Simone non riesce a credere al grado d'assurdità che la sua vita ha raggiunto nel giro di miseri, insignificanti secondi.
È colpa dell'abitudine, si dice, che l'ha portato a selezionare, tra tutti, il nome di Manuel nella rubrica dei contatti.
Il nome sbagliato, sbagliatissimo, in quella precisa circostanza.
E il cuore gli salta in gola, ch'è tutto completamente assurdo, la sua intera vita è assurda e a lui stesso pare d'essere uscito da un fottuto cliché.
E ringrazia, tra i deliri e l'imminente attacco di cuore, d'aver avuto la presenza di non spogliarsi completamente, prima di scattare. Che porsi completamente nudo difronte agli occhi di Manuel a quel modo l'avrebbe sicuramente condotto ad una morte precoce.
Prende un respiro nell'inutile tentativo di calmarsi, poi riapre la foto per osservarla meglio, e avverte, nella parte di sé stesso che usualmente tende a soffocare, un po' d'orgoglio farsi largo accanto alla vergogna e alla paura, ché in quella foto sta bene, sta molto bene, ha le labbra lucide e le clavicole in bella vista.
È studiata.
La posa e la luce scelte con cura, le labbra leccate con accortezza.
Indugia un po' sui tasti, indeciso sul da farsi, prima d'aggiungere un'ulteriore messaggio.
"Ho sbagliato. Scusa. Non era per te".
Manuel non visualizza subito. Starà lavorando, pensa.
E la risposta arriva quando non l'aspettava neanche più.
La luce del cellulare, complice il buio della stanza, per un attimo l'acceca.
Picchetta piano con le dita contro le lenzuola soffici, pondera una risposta che possa essere adeguata, inattaccabile, e intanto sente montare, nel petto, una rabbia bruciante. Che gli verrebbe comodo definirla illogica, ma Simone è fin troppo orglioso dell'onestà raggiunta nei suoi propri confronti per mentire a sè stesso, e non può evitare d'ammettere allora, almeno nell'intimità della sua stanza, che quella rabbia é in realtà figlia legittima d'una cocente delusione.
Che Simone ci sperava, infondo, d'essere destinatario di parole differenti - più dolci, magari adulatrici, peccaminose;
Che bello che sei, Simone, ho sbagliato tutto, fatti vedere, fatti vedere di più, che sei solo mio, non mandarle più a nessuno queste foto, spogliati, spogliati per me, sto arrivando, vengo da te amore, vengo a prenderti.
E può quasi sentirla per davvero la voce di Manuel scivolargli nelle orecchie, roca, viscosa quanto il miele.
Eppure, tali parole non ci sono, e la rabbia monta e la delusione pure, verso sè stesso maggiormente, che Simone null'altro anela e null'altro ha mai voluto se non quelle mani, tanto familiari quanto estranee, a correre sulla sua pelle fino a scioglierla, a trasformarla, a fonderla in unica esistenza finalmente condivisa col suo personale carnefice che noncurante nega il compiersi d'ogni suo desiderio.
E allora, "Non ti riguarda", ché se l'unica sua arma è l'essergli contrario, Simone ha tutta l'intenzione d'aggrapparvisi, incurante della malcelata petulanza del suo intento. E vaffanculo.
Invia quindi. Posa il telefono. Respira.
Finge di non attendere con ansia una risposta che, stavolta, non tarda ad arrivare.
"Non fa lo stronzo Simo'. Per chi erano?"
E Simone non capisce perché cazzo gli interessa, e non può davvero immaginare il tumulto che intanto ha preso a devastare mente e stomaco di Manuel, troppo preso dal suo proprio tumultuoso cuore.