Quattro

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𝐎𝐍𝐄𝐈𝐑𝐀𝐓𝐀𝐗𝐈𝐀:
𝐼𝑛𝑐𝑎𝑝𝑎𝑐𝑖𝑡𝑎' 𝑑𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑖𝑛𝑔𝑢𝑒𝑟𝑒 𝑓𝑎𝑛𝑡𝑎𝑠𝑖𝑎 𝑒 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑡𝑎'

𝐎𝐍𝐄𝐈𝐑𝐀𝐓𝐀𝐗𝐈𝐀:𝐼𝑛𝑐𝑎𝑝𝑎𝑐𝑖𝑡𝑎' 𝑑𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑖𝑛𝑔𝑢𝑒𝑟𝑒 𝑓𝑎𝑛𝑡𝑎𝑠𝑖𝑎 𝑒 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑡𝑎'

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Era davvero un bel giorno per Peter: avrebbe firmato le dimissioni a sua figlia, Megan le stava preparando al meglio la stanza per la convalescenza e, i suoi due migliori amici, avevano anticipato le scorte di cioccolata che avrebbero portato nel ...

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Era davvero un bel giorno per Peter: avrebbe firmato le dimissioni a sua figlia, Megan le stava preparando al meglio la stanza per la convalescenza e, i suoi due migliori amici, avevano anticipato le scorte di cioccolata che avrebbero portato nel pomeriggio.

Non sapeva se fosse solo un illusione nella sua testa ma l'aria aveva un tepore diverso. Una fragranza di speranza e paura. Peter sentiva che il rapporto con sua figlia si stesse finalmente solidificando, nonostante le dure verità sulla loro parentela.

Era arrivato il momento di affrontare i fantasmi del suo passato anche se li temeva come il suo peggior incubo. Ma avrebbe fatto di tutto per liberare Diana da ogni inquietudine. Sarebbe planato su ognuna di esse, radendole con tutte le sue forze.

Nel corso degli anni, Peter, aveva perso il senso del tempo per Aegir. Non ci volle molto prima che la polizia archiviasse il suo caso, riducendo suo fratello ad un semplice fascicolo cartaceo.

Lui non accettò mai che una speranza potesse finire con una decisione di un giudice. Così non si arrese, rincorrendo ad ogni minimo indizio che potesse portarlo da Aegir.

Ma le uniche notizie, durante i mesi che seguirono, furono solo un paio di lettere recapitate in modo metodologicamente inspiegabile. Sulla facciata anteriore erano state riportate solo i dati del destinatario e nessuna informazione che riguardasse il mittente. In quel caso: il vecchio indirizzo della loro casa d'infanzia. Al loro interno, contenevano frasi brevi come sto bene e non cercatemi, è meglio così.

Peter non riusciva a capire perché Aegir si limitasse sulle spiegazioni o sullo scrivere lettere con più di una frase compiuta.

Tra le tante ipotesi, pensò che lo controllassero. Si rivolse perfino ad un suo amico poliziotto - uno di cui si fidava. Gli chiese di indagare su eventuali proprietà a suo nome, carte di credito o qualsiasi altra cosa, ma Aegir era scomparso nel nulla.

Quando gli lasciò Diana sul margine della porta, aveva perlustrato fino a tre isolati dal suo quartiere con la speranza di trovarlo, di abbracciarlo e di chiedergli cosa lo avesse portato ad isolarsi dal mondo. E si chiese anche più volte come Aegir facesse a sapere l'indirizzo esatto della casa in cui lui si era trasferito con la moglie Megan.

Questo significava che lo tenesse sott'occhio, partecipando alla sua vita da lontano. Così tanto da lasciargli sua figlia, una lettera d'addio e un macigno nel cuore.

Ma la vera domanda era: perché? Cosa c'era di così diverso in lui? Perché tutto quel mistero? Ma non lo capì mai.

Prima di proseguire per l'ospedale Peter sostò ad un bar lì vicino. Acquistò la colazione preferita di Diana, sperando di renderle più dolce il rientro a casa. Ma il sorrise incastrato tra le sue labbra sparì quando imboccò il corridoio dell'ospedale. Ogni raggio di sole che gli aveva accarezzato l'umore era stato spazzato via da tuoni distruttivi.


C'era la polizia in tutto il perimetro della stanza, un brutto presentimento svolazzò già nella sua mente. Peter si avvicinò mangiandosi le parole prima ancora di pronunciarle. La paura prese il sopravvento fino ammollirgli le ossa come gomma da masticare.

Sapeva che, anche se avesse voluto, Diana non sarebbe stata nelle condizioni di scappare, di conseguenza, rimaneva solo un'altra e unica possibilità.

Quando si precipitò nella stanza la cercò ovunque, nonostante sapesse che fosse invano. Non c'è, si disse con le lacrime agli occhi. Studiò in silenzio il letto vuoto e scompigliato. Il materasso era leggermente spostato e le coperte giacevano a terra.

Un poliziotto si avvicinò con uno sguardo abbattuto: «La stavo per chiamare, signor Mitchell.»

Peter osservò l'uomo indicargli una sedia, ma lui rimase dov'era. «Cos'è successo?» Chiese con un filo di voce ma il timbro aumentò disperato: «DOVE DIAVOLO É MIA FIGLIA?»

Il poliziotto sospirò, sfiorandogli leggermente la spalla: «Andrà tutto bene, signor Mitchell.» Gli disse. «Non sappiamo cosa sia successo davvero quindi non voglio che lei pensi subito al peggio.»

Peter lo guardò come se volesse tirargli un pugno in faccia ma si trattenne. «Qualcuno l'ha vista?»

Il poliziotto dissentì.

«E le videocamere di sorveglianza?»

L'uomo si guardò prima i piedi, poi tornò di nuovo sul signor Mitchell. «É un po' complicato da spiegare. I fili di ogni videocamera sono stati rosicchiati dai topi, attraverso i muri.» Poi indicò delle annotazioni sull'agenda che aveva in mano. «La revisione di sicurezza è stata effettuata solo tre giorni fa, quindi l'ospedale non sa come spiegarselo.»

Dopodiché passo a spiegargli la procedura delle indagini ma Peter dopo aver sentito la prima frase, le altre gli arrivarono ovattate.

Fu un buon momento per sedersi, i capogiri puntellarono i suoi piedi. Non realizzava il fatto che potesse essere ricapitato di nuovo. Sapeva che il poliziotto gli aveva mentito, non sarebbe andato tutto bene. Come suo padre, Diana non avrebbe fatto più ritorno a casa.

Si sentì in colpa per non essere rimasto quella notte, doveva insistere per rimanere. Aegir gli aveva chiesto di proteggerla e aveva fallito.

Si era trasformato in una farfalla intenta a svolazzare tra tante ragnatele. Per quanto provasse ad evitarle, ci si trovava sempre imbrigliato.

***

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