La curiosità mi fa prudere le palme dei piedi; muovo dei passi in direzione del capitano e, a un metro da lui, sotto lo sguardo suo e del suo paggio, inizio a dondolare sulle caviglie, prendendomi ancora del tempo per studiarlo. Anche se i suoi occhi sono nascosti dalle lenti degli occhiali, intuisco di essere una presenza molesta per lui, ma non sarà certo questo a scoraggiarmi. Addento il labbro inferiore, aspettandomi un commento da parte sua, ma questo non arriva e sono perciò io a esordire con uno squillante: "guten Tag!". L'uomo che regge l'ombrello mi guarda con aria smarrita, come se giudicasse incomprensibile la mia volontà di approcciarmi al vampiro. Gli trema vistosamente il braccio, certamente a causa dello sforzo prolungato nel tenerlo sollevato, ma il capitano sembra ignorarlo del tutto. Questi credeva che il suo silenzio e la sua insofferenza - oltremodo ostentata - nell'avermi intorno mi avrebbero fatta desistere, tuttavia ha dovuto fare i conti con la mia cocciutaggine quando, trascorsi svariati minuti, non mi ha vista neppure vacillare, sempre col labbro pinzato tra i denti e gli occhi da cerbiatto fissi sul suo viso.«Posso fare qualcosa per voi?» Mi domanda, stizzito.
In tutta risposta, soddisfatta d'essere riuscita perlomeno a farlo parlare, mi avvicino a lui, ancora di un passo, stendendo il braccio verso una delle stanghette degli occhiali, senza tuttavia toccarlo in modo diretto.
Riesco appena a pronunciare un "perché" con intonazione interrogativa, che subito mi blocca il polso, brusco, strattonandomi fino a farmi intravedere da sopra in sotto la forma dei suoi occhi neri, duri, come duro è il suono delle sue parole nell'ammonirmi: «credi che andare a letto con von Hebel ti autorizzi a toccarmi?»
L'offesa non sortisce alcun effetto su di me, ma mi coglie impreparata e, alle sue sopracciglia corrugate, rispondo con uno sventagliare di ciglia e, solo dopo, ritraggo il braccio con uno scatto deciso, che gli fa allentare le dita e mollare la presa. «E a te cosa fa pensare di avere il permesso di toccarmi?» Gli pongo la stessa domanda, massaggiandomi il polso indolenzito. «E, comunque, non avevo nessuna intenzione di farlo.» Gli volgo subito le spalle, appena in tempo per vedere la sua espressione mutare: ora è il suo turno di sbattere le palpebre, perplesso.
Che tipo! Aveva ragione Reiner nel dire che non aveva l'aria di essere uno amichevole. Mi sarò anche presa troppa confidenza secondo i suoi canoni, ma si sarebbe potuto scansare, o avrebbe potuto semplicemente dire: "non voglio essere toccato", se proprio avesse temuto potessi farlo davvero... tirarmi il braccio, addirittura! Non avrei mai accettato l'umiliazione a testa bassa; a stento mi ero convinta a farlo con Rüdiger, perché avevo paura potesse far pagare ai ragazzi lo scotto subito - o il semplice fatto che mi avessero incontrata -, figuriamoci se mi piegherò qui, con Reiner a pararmi le spalle.
Dirigo i miei pensieri e i miei passi altrove. Torno dal sergente, che in tutto questo era rimasto in disparte, ad attendermi, per ordine di Reiner o intrattenuto dalla scena svoltasi poco fa. Aveva stretto le palpebre e un sorriso sornione aveva iniziato a delinearsi sulle sue guance prima ancora che potessi raggiungerlo. Sembra proprio che il capitano uno smacco simile non l'avesse mai ricevuto.
«Lo credo bene, che si tenga lontano dalle signore» commenta, sghignazzante.
«Reiner?» Lo interrompo, non prima di aver allungato il collo in tutte le direzioni, senza riuscire a rintracciarlo.
«È là dentro» mi dice, indicandomi uno dei blocchi alle nostre spalle. A pelle devo stargli simpatica: è piuttosto servizievole con me; si offre addirittura di accompagnarmi, anche se non ce ne sarebbe affatto bisogno. Non rifiuto. Ho bisogno di alleati; gente che non sospetti di me alla prima occasione e che dia una giustificazione a ogni mia scelta opinabile secondo il loro metro di giudizio. Non voglio mettere troppa pressione a Reiner, costringerlo a intervenire ogni volta per coprirmi.
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Unsere Schatten - Le nostre ombre
Historyczne[EX CANONE INVERSO - BEHIND ENEMY LINES] Estate, 1942. Alle porte di Auschwitz-Birkenau una ragazzina corre a perdifiato, cercando di sfuggire al suo destino. Cade dal suo scranno dorato; non sa nulla del mondo, tanto più dei bui anni quaranta, un...