Prologo

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E' il 13 Luglio 2009 e avrei preferito starmene sullo yacht privato a sorseggiare Margarita con il sole che mi picchia sulla pelle. Sarebbe stata l'estate perfetta: restare a guardare il mare e leggere uno dei miei libri preferiti. Ma chi, se non me, doveva capitare in un posto come questo? Stiamo salendo in montagna, come ogni anno e l'auto sembra quasi far fatica a terminare questa salita. Sento una puzza pessima e mi chiedo chi davvero sia così stupido da voler venire sempre in vacanza qui.

La mia famiglia, evidentemente.

"Ti prego, papà, possiamo non andarci?" gli avevo chiesto, prima di metterci in viaggio.

"Perché, Bill? É un bel posto!" mi aveva risposto, sorridendo come solo lui e mia madre sapevano fare.

Sono sempre di buon umore quei due. Non che mi dispiaccia, è solo che a volte vorrei tanto che cercassero di ascoltarmi per capire quello che ho da dire.

Mia sorella Liz, che è di tre anni più piccola, dice che sono viziato perché pretendo troppo da loro e so che é questa l'idea che posso dare, ma voglio solo fare qualcosa di diverso, aprirmi verso nuovi orizzonti, essere in contatto con il mondo esterno.

Purtroppo, peró, non vengo mai ascoltato e quindi mi tocca seguirli ovunque vanno, con la coda tra le gambe e la testa abbassata.

La macchina di mio padre si ferma nel parcheggio e noi a questo punto scendiamo, saltelliamo felici verso la nostra casa in affitto e ci impossessiamo di quelle cose come se fossero nostre. Ogni pomeriggio andiamo a fare un aperitivo, ogni sera ceniamo con le altre persone del villaggio ed infine andiamo dritti a letto. E' così ogni anno ed ho imparato il disco a memoria. Quel solito letto polveroso resta sempre lì ad aspettarmi, io mi ci butto a peso morto e sbuffo. Penso di non poterne più di questo posto, tanto che preferirei di gran lunga stare a casa con quegli amici stupidi che mi ritrovo, piuttosto che restare qui.

"Bill, guarda qui!" Liz mi tende un foglio stropicciato e rotea su se stessa, facendo un'acrobazia per poi stendere le mani verso l'alto. Credo che sia impazzita.

"Che cos'é?" chiedo, cercando di mostrare interesse.

"C'é un gruppo di canto!" lei ama cantare, ma io non ci ho mai provato, ne mai lo farò. É da stupidi, penso. E' per pochi e io preferisco ascoltarlo e basta, perchè cantare non fa per me. Sono uno sportivo, giro sul mio skateboard per il paese sfidando i miei amici. Definirli amici è davvero troppo, in realtà. Sono semplici conoscenti, ricconi con la testa tra le nuvole che credono di vivere in una torre d'avorio. Mentre io, rozzo e impertinente, con tutta l'eleganza che possiedo li metto al tappeto, metaforicamente parlando. Mio padre, però, mi tiene stretto al guinzaglio, per paura che io possa fare qualche sbaglio e ritrovarmi dietro le sbarre uno di questi giorni. Che melodrammatico.

Liquido Liz con un sorriso e mentre lei va a raccontarlo ai nostri genitori, io raccolgo quelle poche cose che ho messo nello zaino, svogliatamente. Mi muovo con pigrizia e un libro mi scivola tra le mani e cade a terra con un tonfo pesante.

All'alba della medicina.

É assurdo il fatto che io non abbia il coraggio di dirlo a mio padre e debba studiare di nascosto, quasi fosse un reato. Ho cercato di dirglielo così tante volte che probabilmente anche i muri di casa nostra hanno imparato la sua risposta.

"No, Bill, il medico é uomo di scienza, devi fare il militare."

Quante volte avrei voluto ridergli in faccia mentre lo dice: è inconcepibile che un figlio debba seguire le orme di suo padre soltanto per mantenere alto il proprio nome. I militari sono uomini di guerra, io sono un uomo di pace e preferisco curare e portare un sorriso sul volto di qualcuno, piuttosto che sparare a sangue freddo chi della morte non ne ha mai abbastanza.

Balli Proibiti!Larry StylinsonAUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora