Capitolo 65

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Helmut trascinò Casey giù dalla sella. Percorsero a piedi la riva di un torrente in piena, dopo aver lasciato il cavallo ai piedi di una collina, per poi salire su per il declivio, percorrendo un sentiero in pendenza che conduceva in cima.

La pioggia aveva dato una tregua e Casey si sentì inzuppata, infreddolita e stanca. La gonna si era lacerata, procurandole uno spacco lungo la gamba destra; gli stivaletti erano infangati, così da non riuscire a trascinare i piedi e avere una buona presa sul terreno scivoloso; persino il cappotto che indossava si era lacerato nelle maniche e lungo le cuciture.

Le sue labbra tremavano, mentre saliva lungo il pendio. Giunti in cima, sentì il terreno fangoso muoversi sotto i piedi. Improvvisamente, apparve un sentiero colmo di fossi, rigagnoli e pozzanghere che si stringeva sui bordi di quel burrone, dove guardare di sotto dopo una lunga salita, faceva presagire l'ignoto.

La sagoma di una capanna apparve nel grigiore del maltempo. Helmut la sospinse in quella direzione. Non appena aprì la porta, per metà instabile sui cardini, la spinse dentro in malo modo; richiuse la porta e accese un lume. La fiamma gettò ombre indistinte lungo le pareti umide e gli angoli scrostati. Doveva essere il rifugio dei cacciatori: spoglio, con un tavolo, due sedie e un basso caminetto con cui scaldarsi.

Casey si strinse nelle braccia, mentre Helmut, presa una sedia, la trascinò verso di lei. La afferrò, dunque, per un braccio e la strattonò facendola sedere. Le legò, infine, i polsi dietro la schiena e la guardò dall'alto.

"Jonathan sta arrivando a Edo e la prima persona che cercherà, sarai tu!" disse lei, allungando il viso in un mezzo ghigno di sfida. Il tono gelido della sua voce fece stridere i denti all'uomo.

"Hai sposato un ronin!" le urlò con disprezzo.

Casey non si scompose e scosse le spalle sogghignando, continuando a mostrare un'espressione di scherno. "Devo ammettere che ha avuto una buona idea per allontanarmi dai tuoi propositi. Come potevo non accettare una simile proposta?"

Lui si chinò a osservarla negli occhi. "Sicura che non ti abbia, invece, fatto piacere?"

Lei sbuffò sardonica. "Mio padre disapprovava un mio legame con te, figuriamoci se lo faccio rivoltare nella tomba per aver sposato un barbaro asiatico!" lo rimbeccò, fingendo indignazione. Se solo Helmut avesse sospettato in lei un solo accenno di sentimento per Reiji ... meglio non pensarci!

"Jonathan ha ordinato a Warlow di ucciderti se non fossi riuscita a soffiarti l'appalto e convincere il comitato."

"Perché, allora, ti sei intromessa?" La notizia sembrò non scalfirlo.

"Forse perché non voglio che accada?!" gli urlò lei rossa d'ira.

Helmut sghignazzò. "E' da quando tuo padre è morto che Jonathan vuole liberarsi di me!"

"Gli hai dato parecchio da pensare, a proposito!" lo rimbeccò lei.

Lui si voltò piano per sbirciarla da dietro la spalla, prima di concentrarsi ad accendere il fuoco nel camino. "Se ciò accadrà, dovrà venire fin quassù!"

Lei sbuffò sonoramente. "Sei incorreggibile, Helmut. Fai tanto il duro, ma a parte qualche scossa e una frustata non sai andare oltre con me, ammettilo!"

Lui si alzò adirato e avanzò verso di lei, incuriosito. "Non penserai sul serio che io ti creda quando sostieni di non volere la mia morte!"

Lei si agitò convulsamente sulla seggiola. Aveva voglia di mollargli un ceffone. Poi si fermò e lo guardò con occhi vitrei. "Non riesci a farmi paura, Helmut. Non hai mai mostrato atteggiamenti ostili nei miei confronti, ma qualcosa è scattato nel tuo animo alterando le tue emozioni e non si tratta di vendetta, come hai lasciato che tutti intendessero!" Vide un lampo attraversare i suoi occhi e lei capì che le sue parole stavano andando dritto verso il bersaglio.

"Che cosa credi di ottenere, adesso? Anche Tokugawa ti starà addosso. Come pensi di liberarti dalla ragnatela che hai tessuto attorno a te?" Si sporse verso di lui per cercare meglio di carpire le sue emozioni. "Avrai, certamente, un piano di riserva?!" lo burlò, voltando gli occhi a scrutare le pareti annerite dalla muffa.

