Capitolo 20 ♡ Dana

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Non avevo mai pensato a come mia sorella avesse potuto reagire ad incontrare Carlotta per la prima volta, ma sicuramente non mi sarei mai aspettata questo. Di solito, non amava parlare con gli sconosciuti, ma sembrava che avesse già deciso che Carlotta non fosse poi così tanto una sconosciuta. E sapevamo benissimo entrambe, io e Lani, quanto bene sapesse il significato della parole flirtare. Gliel'aveva insegnata l'anno prima la sua migliore amica, Gaia, e per un paio di mesi aveva cercato di usarla in ogni conversazione, perché le piaceva il suono che faceva la elle dopo la effe.
Se avessi saputo che Carlotta lavorava al cinema, mi sarei impuntata ancora di più per non far venire Lani qua.
In quel momento, io e Carlotta, eravamo in un angolo dell'ingresso del cinema. Lani e il suo collega erano accucciati di fianco allo scaffale delle caramelle. Lei si sentiva estremamente a disagio e stava ripetendo tutto quello che gli diceva lui, il quale sembrava pensare che fosse solamente un gioco e si stava quasi divertendo.
«Tua sorella ti assomiglia davvero un sacco» fu la prima cosa che mi disse Carlotta, una volta allontanate da Lani.
«Parlo a sproposito come lei?»
Carlotta inclinò la testa, rivolgendomi uno sguardo a metà fra il seccato e il divertito. «Un po', sì. Ma è solo una bambina, non c'è bisogno che la rimproveri o che ti scusi con me per quello che ha detto.»
«No, non ti ho presa da parte per quello. In realtà devo chiederti un favore» le dissi.
Se ci fosse stato uno sconosciuto a lavorare dietro quel bancone sarebbe stato tutto più facile. Forse mi avrebbe giudicato, forse mi avrebbe mandato via dandomi della svitata, ma almeno si sarebbe scordato di me dopo poche ore. Carlotta invece si sarebbe ricordata di tutto quello che le avrei detto, se lo sarebbe ricordata ogni volta che mi avrebbe visto in giro per i corridoi od ogni volta che ci saremmo incontrate per le sfide della borsa di studio.
Avevo cercato di convincere Lani a non venire. Il cinema, con i rumori forti e le persone tutte intorno, non è certamente il posto più accogliente per una bambina autistica. Ma lo voleva così tanto, era dall'inizio di dicembre che mi pregava di portarla al cinema a vedere un film di animazione appena uscito. La verità, era che sarebbe dovuta andarlo a vedere con le sue compagne di classe e un paio di mamme che si erano offerte per accompagnarle, ma alla fine il giorno deciso aveva una visita medica e non era potuta andare. Quando era tornata a scuola, la mattina dopo, tutte le sue amiche stavano parlando del film e lei era arrabbiata perché non c'era potuta andare ed era rimasta esclusa dalle conversazioni di tutta la giornata.
«Lani non ha molta confidenza con il cinema. È la prima volta che viene» iniziai a spiegare. Carlotta mi stava ascoltando con attenzione, annuendo ad ogni cosa che dicevo. «E, ad essere onesta con te, penso che sia uno dei peggiori posti in cui portarla, ma ci teneva veramente tanto a venire.»
«Okay. Perché sembri preoccupata? Non c'è nessun problema.»
«C'è un problema, invece. È autistica» sputai fuori, aspettandomi la peggiore delle reazioni. Le uniche altre persone a conoscenza della diagnosi di mia sorella erano Christian e Rachele. Lui, la prima volta che glielo dissi, rimase stupito. Continuò a trattarla con gentilezza, ma era così cauto intorno a lei che non sembrava nemmeno cercasse di instaurare un buon rapporto con Lani. Rachele, anche se non lo faceva vedere davanti a lei, aveva quasi paura di Lani. Non voleva mai venire a casa mia quando c'era lei.
Carlotta, invece, continuò ad annuire. Non sembrava sorpresa, non sembrava schifata, non sembrava impaurita, nulla di tutto questo. «Posso provare a chiedere ad Ivan di abbassare il volume del film, se le danno noia i rumori troppi forti. E sconsiglierei di andare a vedere il cinepanettone, scelta cinematografiche discutibili a parte, c'è una coppia già seduta. Le altre due sale sono completamente libere. Posso anche far finta di aver venduto tutti i biglietti per il film che andate a guardare, tanto ormai non dovrebbe arrivare più nessuno.»
«Potresti davvero?» chiesi, leggermente frastornata dalla sua reazione. «Sarebbe veramente fantastico, Carlotta.»
Lei mi sorrise, come se stesse facendo la cosa più normale al mondo, anche se non lo era. «Certo che posso! O almeno, ci posso provare, prima devo sentire Ivan.»
«Grazie, davvero.»
«Non c'è di che, però devo chiederti un favore in cambio.»
A quelle parole il mio cuore perse un battito. Possibile che stesse facendo tutto questo solamente perché io rimanessi in debito con lei? Guardandomi indietro, fu davvero stupido pensare che Carlotta potesse essere così manipolatrice, ma in quel momento fu l'unico pensiero che mi passò per la testa.
«Voglio che inizi a chiamarmi Cora. Solo gli adulti usano Carlotta e mi sembra sempre che sei arrabbiata con me quando mi chiami così» disse invece.
Alzai gli occhi al cielo. «Okay, Cora. Pensavo che solamente i tuoi amici potessero usare il tuo soprannome.»
Lei parve pensarci sopra qualche secondo. «Hai ragione. Ora sei obbligata ad essere mia amica, allora.»

Tornata da Lani, lei si era riempita un intero sacchetto trasparente con almeno cinque diversi tipi di caramelle. Il collega di Carlotta - Cora - le stava pensando per vedere quanto avrebbe dovuto pagare.
«Non sono un po' troppe caramelle, Lani?»
Di solito, non amava provare cose nuove. Amava restare sul sicuro e non cambiare mai pietanze ed ero abbastanza sicura che non avesse mai assaggiato i coccodrilli gommosi. Sapevo già che sarebbe toccato finirle a me. E odiavo i dolci.
Cora si infilò dietro il bancone, scacciando il ragazzo dalla cassa. Tirò fuori una tessera e la passò sul registratore. «Un regalo da parte mia» disse poi, allungando il sacchetto a mia sorella, lei lo prese con grande gioia.
Dopo che Cora ebbe spiegato la situazione, il suo collega ci disse che non c'era alcun problema, finché non sarebbero arrivati altri clienti potevamo tenere il volume al minimo e sederci nei posti che preferivamo. Cora insistette per pagarci anche i biglietti. Diceva che non aveva ancora raggiunto la soglia di acquisti annuali che erano compresi con il suo lavoro part-time e che, se nessuno li avesse usati, sarebbero stati solamente sprecati.
Lani era così in visibilio per Cora che non smise di chiedermi quando l'avrei invitata a casa nostra la prossima volta fin quando non ci sedemmo e il film iniziò. Mi disse che dovevo dirle con almeno cinque giorni di anticipo quando sarebbe tornata a trovarci perché aveva bisogno di mettere apposto la sua collezione di cubi di rubick e avrebbe dovuto trovare qualcosa di adatto da regalare a Cora. Mi domandò quale fosse il suo colore preferito e se preferiva i cubi con sei facciate o con otto, o magari dodici. E io non riuscivo a stare al passo con la sua parlantina.
Non mi ricordo nemmeno di cosa parlasse il film, troppo ero concentrata a pensare quanto poco conoscessi realmente Cora. Non avevo nemmeno saputo dire a Lani quale fosse il suo colore preferito.
Uscite dalla sala, Cora non era più dietro il bancone e mi vergognavo troppo per chiedere al suo collega se fosse già tornata a casa. Inoltre, papà ci stava aspettando nel parcheggio lì fuori già da una decina di minuti, non volevo farlo aspettare ancora.
Tornata a casa, dopo essermi cambiata, dopo aver aiutato Lani con un puzzle grande quanto il tavolo della nostra cucina, dopo aver cenato, dopo essermi lavata e preparata per andare a dormire, stavo ancora pensando a Cora e a come fosse stata gentile con Lani. E mi sentivo una stupida.
Mentre me ne stavo con lo sguardo rivolto al soffitto, soffocata dalle mie coperte, il mio cellulare iniziò a vibrare. Lo spensi, senza nemmeno guardare la notifica, perché sapevo che era Cora e che dovevo iniziare ad allontanarmi da lei.

Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora