6, Qui e adesso

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Giovedì 15 settembre 2022, ore 10:20, casa di Louis e Zayn, Putney Heath, Londra.

Louis sedeva attorno al tavolo rotondo situato nel fulcro dell'ampio giardino posteriore, interamente murato da prominenti siepi ricche di foglie rigogliose e prolificanti che vietavano la visuale ai forestieri.

Era asserragliato da enormi vasi in terracotta traboccanti di fiori in via d'appassimento, sottoposto alla luce fragile di un sole smorto, seppellito nella nebbia. La natura gli moriva inesorabilmente davanti agli occhi e il suo cuore, parassita affamato di eroismo, si cibava delle ultime boccate di vita sparpagliate lungo il vialetto di pietruzze a mosaico che gli correva incontro e proseguiva al di là del tavolo.

Nervoso, sottrasse una Marlboro al pacchetto inaugurato poco prima e ne infiammò il dischetto zeppo di tabacco. Erano passati venticinque minuti da quando aveva ricevuto il messaggio in cui Harry lo informava di essersi incamminato verso la sua abitazione, e la consapevolezza di star per incontrarlo lo rendeva inquieto.

Mobilitò la caviglia e molleggiò sulla pianta del piede, scagionando quel brutto vizio ossessivo che provava a moderare – con scarso successo – da qualche mese a quella parte.

Nel momento in cui udì un tenue rumore di passi, sincronizzato al suono di due voci familiari, scattò in direzione dell'amaca e vi sprofondò con la schiena, atteggiandosi come si trovasse lì da tempo, con il dorso di una mano incollato alla fronte e una suola poggiata sulla rete.

Harry fece il suo ingresso tramite la porticina di legno bianco frammentato da sei scomparti di vetro annerito, e a un tratto il cielo si rinvigorì, insieme ai fiori, che parvero sbocciare per la prima volta.

Ogni particolare diventava più bello quando Harry era nei paraggi, perché le pareti del mondo mutavano per lui in specchio e ne riflettevano l'incantevole splendore.

«Finalmente sei arrivato» biascicò con la sigaretta tra le labbra, abbozzando col palmo un cenno di saluto.

«La mia carrozza ha fatto un po' di capricci» si giustificò il ragazzo, passeggiando verso di lui con un sorriso fissato alle labbra.

«La tua carrozza andrebbe demolita» commentò con accento di sprezzo, mettendosi a sedere e spegnendo la Marlboro erosa a metà contro un posacenere. «Magda, per favore» ordinò, lanciandole un'occhiata. Non servì aggiungere altro: si erano precedentemente accordati sul programma da espletare quella stessa mattina. La donna, infatti, annuì e si dileguò in fretta.

«Te la stavi spassando, vedo» giudicò Harry con un velo di astio nella voce.

«Puoi spassartela anche tu» suggerì, levando il mento per allinearsi al suo viso. Da quella prospettiva sembrava più alto del solito. I capelli erano sciolti, selvaggi. Indossava una felpa nera con il cappuccio, dei jeans dal taglio regolare. Era semplice e stupendo.

Effondeva un profumo diverso, forse perché mescolato a quello umido della nebbia e all'odore lezioso di un autunno incombente.

«Ah sì? E come?» mormorò inarcando un sopracciglio, e insinuando un ginocchio tra le sue gambe.

Louis saltò sulla branda e sbatté le ciglia. «Magda sta per tornare» lo mise al corrente, scacciandolo malvolentieri.

«E perché mai?» s'incuriosì l'altro. Ma Louis non fu abbastanza celere a rispondere, perché la donna fu subito di ritorno con un vassoio tra le mani.

Lo collocò sulla tovaglia sistemata sul tavolo e attrezzò ciascuna delle due postazioni di una tazza vuota, includendo nell'arredamento una teiera fumante, una zuccheriera e due piatti rettangolari di porcellana ospitanti grosse fette di cheesecake ai mirtilli.

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