Helmut tornò ad accatastare legna nel camino. Sembrava aver rinunciato a deriderla. La guardò poi, con sfacciato interesse e lei cercò di approfittarne.

"Non hai un piano?" sbottò in una risata isterica. "Ti credevo più lungimirante, Helmut!"

Lui le si avvicinò con passo minaccioso e sguardo furente. Casey si mantenne rigida su un sorriso previdente, che le fece sentire la pelle degli zigomi tirarsi per lo sforzo.

Il giovane dominò a stento la rabbia. "Stai architettando qualcosa, Casey?"

Lei lo guardò decisa. "Ti confesso, che quando sentivo Jonathan e mio padre parlare di te, non mi convincevo del fatto che tu stessi cambiando. Respingevo con caparbietà ogni insinuazione nefasta sui tuoi confronti. Insomma, sono cresciuta con te; abbiamo giocato insieme; abbiamo bisticciato per le cose più assurde fino all'età di dodici anni; mi rinchiudevi in soffitta in balia dei temporali ..." come spiazzata, un tuono rombò sopra le loro teste, facendole sgranare gli occhi. Il giovane di impulso le mise le mani sulle orecchie, per ritirarle due attimi dopo, come punto da una spina. " ... per poi regalarmi un fiore" concluse lei con tono debole, disorientata da quel gesto. "Ci consultavamo sui primi amori e ridevamo di coloro che ci apparivano impacciati e ... anche adesso ... hai cercato di proteggermi!" Il suo tono si alzò. "Se mio padre non ti avesse preso in considerazione non ti avrebbe mai portato da me!" urlò con violente scosse del corpo, che, però, non allentarono i lacci ai polsi.

"Come puoi pensare che io stia architettando qualcosa, dal momento che la mia unica intenzione è quella di salvarti, brutto idiota!" Si placò all'istante, il respiro affannato; i riccioli scomposti le caddero sulla fronte.

"Ti ho offerto la possibilità di rimanere tra gli azionisti e non ti ho denunciato ..."

Lui gettò via il pezzo di tronco che teneva in mano e le afferrò il mento con forza, sollevandole il viso. "Non me ne frega niente di quella dannata ferrovia!" le urlò in faccia, colmo di esasperazione. Casey allargò gli occhi, incredula. Le sue ragioni, dunque, erano altre. Strattonò la presa sul mento, facendogliela mollare e ridacchiò con ostentazione.

"Lo sapevo che c'era dell'altro!" lo sfidò. "L'Helmut che conosco non perde la testa di punto in bianco senza un motivo!"

"Non esserne tanto sicura, Casey!"

Ma lei lo contrastò. "Questa mattina, ho notato che la locandiera dove alloggio mi ha fatto seguire da un manipolo di ragazzini" gli rivelò beffardamente. Lui inarcò un sopracciglio.

"Guarda caso la locandiera è la zia del ronin che ho sposato e credo che ..." sollevò gli occhi in un punto imprecisato, fingendo di sforzare la memoria "faccia affari con i capetti locali di cui lei, come ho capito, tiene banco!"

Udì Helmut digrignare i denti su una smorfia incredula, per quanto si sentisse braccato da tutte la parti. Rincarò la dose. "A quest'ora avranno seguito le nostre tracce e non credo che tu possa permetterti un'altra via di fuga!" lo contrastò con sicurezza.

Le sue parole ebbero l'effetto desiderato, poiché l'uomo brontolò qualche parola indistinta; la slegò e la rimise in piedi con poca cortesia. Si fermò solo un istante. Un rumore fuori dal capanno attirò il suo udito al di là della tempesta. Di fretta, la trascinò alla porta. Come la aprì, scorse il temporale infuriarsi di nuovo, imperversando in una pioggia più violenta e scrosciante.

Lei puntò i piedi. Quella situazione non le piacque, affatto. Helmut, invece, si sentì minacciosamente osservato.

"Ti ostini a farmi crepare, nonostante tutto?!" gli urlò lei, sentendo la pioggia infuriarle contro.

Uscendo, percorsero un'altra strada, che non scendeva a valle dove avevano lasciato il cavallo. Casey si allarmò. La sua mente non riuscì a pensare. Solo brutte sensazioni le avvolsero l'anima e il mutismo di Helmut la inquietò. Doveva escogitare qualcosa!

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