.𝑉𝑒𝑛𝑡𝑖𝑡𝑟𝑒́.

27 0 0
                                    

Con le dita tremanti sfiorai l'enorme apertura sullo schiena della figura davanti a me che cercava di mantenere la calma al meglio che poteva mentre l'acqua ricca di magia gli passava per richiudere i graffi e curare le cicatrici create a causa del rito potestas tenebrarum, il rito del potere delle tenebre, il rito che da anni milioni di sovrani affrontano per poter dare conferma o approvazione agli loro "dèi" della mano del proprio compagno. Argon lo aveva affrontato, aveva vinto, ma il mio cuore lacrimò alla vista dei graffi e delle ferite che si era procurato danzando tra essere "mostruosi" o almeno con questo aggettivo me li aveva descritti Nebula. Poggiai la testa sulla spalla nuda di Argon il quale passò le sue dita fasciate quasi del tutto, sui miei capelli sciolti.

Sei uno stupido

Pensai.

La sua risposta non tardò, come se sapesse che proprio in quel momento stavo per parlargli.

La stessa identica cosa che disse mia madre a mio padre. "Sei uno stupido".

E cosa le rispose tuo padre?

Che l'amore è un sentimento che si prova una sola volta nella vita, l'amore quello vero, e che avrebbe fatto di tutto per custodire il cuore di sua moglie a sicuro, quindi ha deciso di rischiare per lei

Non mi hai mai parlato molto dei tuoi genitori

Dissi interrompendolo

Non è un argomento che potrebbe interessarti più di tanto. Te ne parlerò quando sarà il momento.

- Abbiamo finito sua maestà, per la cerimonia sarà del tutto nuovo.

Argon non disse una parola e si alzò dal letto in cui si trovava. Non fiatò nemmeno quando uscì dalla porta di quella che dovrebbe essere l'infermeria principale, nemmeno quando si voltò per incastrare i suoi occhi nei miei. Me ne andai anch'io, camminando per lunghi corridoi del castello, appoggiandomi al vetro delle grandi finestre osservando i roseti che venivano annaffianti da alcuni servi che ridevano e scherzavano tra di loro, il cielo limpido e i piccoli batuffoli che navigavano su di esso con una meta precisa. Un cappotto lungo nero attirò la mia attenzione mentre stavo per ricominciare a seguire la via per le stanze del castello. Passò in mezzo a coloro che lo veneravano salutandoli con un mezzo sorriso in volto, si sistemò meglio i guanti in pelle che indossava, per poi salire sul suo cavallo nero. Lo guardai mentre usciva dall'enorme cancello tutto solo, lo osservai fino all'ultimo secondo sperando d'incrociare il suo sguardo con il mio, ma non ci riuscì.

Un pensiero mi oltrepassò la mente. E se stesse andando a fare un'altra di quelle prove per la prossima cerimonia? Doveva di nuovo attraversare il percorso delle tenebre, per me? Voltai il mio sguardo nuovamente al di fuori dell'apertura della grande finestra deducendo che Argon era uscito dal castello tutto solo, senza nessuna guardia. Forse sta andando in città? Oppure nella sua foresta? O magari vorrà solo prendere un po' d'aria fresca? Mi sembrano sensate tutte quante eppure, decisi di seguirlo.

Cacciai dall'armadio un mantello lungo nero per cercare di coprire il mio corpo dai brividi di freddo causati dal leggero venticello che si stava innalzando attorno a me, uscì di corsa correndo sulle scale con la speranza di riuscire ancora a vedere le tracce delle impronte degli zoccoli del cavallo di Argon e con molta velocità, sfrecciai verso l'uscita del castello sotto gli occhi di tutti.


La foresta che si trovava prima del cancello era qualcosa di meraviglioso ma qualcosa di totalmente diverso da quello in cui Argon mi aveva portata e amata. Seguivo con calma le impronte lasciate sul terreno cercando di riprendere fiato poco alla volta mentre cacciavo il romanzo dalla mia borsa in cuoio (altro regalo da parte dei cittadini di Cattherdal) e lo strinsi al petto più forte possibile, come se con esso mi sentissi protetta, come se le parole recitate da Argon fossero ancora lì dentro, non smettendo mai di danzare con le altre anonime del libro. Enormi alberi iniziarono ad entrare nel mio campo visivo accompagnati da suoni sconosciuti e farfalle colorate. Seguivo ancora le leggere pressioni fatte sul terreno quando andai a sbattere contro un albero molto più alto degli altri e per un istante mi sembrò che esso sussultò per lo spavento. Ridacchiai all'idea bizzarra che si era costruita nella mia mente per poi ricominciare a camminare poggiando i miei passi su quelli del cavallo che vi era passato, formando una specie di gioco infinito.

{❦︎𝑌𝑜𝑢𝑟 ℎ𝑒𝑎𝑟𝑡 𝑖𝑛 𝑚𝑦 𝑐ℎ𝑎𝑖𝑛𝑠❦︎}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora