Capitolo 35 ♡ Cora

452 27 1
                                    

Stavo ponderando se riempirmi un sacchetto di caramelle o un cestino di popcorn come merenda, quando Ivan interruppe il mio treno di pensieri molto profondi.
«Sei in anticipo oggi, il tuo turno inizia fra un'ora» commentò laconico lui, aspettandosi una motivazione sul perché mi trovassi già al cinema.
«Non sapevo che arrivare in anticipo a lavoro e lavorare un'ora in più senza richiedere un pagamento extra fosse contro il mio contratto» replicai io. I popcorn in quel momento suonavano molto più deliziosi di una manciata di caramelle che probabilmente erano in quell'espositore da un paio di giorni. Se non finivano, le cambiavamo solamente di venerdì.
«Abbiamo iniziato a fare anche la sarcastica, vedo.»
Alzai le spalle. «Non avevo nulla da fare e mi serviva una scusa per scappare dal mio ragazzo, va bene?»
«Uh, si sta facendo molto interessante. Racconta di più, voglio tutti i dettagli. Tralascia le parti noiose, però.»
«Non è così drammatico come lo fai sembrare. Ho solo bisogno di stare un po' lontana da lui e riuscire a pensare oggettivamente alla nostra relazione, senza che vederlo possa modificare in qualche modo i miei sentimenti» dissi mentre iniziavo a riempire un cestello, tirando su due spatolate di popcorn.
Era dal compleanno di Dana - da molto prima in realtà - che non facevo altro che ponderare se prima avrei dovuto chiedere il parere di Flora o come sarebbe stato meglio dire ad Elia che forse non eravamo fatti l'una per l'altro come pensavo.
«Quindi lo vuoi lasciare?» domandò Ivan, rubandomi una manciata di popcorn e infilandoseli tutti in bocca in un solo colpo.
«Ho solo bisogno di tempo per pensare.»
«A me sembra che tu lo voglia lasciare. E, se vuoi sapere il mio parere, faresti bene. Non sembri molto contenta di stare con lui. Ti stai praticamente nascondendo a lavoro, se posso dirlo è un po' tanto triste.»
Tenevo lo sguardo fisso sul mio cestello, senza però mangiare nulla, come se quei semi di granturco scoppiati potessero nascondere la risposta segreta al mio problema di cuore. «Lo pensi davvero? Io non-»
«Aspetta, non è quello lì il ragazzo da cui stai scappando?» chiese Ivan, interrompendomi, il collo allungato verso la porta d'ingresso e un dito che seguiva l'entrata di Elia nel cinema.
Gli avevo detto che non potevo uscire quel pomeriggio perché dovevo andare a lavoro, non avrei mai pensato che sarebbe passato a trovarmi. Fantastico, davvero fantastico.
«Và da lui e lascialo. Ma fallo con tatto. Le lotte fra fidanzati sono molto intrattenenti, ma non voglio dover chiamare un ambulanza.»
Confusa da quella sua ultima affermazione, presi un lungo respiro e mi deciso a raggiungere Elia prima che potesse superare le porte di vetro. Non volevo che Ivan sentisse nulla di quello che ero sul punto di dire.
«Hey, cosa ci fai qua?» chiesi, suonando più infastidita di quanto realmente ero. Lui sembrò accorgersi subito del mio tono scontroso e si portò una mano alla nuca, imbarazzato.
«Volevo solo venire a trovarti e vedere se avevi bisogno di un po' di compagnia. Flora è alle prove delle cheerleader e Nicolò si vede con Diego quindi non ho nulla da fare» spiegò lui, poi scusandosi per essere arrivato senza alcun preavviso. Non avevo la minima idea che Nicolò avesse iniziato ad uscire con Diego, avrei dovuto chiedere a lui o a Flora di aggiornarmi più tardi.
«Scusa, non volevo suonare arrabbiata, non devi darmi una spiegazione sul perché sei venuto» borbottai io, abbassando la testa verso il cemento del marciapiede. Intorno a noi macchine e persone si muovevano verso posti di lavoro, case e negozi. Il cielo grigio e gonfio di nuvole presagiva che presto sarebbe venuto a piovere. Forse non era il posto migliore per parlare. «Andiamo sul retro, che ne dici?»
