||There is a caos inside us||

Chapter 14: Paradise And Hell

Il cuore mi batte a mille per l'emozione. Cam è qui, con me, come fin troppo tempo fa, al mio fianco, a rimproverarmi per le mie pessime decisioni, per il mio caratteraccio, a commentare sia sarcasticamente che seriamente tutto il viaggio che ho affrontato finora da quella disastrosa notte, dove l'ho lasciato da solo e sono scappata da tutto e da tutti.

È qui, qui difronte a me, a farmi da colonna portante in questo nostro mondo di decadenza e distruzione, a supportarmi nel bene e nel male e a farmi da spalla, come un tempo faceva.

So di averlo fatto soffrire, e questo mi fa più male di ogni cosa. Lui c'è sempre stato, e anche se ha sbagliato, non avevo assolutamente il diritto di abbandonarlo come ho fatto, cosa che lui non ha mai pensato di fare nemmeno quando si è ritrovato faccia a faccia con la parte peggiore di me, ma anzi avrei dovuto parlarci, chiarirci... non avrei dovuto agire di impulso come al mio solito, e me ne pento. Magari molte cose sarebbero diverse adesso.

Mi odio. Odio mo stessa per averlo fatto penare ingiustamente, per essere fuggita senza ripensamenti per cosi tanti anni, lasciando tutto quello che avevamo costruito con fatica alle mie spalle. Non mi perdonerò mai per averlo fatto, ma spero che lui ci riesca, e da come mi guarda, come se avesse appena ritrovato la parte mancante di se stesso che per lungo aveva perso, credo che l'abbia già fatto. È un sospiro di sollievo per il mio cuore.

Mentre mi parla gli brillano gli occhi, e un'altra volta condanno la mia anima a un'eterna sofferenza per essere stata la causa dello spegnimento di quella luce pura che illuminava il suo sguardo prima che io fuggissi. Parla, parla e parla, senza interruzioni e io ascolto i suoi consigli, i suoi riproverò da mamma Cameron, e giuro che potrei guardare la sua faccia variare in ogni singola espressione a secondo delle emozioni che prova per ore, da quanto mi è mancato. Ma poi, tutta la magia di quel momento, viene brutalmente spazzata via da una frase che dice.

«Dovresti dire a Dylan dei gemelli, Iris, e viceversa» dice pacatamente, ma il tono non lo aiuta per niente a calmarmi. Anzi, appena sento quelle parole fuoriuscire dalla sua bocca, i miei occhi sembrano coprirsi di un velo rosso, e una rabbia cieca mi induce a fulminarlo con violenza.

«Assolutamente no» dico categorica, senza dare alcuna speranza di ribattere a Cam, o almeno pensavo.
«Iris sai anche tu che non potrai mai portarti questo segreto nella tomba, prima o poi lo scopriranno, e forse è meglio prima che poi. Soprattutto pensando a che reazione potrebbe avere Dyl» nel mentre della sua risposta,  io ero solo occupata a scrollare con assoluta convinzione la testa, in senso di negazione.

«Scimmietta tu non capisci. Se glielo dicessi adesso, potresti contenere la sua reazione, in caso fosse negativa, controllarla, e fare in modo di placarlo con i tuoi soliti trucchetti. O magari potrebbe anche reagire bene, chi lo sa?» Sorride sbilenco, ma si vede benissimo che non ci crede nemmeno lui alla benché minima possibilità che Dylan possa reagire positivamente alla verità. Non lo guardo male, ma malissimo.

«Oh, andiamo. Sono i suoi figli Iris! Ha già perso tutta la loro infanzia, non ha potuto godere dei loro primi vagiti o passi, o parole. Non puoi precludergli anche l'opportunità di conoscerli.» Come se non lo sapessi già da sola Cameron. Ma il problema è un'altro.

«Tu non capisci Cam. Se lo scoprirà lui farà due più due. Sa chi li ha cresciuti al posto suo. Si arrabbierà talmente tanto che... non so cosa potrebbe fare. Nemmeno la mia immaginazione può arrivare così lontano. E se per vendetta mi vendesse a suo padre? E se... e se per questo decidesse di portarmeli via?» Un brivido di terrore mi attraversò tutta la spina dorsale, facendomi ghiacciare sul posto, al solo pensarci. Non ne sopravviverei. Se lui mi portasse via i bambini, ne uscirei distrutta, non riuscirei più ad alzarmi da fondo, non avrei più un motivo per mandare avanti la mia vita.