Siamo fregati.
Le cose sono due: o mi faccio venire in mente qualcosa subito o tutta questa sceneggiata se ne va a catafascio.
Non posso di certo riporre le mie speranze in quel novellino improvvisatore di Zac. Mi ha già causato abbastanza guai finora. Prima con quella storia del Guatemala con la giornalista, che grazie a Dio pare si sia risolta da sé, e poi quando ha accettato di andare a sparare con mio padre. Si è praticamente dato in pasto al lupo. E anche adesso, non ha inventato una minima scusa quando mio padre gli ha detto di andare nel suo ufficio. Poteva, che so, fingere un'importante telefonata di lavoro, un meeting con Hong Kong, un gran mal di stomaco, un improvviso attacco di claustrofobia o quant'altro. Ce ne sarebbero state mille di scuse da potersi inventare e, invece, lui? Che ha detto? Niente. Niente di niente. Si è limitato a seguire mio padre nella sua stanza. Ma si può, dico, essere così tanto ingenui?
E adesso tocca a me tirarci fuori dai guai, come al solito.
E, diamine, non mi viene in mente nulla!
Ho provato a distrarlo con un tanto disperato quanto improbabile tentativo di aiutarmi a cercare mia madre. Ci credo che non mi abbia dato retta, quando mai io cerco mia madre? Nel caso, cerco di evitarla.
Faccio avanti e indietro in cucina in preda all'agitazione più estrema, sotto gli occhi preoccupati di Vincent.
«È sicura signorina di non volere della passiflora? L'abbiamo anche in goccette, pare che aiutino molto sua madre nei momenti di stress».
«Grazie Vincent, ma qualche goccia di passiflora non risolverà il mio problema», continuo camminando ritmicamente.
«Capisco», annuisce comprensivo il mio maggiordomo. «Posso allora proporre del tè, magari... deteinato?»
«No, io...», sto per declinare, ma improvvisamente mi viene l'illuminazione. «Sì! Che ottima idea! Il tè!»
«Oh, bene! scaldo subito l'acqua, signorina».
«Ah, e Vincent, ci sarebbe un piccolo favore, in memoria dei vecchi tempi, che dovrei chiederti», mi avvicino a lui mielosa.
«Signorina Natalie, non porterò il tè nello studio del sig. Henderson, se è quello che intendeva chiedermi». La sua risposta mi spiazza. Questo maggiordomo deve essere fatto fuori, sa ed intuisce troppe cose.
Provo ad utilizzare uno stratagemma inverso. «Non era per niente quello che volevo chiederti, assolutamente mai ti chiederei di farlo».
«Bene. Perché suo padre è stato chiaro a riguardo: non vuole essere disturbato. E se posso, non comprendo perché lei stia cercando di impedire che parli con il signorino Zac».
By-passo totalmente la sua domanda e mi concentro sul fatto che quel diabolico del mio procreatore abbia detto anche a Vincent che non vuole essere disturbato. È una cosa seria, allora. Mi mordicchio nervosamente le labbra e poi esplodo. «Perfavoreeee Viiinceeent, ti prometto che poi farò tutto quello che mi chiederai. Tutto, senza limiti. Dimmi cosa vuoi e farò in modo che tu ce l'abbia», lo prego senza alcun pudore.
Lui mi guarda mezzo sbigottito dalla mia performance. «Natalie, la prego di ricomporsi.»
«Ok, Vincent. Quanto vuoi? Su, spara. Tutti hanno un prezzo», divento seria.
«Sembra sua madre a parlare», mi fa notare. Io vorrei urlargli che no, è la disperazione. «E comunque per quanto lei possa pagarmi i signori Henderson mi danno il doppio affinché io svolga il mio lavoro come da istruzioni».
Infame. È troppo devoto. Non c'è nulla da fare, non cederà mai.
È per questo che due minuti dopo mi ritrovo davanti alla porta dell'ufficio di mio padre con in mano un vassoio carico di tè e dolcetti.
Avendo le mani impegnate non riesco a bussare, quindi entro direttamente giocando l'effetto sorpresa.
«Ehi ehi!», esordisco poco convinta. «Ho pensato che magari volevate bere qualcosa. Ho preparato del tè», dico avvicinandomi alla scrivania a piccoli passi. «Allora, di cosa state parlando?», tento di essere allegra.
Mio padre mi guarda con aria severa, al che io poggio il vassoio e faccio due passi indietro. La sua espressione è indecifrabile e io mi sento le gambe molli. Dio, come mi intimorisce quando ha quello sguardo.
«Ho pensato che... forse...», provo a dire senza gran successo.
«Sei stata gentilissima, amore. Avevo proprio una gran sete». Zac interviene in mio aiuto e prende una tazza, lanciandomi un mezzo sorriso.
Ci avrà già scoperti? Saprà già tutto? Immagino già la sua delusione. Sua figlia che porta a casa un finto fidanzato, la vergogna, la stampa, la società.
Deglutisco a forza.
«Hai trovato poi tua madre?»
«Mmm, no», tentenno.
«Capisco. Avevo esplicitamente chiesto di non essere disturbato. Sai quanto non lo sopporti, Natalie. Sembra quasi che tu lo stia facendo apposta».
«Scusami. Non pensavo doveste parlare di cose così importanti. Ti prego di scusarmi. Esco», dico arretrando e mantenendo il suo sguardo. Poi mi giro e decido quindi di giocarmi l'ultima carta del mio mazzo.
E spero con tutto il cuore che sia quella giusta.
STAI LEGGENDO
Natale sotto copertura
ChickLitDicembre è alle porte e Natalie sa molto bene cosa significa questo: lasciare la sua amata New York e tornare a Londra per presenziare al famoso gala di beneficenza annuale che si terrà nella villa di famiglia. Non fosse per un piccolo insignificant...