«Sembri un po' nervosa, c'è qualcosa che non va?» domandò lui, una volta arrivati nella zona riservata al personale. Era una semplice stanza quadrata con un tavolino di plastica e due sedie spaiate, un piccolo cucinino dove Ivan teneva sempre del cibo in scatola in caso di emergenza e un paio di attaccapanni dove potevano lasciare le giacche e i grembiuli. L'unico oggetto di decoro era una foto dell'edificio, risalente ad almeno mezzo secolo prima, appesa di fianco all'uscita d'emergenza che dava sul parcheggio sul retro.
«No» sputai fuori, velocemente. «Cioè, in realtà sì, però no» balbettai ancora, grugnendo infastidita dalle mie basse capacità oratorie.
Elia mi fece segno di sedermi su una delle sedie e lui fece lo stesso, spostando la sua sedia davanti a me, le mani appoggiate sopra le ginocchia. «Sai davvero come usare le tue parole, eh» cercò di ridacchiare, ma era già diventato nervoso. Avevo iniziato quella conversazione proprio con il piede giusto.
«Io- Io non so proprio da dove iniziare, ma dovremmo veramente parlare di una cosa.»
Elia allungò una mano verso la mia, stringendola con fare rassicurante. Un po' mi fece calmare. «Dimmi tutto, sono pronto ad ascoltarti.»
Da un lato, il fatto che fosse così gentile mi rassicurava: non poteva iniziare ad odiarmi tutto ad un tratto, giusto? Dall'altro lato mi faceva tentennare: perché dovevo ferire una persona che teneva così tanto a me? Ma Dana aveva ragione, non dirgli quello che stavo provando nei suoi confronti avrebbe solamente fatto male a lungo andare, ad entrambi.
Presi un respiro prima di iniziare a parlare, per poi non fermarmi più. Le parole mi uscirono tutte di un colpo, ma non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi mentre cercavo di tradurre in modo comprensibile i miei sentimenti. «Elia, tu sei uno dei miei più cari amici da sempre e sei davvero una persona speciale e ti meriti di stare con qualcuno che ti ami senza alcuna condizione. Mi dispiace tanto, mi dispiace davvero tanto. Volevo davvero che la nostra relazione funzionasse, pensavo davvero che tu mi piacessi. Non avrei mai accettato di diventare la tua ragazza se lo avessi saputo prima. Ma credo di non provare nessuna attrazione romantica verso di te, non so perché, ci dev'essere qualcosa di sbagliato in me.»
«Sono un po' confuso, Cora. Mi stai lasciando?» La sua voce era rotta e tremolante. Cercai di incrociare le sue iridi marroni, ma ora era lui ad evitare il mio sguardo.
«Sì» esalai con fare mesto. Finalmente riuscii a guardarlo e lui sembrava solamente... triste e desolato. Non c'era alcuna traccia di rabbia nella sua faccia, il che mi fece sentire ancora peggio.
Rimase in silenzio, fissandomi, così decisi di riprendere io la parola. «Non puoi capire quanto mi dispiaccia, Elia. È da giorni che volevo dirtelo, ma non ne ho avuto mai il coraggio perché temevo di renderti triste e non voglio certo ferirti. Avevo anche paura che avresti smesso di parlarmi e certamente non voglio perdere uno dei miei migliori amici, ma non posso stare con te.»
Iniziai a piangere, le lacrime che uscivano dai miei occhi come fiumi in piena. Mancavano solamente dei salmoni pronti a risalire la corrente.
«Mi dispiace tanto» continuai a piagnucolare, in mezzo ai singhiozzi.
«Io...» iniziò a dire Elia, per poi bloccarsi, pensieroso. Era immobile davanti a me, gli occhi persi nel vuoto. Avrei preferito che avesse iniziato ad urlarmi addosso, a lanciarmi qualcosa, a prendermi a male parole, qualsiasi cosa pur che mi dicesse qualcosa. Sarebbe andato bene tutto.
«Scusami» ripetei ancora.
Lui si alzò, le ginocchia leggermente tremolanti. «Ho solo bisogno di un po' di tempo, per metabolizzare. Ci sentiamo.»
E così mi lasciò lì, da sola, in quella piccola stanza poco illuminata, sommersa dalle lacrime e dai miei sentimenti.

Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora