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Quel Venerdì Santo non era iniziato nel migliore dei modi. La telefonata di Vitali alle otto del mattino non lasciava presagire niente di buono, ed era solo il testa-coda di una notte che non aveva concesso loro neanche un'ora di tregua, un po' di riposo, il privilegio di arrendersi. Erano state, però, ore decisive. Avevano raccolto la testimonianza di Giulio Bruno e l'avevano fatto insieme, ancora una volta. Poi lui le aveva portato il caffè sul terrazzo, avevano visto la città svegliarsi, e respirato l'aria fresca di aprile, l'inizio di un nuovo giorno. Talmente su di giri da non sentire neanche la stanchezza. Un'overdose da endorfina, così l'avevano definita. Era proprio come quel pomeriggio, quello del giorno della Festa della Bruna, nel suo ufficio. Quando lui le aveva detto tutto quello che provava, senza filtri, e lei l'aveva baciato.


Ma quel giorno era diverso.
Era stata una notte difficile. Le birre sparse un po' ovunque, la schiena a pezzi per le tante ore passate seduto su una sedia, l'urgenza di rimettere tutto in ordine prima del ritorno di Jessica. E poi i suoi occhi, che lo scrutavano e sembravano avere in sé tutte le risposte.

"Prenditi tutta la giornata" gli aveva detto. "Abbiamo fatto straordinari di nome e di fatto"
E lui le aveva sorriso complice. Perché solo loro, solo loro due sapevano cosa significava.
Essere.
Insieme.
Non solo sul lavoro, ma in ogni situazione. Guardarsi e capirsi, senza il bisogno di parlare. Essere l'uno il completamento dell'altra. Arrivare dove nessun altro riusciva a farlo, da tempo ormai.
E quanto volentieri gliel'avrebbe detto. Anche se erano passati mesi, anche se aveva continuato a scegliere il marito, anche se non gli aveva più dato modo di illudersi, condannandolo così a una vita di domande. Guardaci - sorridendole - Guarda come funzioniamo. Cos'altro ti serve per capirlo?

Ma poi le era squillato il telefono. E lei si era precipitata a rispondere, pensando che fosse Pietro.


La faccia piccola e rassegnata con cui il Procuratore Capo li aveva accolti nel suo ufficio solo pochi minuti prima parlava da sola. Era fuori di sé, aveva parlato di una fotografia, ma non avevano idea di cosa fosse successo finché non erano arrivati in Procura. Certo, tutto si sarebbero aspettati tranne quello che di lì a qualche istante avrebbero visto sul telefono di Vitali.
E d'un tratto fu tutto spaventosamente chiaro, a entrambi.

Era successo qualche sera prima. L'aveva riaccompagnata a casa in macchina. Era tardi ed era stata una giornata difficile. Si era addormentata mentre lui le parlava, forse cullata dalla sua voce tenue, d'altri tempi. E quando aveva fermato la macchina nel piazzale, prima di svegliarla, si era concesso qualche istante, il lusso di guardarla per un po' mentre non se ne accorgeva. Solo lui, come se quel privilegio a cui ambiva disperatamente da sempre fosse rotolato giù dal cielo per errore e dovesse affrettarsi ad approfittarne prima che svanisse. Così le si era avvicinato, tanto pericolosamente da sentire il suo respiro. E lì, a un passo dalle sue labbra, le aveva sussurrato: "Dottoressa... Io credo di essermi innamorato di te"
Era la seconda volta che si rivolgeva a lei dandole del tu, anche se nella sua mente lo faceva ormai ogni giorno. E se da una parte essersi preso quella confidenza gli faceva provare una sensazione strana, dall'altra si sentiva come se per qualche istante gli fosse stato concesso di uscire dall'apnea in cui viveva, e di respirare.
Poi lei si era svegliata. Fortunatamente non si era accorta di niente. Si era scusata, e gli aveva chiesto per quanto avesse dormito. Però gli aveva detto una cosa strana... "Ho pure fatto un sogno"
E lui si era spaventato. Aveva pensato che avesse ascoltato la sua confessione. Che quello slancio di confidenza, quelle parole appena sussurrate, non fossero più un segreto. Che le sue orecchie sempre attente glielo avessero rubato, che lo avessero fatto proprio.
Quando era scesa dalla macchina augurandogli una buona serata, si era sentito più leggero. Anche se forse leggero non era il termine più adatto. Confuso, piuttosto. Si era sentito confuso. Come quando soffi troppo forte per gonfiare un palloncino, e ti gira la testa.

Processo alle intenzioni | Imma e Calogiuri OSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora