante entri silenziosa verso il letto, mi sente. O forse vede la mia ombra, non saprei. Fatto sta che si asciuga velocemente gli occhi e si schiarisce la voce con diversi colpi di tosse. Mi siedo accanto a lui, a bordo letto.

«Vado da Mattia.» si alza come se niente fosse, facendo per uscire.

«Nicolò!» lo fermo per abbracciarlo.

Stringe come fosse l'ultima cosa che gli rimanga da fare. Non ricomincia a piangere, però qualcosa è rotto, non capisco cosa nello specifico. Non sta andando tutto a gonfie vele, come vorrei, ma c'è qualcosa in più.

«Non ti voglio perdere.» mi sussurra.

«Io rimango qui.»

«Se fosse di Roberto, sarebbe inevitabile. Ho visto come ti guardava, ti vuole bene.»

«Io sono sicura sia tuo.»

«Cosa te lo fa pensare?»

Non rispondo. Non so cosa rispondere. Si tratta solo di un sesto senso, di cui io sono certa, ma che so che non potrebbe convincere Nicolò come me.

«Portiamo Mattia da tuo padre e andiamo all'ambulatorio.»

«Dobbiamo prendere un appuntamento prima.»

«Non ti preoccupare per quello.»

A quanto pare ho già trovato l'ostetrica che da privatista mi seguirà durante questa nuova gravidanza. Nonostante la giovane età, in apparenza è molto professionale ed esperta nel suo campo, come avesse anni di esperienza alle spalle. Da un lato avrei preferito tenere il mio vecchio medico, ma se questo fa stare più tranquillo Nicolò, allora così sia. In una sola visita, prima mi fa un'ecografia, per confermare il mio stato interessante, e poi un po' mi preoccupo quando vedo la dottoressa con in mano una siringa. Mentre sento pizzicare nell'addome, chiudo gli occhi per non vedere, e tengo le mie dita tra quelle di Nicolò, in piedi accanto a me. Fa abbastanza male, e il punto scomodo non aiuta. Come non fosse abbastanza, entrambi noi due dobbiamo sottoporci ad un prelievo del sangue. Non mi sentivo così bucata dai tempi di gloria in mezzo alla strada. L'ostetrica ci ha riferito che tra poco meno di una settimana riceveremo già l'esito, e mi ha consigliato seria, più volte, assoluto riposo per i prossimi 2/3 giorni, senza sforzo alcuno. La potrei rassicurare, se le dicessi che non ho nessuna intenzione di fare qualcosa che non sia rimanere a letto. Ho bisogno di riprendermi, sia fisicamente che mentalmente. Apprezzo tanto come Nicolò, nonostante sia in una situazione molto simile alla mia, rispetti questa cosa. Adoro come rimanga premuroso nei miei confronti anche in questo momento. Altri al suo posto mi avrebbero abbandonata al mio destino, e probabilmente non avrebbero avuto tutti i torti, dato quel che ho fatto. Invece lui no. Mi accompagna sino al letto, e nonostante non sia necessario, insiste nell'aiutarmi a cambiarmi d'abito, per indossare qualcosa di più comodo. Per lasciare la stanza buia, tira giù anche la tapparella, lasciando un minimo di raggio a farci riconoscere i corpi. Sarei già pronta per dormire per almeno un'oretta, ma con mio stupore vedo Nicolò incamminarsi verso l'uscita della camera.

«Nico'...» lo richiamo facendomi sentire appena, e lui torna vicino a me.

«Che c'è?» domanda dolcemente.

«Dove stai andando?»

«Ti lascio sola, è stata una giornata pesante. Riposati.»

«Rimani.»

Con occhi socchiusi, riesco a identificarlo fermo davanti alla porta per vari secondi. Si avvicina solo poco dopo, ma non sono più in grado di vederlo, dato va dietro la mia schiena. Il materasso si abbassa leggermente, poi finalmente sento il suo corpo sfiorarmi, senza toccarmi. Mi libera volto e collo dai capelli, dopodiché la sua mano mi accarezza lentamente il braccio fino ad arrivare alle mie dita. Si uniscono tra le sue, e io le porto al ventre, ma appena appoggia il palmo lì dove ho ancora il cerotto bianco a coprirmi il punto di siringa, faccio un piccolo lamento.

«Ti fa male?» sussurra all'orecchio, e io bugiarda scuoto la testa.

«Hai solo la mano fredda.» preferisco patire un leggero dolore ma essere comunque in legame con lui, piuttosto che non averci nessun contatto assieme.

I nostri corpi ora confinano l'uno con l'altro. Le sue dita, ferme poco sotto l'ombelico, mi accarezzano dolcemente. Ricarica me, io ricarico lui.

Il resto non mi importa ||Tony Effe||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora