Uno spiraglio di luce attraversò la cortina trasparente posta alla finestra, investendo il viso di Casey. Disturbata, la giovane strinse gli occhi, coprendoli con le mani. Il sole era caldo, di mezzogiorno, benché il freddo invernale smorzasse quel tepore improvviso.
Sollevò lentamente le palpebre, ma la luce intensa la irritò ancora di più e preso un cuscino se lo premette sul viso.
Gli allegri schiamazza dei ragazzini per le strade e le urla dei venditori ambulanti la infastidirono maggiormente. Come se non bastasse, il via vai dei tacchi scalpitanti nel corridoio le lasciarono intendere il tramestio dei clienti, che uscivano dalle proprie camere con energica fretta.
Sbuffò sonoramente e sollevatasi sulla schiena lanciò il cuscino verso la porta, nel momento in cui questa si apriva adagio.
Kyu si vide arrivare quel fagotto quasi in faccia e lo afferrò al volo, nel mentre che Casey si raggomitolava sotto le coperte con nervosa stizza.
Il giovane entrò e si avvicinò alla finestra, scostando le tende con un sorriso divertito. La luce, fino a quel momento solo filtrata, irradiò l'intera stanza, facendo sfuggire alla giovane un mugugno di protesta.
"Ohayo, Casey sama!"
Lei sbuffò da sotto le lenzuola al suono quasi allegro della persona da cui non desiderava sentirsi augurare 'buongiorno'.
Ricordava poco della sera precedente, a parte il bancone dell'osteria con tante ciotoline sotto i suoi occhi, insieme al suo indice destro che li ispezionava dall'interno, chiedendosi perché fossero sempre vuoti.
Scostò irritata le coperte e si sollevò per scendere dal letto. Come, però, azzardò l'atto di alzarsi in piedi, una vertigine la colse improvvisa, provocandole una tremenda nausea.
In una falcata, Kyu corse a sorreggerla per un braccio e lei sollevò di scatto lo sguardo su di lui, ricordandosi, improvvisamente, il motivo per cui la sera prima il suo indice avesse contato le ciotoline vuote di sakè.
L'immagine di lui in compagnia di Kyoko le fece torcere le budella. Corse dietro il paravento e diede di stomaco non appena si chinò sul catino. Dopo un bel pezzo, apparve spossata; una mano sui ricci arruffati; l'abito che indossava dal giorno prima era sgualcito con i bottoni della camicetta fuori posto.
Kyu la trovò adorabile in quello stato di disordine, dove smaltire una tremenda sbornia era più difficile che intrattenere un'intera assemblea di azionisti bancari. A quel pensiero, non poté impedirsi di sorridere e lei se ne accorse.
"Siete stato voi a riportarmi qui?" chiese, portandosi una mano al ventre e una alla bocca, cercando di reprimere la nausea.
La domanda formulata con un accenno seccato e cupo fece comprendere al giovane che lei non ricordava il loro colloquio, diversamente da lui che aveva ben in memoria le frasi menzionate nel suo stato di ebbrezza.
"Hai!" rispose soltanto, facendosi, a un tratto, serio.
Casey cercò di ricomporsi e i suoi occhi caddero su un comodino, dov'era adagiato un vassoio con sopra una tazza e una teiera. Seguendo il suo sguardo, Kyu prese la teiera e versò il contenuto nella tazza che poi le porse.
"E' tè nero di Chiba. Molto forte. Bevetelo!" la incoraggiò. "L'ha preparato Naemi san. Vi farà sentire meglio!"
Lei si convinse e prese la tazza. Lentamente, sorseggiò il contenuto ancora caldo. Subito dopo, strizzò un occhio. La bevanda era amara e speziata. Kyu non riuscì a trattenere un sorriso.
"La liquirizia è parecchio benefica per la sbronza, Casey sama!" ironizzò in tono rassicurante che, tuttavia, la fece reagire freddamente.
"Vi prego di uscire, lord Reiji!"
Quell'atteggiamento distaccato lo turbò profondamente. Non volle dispiacerle e chinato il capo si avviò alla porta. In quel mentre, Naemi si scontrò quasi col nipote per quanto avesse le ali ai piedi nell'irrompere nella stanza.
"Piccola chan!"
Casey corse a rifugiarsi tra le braccia della donna, che la sentì fragile e indebolita. "Su, su, piccola chan! Adesso sakè va via perché tu bevi tè di Naemi!" le disse con dolcezza materna. Dopo un po', la locandiera rivolse un'occhiataccia al nipote.
"Io non ho fatto nulla!" si difese lui, punto sul vivo.
"Spiegami, dunque, perché piccola chan ubriaca e tutta sola in osteria!" lo ammonì nel suo inglese scomposto e rivolgendogli un broncio serrato.
Lui non rispose. Si sentiva già colpevole, senza che sua zia lo accusasse. Poi, la donna scostò Casey per guardarla negli occhi. "Tu, adesso, fai bagno caldo, piccola chan!"
"Grazie!" rispose lei, lasciandosi sospingere verso l'uscita. Oltrepassato il ronin, appoggiato alla parete del corridoio, Naemi gli lanciò l'ennesima occhiata di delusione.
"A breve verranno Emma san e il suo giudice. Contenta, piccola chan? ..."
Kyu le vide allontanarsi lungo il corridoio dirette ai bagni.
"Ittekimasu!" (Sto uscendo!) - alzò lui la voce, per fare intendere che la sua presenza non si era allontanata. Casey gli rivolse un'occhiataccia e la zia non si voltò neppure, sventolando con indifferenza una mano da dietro le proprie spalle.
"Itterasshai!" (Buona giornata!) - gli augurò con biasimo.
Il volto del giovane si adombrò con rammarico, chiedendosi con insistenza che cosa, esattamente, Casey non avesse gradito il giorno prima: non averla accompagnata a visitare l'edificio bancario oppure averlo visto in compagnia di Kyoko? Il dilemma lo logorò per tutto il giorno.
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GLI OCCHI DEL RONIN
Narrativa StoricaEdo 1869 All'insediamento della restaurazione Mejij, una giovane ereditiera inglese fugge dalle insidie dello shogun, propenso a ripristinare il proprio regno appropriandosi dell'oro che ella detiene. Sullo scenario dell'ultima cultura medioeval...