Yuil sorrise. "Perfetto allora, lascia che ti faccia vedere la tua stanza," ma si fermò, interdetto. "Anche se..."
Quel tono non gli piaceva per niente. "Anche se?" provò a chiedere.
Yuil scosse la testa. "No, niente. Non ti preoccupare adesso, va bene?"
Annuì, e non era per niente convinto. Quindi c'era davvero qualcosa di preoccupante in lui e nella sua situazione. E dato che gli sembrava una situazione già anomala... non era sicuro di voler sapere altro. Da una parte infatti non voleva seguirlo. Avrebbe preferito tornare indietro alla stazione, aspettare e cercare di prendere un altro treno. Era una possibilità. Almeno, forse, sarebbe capitato da qualche altra parte. Qualche posto più... normale. O si sarebbe svegliato. Si fece un pizzicotto sul braccio: faceva male. Non era un buon segno.
Lo seguì oltre la porta dietro la scrivania, che non fece storie per aprirsi. Di fronte a lui c'era solo l'oscurità. Un'oscurità fitta, che non permetteva di vedere i confini dello spazio. Solo dei gradini erano distinguibili in modo vago, e sembravano scendere. Qualcosa gli diceva che non era uno scherzo e che stavano per andare proprio lì. Sentì che doveva star impazzendo. Era una spiegazione valida. Meglio che pensare alla sua morte e a cosa c'è dopo, poteva non essere altro che una visione, magari era svenuto o era in un ospedale. Doveva solo svegliarsi. Seguì Yuil giù per le scale.
"Attento ai gradini, non perderli di vista," lo avvertì tranquillo, "se ti dovessi perdere qui dentro non saprei come recuperarti."
Quindi quello era un posto vero e proprio. La testa gli faceva male a pensarci, com'era possibile? Un posto senza confini... forse? Ma aveva timore a chiedere altro.
"Farò attenzione," si limitò a dire, guardando fisso dove metteva i piedi. Dubitava delle parole di Yuil, ma non aveva voglia di metterle alle prova. Anche perché, dove poteva andare un'anima persa? E poi, per sempre? Sembrava un'ottima combinazione per far nascere dei mostri.
Continuarono a scendere. Finché attorno a loro non si riempì di luci, tante piccole luci gialle che volteggiavano nello spazio nero. C'era un'altra figura con due paia di ali che volteggiava con loro, cantando in una lingua che non riconosceva. Appena notò loro due, si avvicinò.
"Immagino che lui sia il nuovo arrivato eh?" chiese.
"Lui è Samlir," disse Yuil indicando l'angelo, "e sì, Nikolas qui sarà il mio successore."
"Meglio, non ti eri stancato del tuo lavoro? E' tempo del Riposo Eterno..." gli rispose Samlir.
"Magari ci rivedremo, quando sarò un'anima," sorrise.
"Non mi sembra che tu abbia bisogno di conforto," disse Samlir.
Yuil sospirò e scosse la testa. Era palese che i due si conoscessero, ma quale era la loro relazione? Amici? O semplici colleghi? E soprattutto, non capiva come la sua mente potesse trovare delle idee così assurde.
Samlir guardò Nikolas, si mise una mano sotto al mento e assunse un'espressione preoccupata.
"Lui?" disse dubbioso. "Non faresti meglio a dirgli subito la verità?"
Yuil scosse di nuovo la testa, in modo tranquillo e pacato.
"Non ancora," rispose, "c'è ancora una speranza."
"Lo sai bene che non c'è..." aggiunse Samlir, in tono dolce ma severo.
Non sapeva di cosa stessero parlando, ma la cosa non gli piaceva affatto. Era evidente che l'argomento lo riguardasse, che aveva qualcosa che non andava. Perché nessuno gli diceva niente? Senza ricordi del suo passato non era nemmeno in grado di valutare le sue colpe, se ne aveva. E se era di questo che si stavano preoccupando.
Yuil si voltò per proseguire. Nikolas salutò con la mano Samlir e gli fece un sorriso.
"Immagino che farò del mio meglio," disse, per cercare di sembrare convinto.
E così ripresero la discesa, nel buio più totale. Non poteva negare che avesse una certa curiosità nei confronti di tutto quello che stava vedendo. Ma allo stesso tempo non voleva sapere niente, per mantenere quel minimo di sanità che gli impediva di mettersi a urlare e correre nell'orrore. Le scale sembravano continuare per un'eternità, o forse era solo un'illusione data dal buio. Si chiese come facesse Yuil ad andare così spedito.
"Samlir è il custode delle anime da confortare," disse Yuil.
Oh no, non voleva sentire niente. Andava bene così.
"Ah, capisco," mentì, nella speranza che lo lasciasse stare.
Calò il silenzio e ne fu felice, soprattutto perché si cominciava a vedere la fine della discesa. Yuil aprì la porta, arrivò un soffio di aria gelida e umida. E quando Nikolas entrò, si trovò di fronte a una serie sterminata di faldoni, raccoglitori e delle immense librerie fino quasi al soffitto, con delle scale per arrivare ai ripiani più alti. La luce era data da delle lampade calde poste in alto.
"Questo è l'Archivio," spiegò Yuil, "anche se era piuttosto evidente."
Le luci gli fecero intravedere quanto c'era scritto sui faldoni: cifre e altre cifre che dovevano essere date secondo una classificazione che non capiva, tutte messe in ordine crescente e alfabetico. O almeno supponeva che fosse un alfabeto, quello che vedeva. Era davvero frutto del lavoro di una persona sola? Un lavoro così immenso... non poteva essere. Non riusciva ad immaginarselo. E lui avrebbe dovuto fare lo stesso?
"Ti consiglio di venire qui e passare un po' di tempo per familiarizzare con il metodo di catalogazione," riprese Yuil, "gli errori non sono ben visti. Ma devi sapere che quello che hai visto sopra non è il luogo in cui lavoriamo."
"Come... no?" rispose, perplesso.
"Quello è solo il mio ufficio personale," disse ridendo, "il vero ufficio è dall'altra parte dell'Archivio. Seguimi."
Se quello non era il punto di arrivo, perché lui era sbucato fuori proprio nel suo ufficio privato? Non aveva senso. Però, poteva dire una cosa sola: c'era qualcosa di strano in lui. Qualcosa che non lo aveva fatto procedere per la strada normale. Iniziò ad inquietarsi. Lui non aveva niente di speciale. Ma come poteva dirlo, se non ricordava niente?
Quando arrivarono e Yuil aprì un'altra porta, davanti a sé vide un altro ufficio. Stavolta con un tavolo di legno scuro lucido e ordinato, del marmo bianco come pavimento. Sopra la scrivania c'era una bilancia d'argento, e dietro, una pila di documenti.
"Questo è il Tribunale," disse Yuil serio, "il compito di noi Archivisti. Ah non ti preoccupare, le tue ali arriveranno presto."
Nikolas era ancora più confuso di prima, e sempre più desiderava tornare da dov'era venuto. Anche il buio, il Riposo Eterno, gli andavano benissimo. Non si sentiva di certo pronto. E non capiva perché gli stessero dando tutte queste responsabilità appena arrivato.
"No aspetta," disse confuso, "che ali?"
"Quelle che vedi anche su di me," rispose Yuil, sempre con la sua solita calma.
Nikolas accennò un sorriso e un cenno della testa, anche se in realtà le cose non gli erano più chiare di prima. Si sentiva fuori posto. E aveva una terribile sensazione per quello che gli stavano nascondendo, mista a una voglia di scappare al più presto. Ma dove poteva andare? Ora gli era evidente: era morto e quella era la sua nuova casa.
STAI LEGGENDO
L'Archivista
FantasiaNikolas non sa niente. Su se stesso, sullo strano mondo in cui si trova: l'aldilà. E soprattutto, non sa perché è così importante che venga ucciso.