Capitolo 12 ♡ Dana

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Il fine settimane di Halloween arrivò molto più in fretta di quanto mai avessi potuto desiderare.
Da giorni ormai non facevo che guardare il post di Rachele, chiedendomi come si sarebbe travestita quell'anno, domandandomi se il fatto che Lani mi avesse preparato una maschera non fosse un qualche segno del destino. Non credevo in queste cose, non l'avevo mai fatto, ma, onestamente, ormai non credevo più in nulla.
Quindi iniziai a immaginarmi cosa sarebbe successo se fossi andata alla festa, anche quando ero sicura che la mia presenza non fosse ben accetta. Rachele avrebbe iniziato ad urlarmi addosso, di nuovo? Christian mi avrebbe dato la possibilità di parlare, dopo tutti questi giorni di silenzio?
Non volevo realmente parlargli, non avrei avuto nulla da dirgli. Nulla che non avrebbe reso la situazione ancora peggiore. Ma la mia psicologa continuava a dirmi che dovevo trovare il modo di farmi perdonare, di dire la mia verità, di fargli capire che le persone commettono errori e, tutto sommato, il mio era abbastanza comprensibile, se ci si metteva nei miei panni. Ma nemmeno lei conosceva tutta la storia dal mio punto di vista, non sapeva cosa stesse pensando lui, certamente non sapeva nemmeno cosa stesse pensando quella ragazza, all'epoca dei fatti, ormai morta da tempo. Metaforicamente parlando, ovviamente.
In quei tempi mi capitava spesso di ritrovarmi a fare cose senza pensarci, come se mi trovassi in uno stato di perenne trance, dove il mondo esterno poco ragionava con il mio mondo interno.
In qualche modo mi ero ritrovata davanti a casa di Rachele, pochi minuti dopo l'orario di incontro per la festa.
Il sole autunnale si era già nascosto dietro l'orizzonte, lasciando posto alla luna e alle stelle, brillanti nel cielo. Le luci della villa in stile rinascimentale in cui abitava Rachele erano completamente accesse, rendendola un vero e proprio faro nella notte.
Dalle finestre spalancate fuoriusciva un continuo rimbombare di musica trap, facendo quasi tremare i vetri e le persiane. Chiunque fosse stato incaricato di creare la playlist per quella serata aveva fatto un pessimo lavoro. Le canzoni che si susseguivano sembravano prese dal repertorio di una discoteca assai scadente. Tanto valeva mettere le canzoni di Gigi d'Alessio, almeno le mie orecchie si sarebbero divertite di più.
Le persone stavano entrando ed uscendo dalla casa senza nessuno a controllarne l'uscio. Ragazzi e ragazze erano vestiti a tema, seguendo quelle che per i liceali erano le regole di Halloween: troppi pochi vestiti per una serata gelida di ottobre e quantità industriali di trucco, comprese tonnellate di sangue finto.
In quel momento, osservando le persone che si divertivano, cantando e ballando, mi accorsi che ero arrivata lì in preda a qualche mio attacco mentale, senza nemmeno essermi vestita per l'occasione. Se Rachele mi avesse visto, mi avrebbe mandato fuori a calci. Era tipo la sua regola preferita, quella che ad Halloween tutti dovevano vestirsi da quando qualche specie di mostro, o almeno da qualche personaggio di un film che gli assomigliava. Un anno mi aveva obbligata a vestirmi da Emily, di Pretty Little Liars, diceva che ero la sua copia spiccicata, ma in realtà lo aveva fatto solamente perché era entrata in fissa con quella serie e lei voleva travestirsi da Alison. Diceva che avrebbe voluto avere una vita come la sua, piena di mistero e colpi di scena. Io non ero molto sicura che quella fosse veramente un'aspirazione di cui andare fieri, ma accettai di buona leva il costume: alla fine, dovevo solamente vestirmi in stile anni duemila, nulla di troppo complicato.
Scossi la testa. Andare giù per il treno dei ricordi non mi avrebbe certo aiutato a superare la mia demoralizzante situazione. Dovevo ricordarmi che quei tempi erano passati e non sarebbero più potuto essere. O forse potevano?
Ero già arrivata lì, entrare non mi sarebbe costato nulla.
Nella tasca del giubbotto avevo ancora la maschera a forma di pipistrello che Lani mi aveva ritagliato. Non era il costume più elaborato della storia di Halloween, ma sarebbe bastato per quella sera. Con un po' di fortuna, i partecipanti alla festa sarebbero stati troppo ubriachi per riconoscermi e sarei potuta passare inosservata per tutta la serata.
E poi, una volta dentro la casa, cosa avrei mai potuto fare? Invece di pormi questa domanda, entrai con nonchalance, oltrepassando una coppia di ragazzi che erano a pochi centimetri dal saltarsi addosso per una litigata riguardante una birra scomparsa. Davvero maturi. Questo era il tipo di gente con cui mi ritrovavo a competere per una borsa di studio.
Una ragazza vestita da vampiro, con tanto di rivoletto di sangue che dai canini finti arrivava fino al mento, mi squadrò da capo a piedi, appena entrai nell'atrio. Le abbozzai un sorriso, cercando di fingermi del tutto a mio agio in quel posto, quando in realtà stavo per avere un attacco al cuore.
Doveva avermi riconosciuto, ma non fece altro che fissarmi male, prima di andarsene nella direzione opposta da cui l'avevo vista arrivare. L'unica speranza che potevo avere era che non fosse corsa da Rachele ad avvisarla del mio arrivo non propriamente richiesto.
Vagai per la casa, senza nessuna cosa precisa in mente da fare o senza nessuna persona con cui mi sarei voluta mettere a chiacchierare.
Mi fermai al tavolo della cucina, dove erano state disposte varie bottiglie, dalla normalissima Fanta, ad una scorta di vodka alla pesca che sarebbe potuta durare per un mese intero. Ubriacarmi quella sera sarebbe stata la peggior scelta della mia vita, subito seguita dall'essere entrata in casa di Rachele quando lei mi odiava a morte. Quindi mi riempii il bicchiere con un po' di Coca Cola.
Girovagai per qualche minuto, fingendomi intenta a cercare qualcuno che non esisteva, tornando di tanto in tanto in cucina, per riempirmi nuovamente il bicchiere che sembrava svuotarsi alla velocità della luce.
I ragazzi intorno a me si muovevano al ritmo della musica, ciondolando le teste e facendo ondeggiare i fianchi, bevevano alcolici e chiacchieravano con i loro amici. In mezzo a loro mi sentii estremamente sola. Volevo così tanto essere loro.
Non mi sarei dovuta stupire di vedere Rachele. Era la sua casa. La sua festa. La sua vita. E alla fine ero entrata con la scusa di cercare Christian, quindi non mi sarei dovuta stupire di incontrare anche lui.
Li trovai fuori, in giardino, dove il porticato era stato decorato con ragnatele finte, zucche intagliate e gonfiabili a forma di fantasma. La piscina era illuminata con luci verdognole, facendo sembrare l'acqua clorata un grande pentolone stregato, dove una pozione stava per essere preparata.
Tutta la mia classe si trovava lì fuori, sparsa per il bordo della piscina, qualcuno seduto sulle sdraio altri in piedi a chiacchierare. La musica, sempre altissima, proveniva più attutita da dentro la casa, dando un piccolo senso di sollievo alle mie orecchie.
Christian e Rachele erano lontani dal resto del gruppo, appartati nella sedia a dondolo che la madre di quest'ultima tanto amava usare durante il giorno.
All'inizio, non capii nemmeno cosa stesse succedendo, poi le mie gambe iniziarono a tremare. Quello era uno scherzo, giusto? Perché non poteva essere altro che uno scherzo, ne ero sicura.
Lei gli era seduta praticamente in braccio, gli si attorcigliava intorno al corpo come un polipo, le sue labbra cercavano quelle di lui come se avesse potuto morire di punto in bianco se non le avesse continuate a baciare. E lui stava lì, ricambiando quei gesti, come se nulla al mondo li avrebbe potuti far staccare l'uno dall'altro.
Dicevano che il karma prima o poi raggiungeva tutti, ma non mi aspettavo che potesse essere così stronzo. Dicevano che tutto il male che porti nel mondo, prima o poi ti si sarebbe ritorto contro, ma non pensavo che sarebbe successo tutto nel giro di pochi secondi.
Una risata amara, al limite dell'umano, mi scappò dalle labbra.
Ovviamente Rachele aveva fatto la sua mossa, lo aveva stretto fra le sue grinfie appena le era stato possibile. Non me ne sarei dovuta stupire, non me ne sarei dovuta stupire di vederli lì, accoccolati come due fidanzati che si amano da tempo.
Eppure me ne stupii, perché in tutto quel tempo ancora non riuscivo a guardare le cose come stavano e a farmene una ragione.
Li fissai per qualche secondo, studiando il modo in cui i suoi capelli biondi si attorcigliavano intorno alle dita di Christian, osservando il modo in cui la schiena di lui si inarcava ad ogni sussurro della bocca di Rachele.
Ma stare lì impalata rendeva il tutto più vero, più reale. Non c'erano dubbi sulla loro relazione, su come il passato fosse stato definitivamente cancellato, per tutti e due. Sembrava che avessero iniziato una nuova vita, assieme. Dana non esisteva più per loro.
Avrei dovuto saperlo da tempo, e lo sapevo. Non me lo dimenticavo mai. Ogni secondo che li guardavo me lo ricordavamo e forse avrei dovuto passare lì l'eternità, come punizione per tutti i crimini che avevo commesso nella mia breve vita.
Perché in fin dei conti, me lo meritavo.
Ritornai dentro, con la consapevolezza sempre più forte che entrare a quella festa, un anno prima, fosse stata la peggior idea della mia vita. Perché era a quella festa che tutto era iniziato a crollare ed era solamente giusto che fosse a quella festa che mi si fosse ricordato qual era il mio posto in quella storia: ero la cattiva. La migliore amica che ostacola la strada verso il lieto fine con il principe azzurro. Avevo saputo fare bene il mio ruolo, e altrettanto aveva fatto Rachele.
Invece di andarmene, sgusciai su per le scale di marmo che portavano al secondo piano, quello che era poco frequentato da tutti gli altri invitati, se non per andare a fare pipì.
Superai la coda che si era formata fuori dalla porta del bagno, percorrendo il corridoio fino all'ultima porta.
Rachele la chiudeva sempre a chiave, ma sapevo benissimo dove la nascondesse. Frugai nel vaso di fiori sotto la finestra, tirando fuori un piccolo portachiavi a forma di coniglietto e spalancai la porta, chiudendola alle mie spalle.
Dentro, nella sua stanza da letto, sembrava non essere passato nemmeno un minuto dall'ultima volta in cui c'ero entrata: la sua scrivania era sempre ricoperta di trucchi e prodotti per la cura della pelle, il suo armadio era sempre aperto, lasciando cadere fuori qualche abito sgualcito, il suo letto a baldacchino era sempre disfatto, con un cuscino addirittura per terra.
Mi aveva sempre dato noia il modo in cui trattava i suoi oggetti. Come lei, mi sarei potuta permettere di comprare tutta quella roba con solo la paghetta di un mese, ma non per questo non c'era bisogno di dimostrare rispetto alle proprie cose.
Raccolsi il cuscino, come se rifare un pochino il letto e rimetterlo apposto avrebbe potuto essere la grande svolta della serata.
Guardai l'orologio del telefono: segnava solamente le dieci e mezza, probabilmente sarebbero passate altre quattro ore prima che Rachele avesse fatto ritorno alla sua camera, alla fine della festa. Così decisi di togliermi le scarpe e la maschera, stravaccandomi sul piumone rosa cipria, in mezzo all'ammasso di cuscini.
La finestra era chiusa e le luci erano spente, ma dal corridoio potevo sentire i rumori della festa, i ragazzi che ridevano, la musica che suonava, il tonfo dei passi.
Penserete che sia strano e raccapricciante, lo so. Sdraiata nel letto della tua ex-migliore amica, mentre lei se ne stava al piano di sotto, a sbaciucchiare il tuo ex-fidanzato. Ma potrei stupirvi e dirvi che le cose stanno ancora peggio di così. O forse non ve ne stupirete affatto.

Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora