Bussai alla sua porta lentamente, due tocchi veloci e uno piano a distanza di pochi millisecondi. Mi meravigliai di essere riuscita a riprodurre il suono che tanto speravo. Calmai il respiro prima di trovarmelo davanti. Non suonai il citofono né tantomeno avvertii della mia presenza urlando il nome. Lui aveva già capito che ero io, non serviva altro. Pochi secondi dopo il suono metallico, la chiusura scattò e un brivido di adrenalina e paura allo stesso tempo percorsero la mia schiena. 
Jake era di fronte a me, una maglietta monocolore arancione mandarino ammuffito, con qualche schizzo di pittura sparso su di essa. Dei pantaloni da imbianchino rovinati e sporchi e capelli che neanche il parrucchiere più bravo del mondo sarebbe riuscito ad aggiustare. La barba non era cambiata da qualche giorno fa, sempre la stessa era rimasta. Complimenti alla costanza.
Non era sbigottito e non aveva accennato parola, forse aspettava che fossi io ad iniziare la conversazione, in questo caso sapeva che avrebbe aspettato per molto tempo. Prese qualche minuto per scaricare una risata nervosa e puntò nuovamente i suoi occhi nei miei, tutto ciò fatto sull'uscio della porta, potete immaginare che comodità. Avrei preferito farlo sul divano visto che le mie gambe stavano per cedere. 
<<Un tè?>> Chiese facendomi spazio per entrare. Che bastardo.
<<Sai che non mi piace>> dissi superandolo. La sua casa era bianca con qualche accenno di rosso scuro, dei mobili sparsi evidentemente a caso per la stanza ed un salotto non indifferente di larghezza. Ha sempre odiato il rosso e adesso ci si dipinge casa. Appesi trovai dei quadri squallidi sulle pareti. Donne nude che piangevano, altre che mangiavano la loro prole. Paesaggi bruciati e morti, fiori secchi e senza vita, tutto completamente fuori traccia con l'ambiente circostante, ma se piaceva a lui. 
<<Non hai mai gradito la mia arte, non mi sorprende che tu abbia una faccia disgustata>> sentii dire alle spalle. Non seppi cosa rispondere ma pensandoci su forse era meglio stare in silenzio per non offenderlo. 
<<Girati>> disse ancora. Fui titubante, perché aveva un tono così cupo? Perché era cambiato così rapidamente? Decisi di voltarmi verso di lui. Alzò il braccio e con il dito destro puntò ad un lato della casa. Spostai lo sguardo verso quella direzione e l'unica cosa che potei notare era l'immenso disastro che era presente nella cucina. Barattoli di pittura buttati per terra, teloni di plastica su tutte le superfici e pennelli che sporcavano dei piattini. Al centro di questo uragano, una dipinto su tela a sfondo nero con protagonista uno spirito grigiastro con delle pennellate di bianco e marrone. Sembrava quasi un'anima perseguitata, una di quelle che non trovava pace neanche in paradiso. Veramente angosciante. 
<<Sei tu>> ero cattiva se ridevo, giusto? Stetti zitta, infatti. 
<<Sono onorata di questa cosa, ma avrei preferito che mi disegnassi viva>> risposi a questa botta. Non so se era un'offesa o semplicemente una curiosità ciò che mi disse, fatto stava che non l'avevo apprezzata pienamente. Disegnarmi come uno spirito morto e prosciugato, beh, non era il modo migliore di accogliere le persone in casa propria. 
<<Sei sempre stata morta, perché avrei dovuto dipingerti come un'anima viva e colorata?>>
<<Mi stai offendendo, per caso?>> In un modo o nell'altro lo stava facendo. 
<<No, era solo una curiosità>> ma pensa te.
Avanzò verso la sua opera d'arte e la coprì con un pezzo di carta attaccata alla tela. Aveva paura che glie l'avessi rubata per caso? Non c'era pericolo, Jake. L'aria nella stanza si fece più movimentata. I teloni di plastica svolazzarono per l'improvvisa raffica e alcuni barattoli vuoti di pittura si erano capovolti per l'eccesso di vento. 
<<Quindi niente tè?>> Sapevo che mi stava solo prendendo in giro e che mi odiava, che voleva usarmi solo per scoprire quello che faceva comodo a lui e che non sono mai stata una vera amica nei suoi confronti. Ero troppo impegnata a non farmi del male non redendomi conto che lo stavo facendo io a lui. L'unica amica che aveva e l'unica che non l'ha aiutato quando aveva bisogno. Ma non ero venuta per far riaffiorare le mie colpe passate.
<<Preferisco sedermi e parlare piuttosto che sorseggiare un tè all'inglese>> dissi adocchiando un divano nelle vicinanze, ovviamente rosso. Mi diressi verso di esso e mi sedetti tirando un sospiro di sollievo, mi stavano cedendo le gambe per quanto fossi debole. Il mio stomaco non vedeva cibo da quasi due giorni e l'acqua non riempiva, anzi, il contrario. Jake mi seguiva passo per passo fino a posizionarsi davanti a me. Lui non l'ha preso il tè. Mi studiò velocemente, passò gli occhi dai capelli fino alle scarpe sudice. Non ero un bello spettacolo, dovevo ammetterlo. In questo ci somigliavamo, quando c'era qualcosa di più importante a cui pensare, lasciavamo da parte tutto il resto anche a costo di trascurarci. 
<<Ti trovo bene>> mi sorrise gentilmente.
<<Stronzate>> sibilai. Dire ti trovo bene quando di fronte hai una persona coi capelli sporchi, vestiti vecchi, borse sotto gli occhi per la mancanza di sonno e il viso scavato per la stanchezza, credo sia veramente una fottuta cattiveria. 
<<Tu come mi vedi?>> Me lo sta chiedendo sul serio?
<<Vuoi la verità o devo mentirti?>> Chiesi, mi rispose alzando l'indice. Ovvero, la prima opzione.
<<Ti trovo una merda ma puoi stare sempre peggio>> si lasciò scappare una risata e per poco non risi anche io. Aveva una cosa bella, la sua risata era così rumorosa e divertente che riusciva a strapparti un sorriso. Forse questo mi era mancato più di tutto, la sua determinazione nel cercare di farti stare bene. Non dimenticai di tutte le volte che piansi da sola e ci fu il suo sorriso a consolarmi. Era un bravo amico, lo ero stato, fin ad un periodo. Non lasciarti andare ai ricordi, concentrati. 
<<Grazie, sei molto gentile. Come stai?>> Alzai un sopracciglio e puntai l'attenzione dietro di lui. Quello era Giove che mangiava suo figlio, che orrore. Non c'era quadro peggiore da mettere in casa propria. 
<<Non vuoi saperlo davvero, quindi sorvolo questa domanda. Tu come stai?>> Lo schernii.
<<Stiamo giocando a botta e risposta per caso? Perché se è così sai che non vincerà nessuno.>>
<<Non ho intenzione di giocare con te, a differenza tua. Sono qui per sapere della tua carriera di reporter. Vedo che sei riuscito nel tuo intento, hai il lavoro dei tuoi sogni, peccato che lo stai sprecando così>> non penso che cederà alla mia trappola, ma bisogna tentare ugualmente.
<<So già qualcosa della tua storia, tanto vale saperla tutta>> tra un sogghigno e l'altro notavo la sua pelle ricoprirsi sempre più di squame, stava diventando un serpente velenoso e non ci avrebbe impiegato tanto ad attaccarmi.
<<Lo fai perché sei costretto o perché vuoi solamente farti i cavoli miei?>> Sistemò il suo corpo sul tessuto soffice del divano che mi stava facendo salire la sonnolenza e, prima di aprire bocca e darmi una risposta, fece finta di pensare.
<<I cavoli degli altri sono sempre più interessanti dei propri.>>
<<Anche i miei?>>
<<Soprattutto i tuoi>>Li capii. Non c'era salvezza nelle sue pupille, non c'era un sentiero che l'avrebbe potuto condurre verso la luce. Non c'era pentimento per un uomo peccatore come lui. In quel momento capii che stavo sprecando forze inutili. Non so in cosa speravo, sicuramente non in questo.
<<Oh Seira, dovresti guardarti. Perché sei così sorpresa? Scoprire il passato e capirlo, non è questo che fanno i migliori amici? Allora perché mi guardi così?>> Schifoso pezzo di merda. 
<<Perché? Mi hai mai considerata una tua amica?>> Sbottai. Il viso impallidì, avevo fatto una mossa azzardata. Un passo falso nella lava di un vulcano ancora attivo. Stoppai la respirazione in circolo nei polmoni, sapevo di aver fatto una gaffe e non potevo più tornare indietro. 
<<Si>> se il mondo dovesse cadere addosso a qualcuno, dovrebbe schiacciarmi in questo esatto momento. Paralizzata da una parola composta da due banalissime lettere ma che pesavano più di un masso. Un magone, un gomitolo di lana bloccato nella gola, un buco nero che risucchiava ogni forza nello stomaco. Una risposta del genere mi stese al tappeto, nonostante conoscessi già la risposta, non mi aspettavo che la confermasse. 
<<Non sono più tuo amico, tu non sei più mia amica, siamo sconosciuti adesso quindi tutto quello che faccio e farò non ti riguarderà>> sogghignò. Sgranai gli occhi sentendoli lucidi. 
<<Ma è la mia vita quella che stai trattando nel tuo articolo.>>
<<E continuerò a trattarla come mi pare. Tanto non è la mia>> davanti a me, si era appena trasformato un serpente. 

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