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"Alzati" mi ordinò Gabriele, con tono duro.
Vedendo che faticavo ancora a rispondere ai suoi stimoli, mi prese da un braccio e mi tirò su violentemente.
Sbarrai gli occhi, stizzita, in quanto già avevo ribadito il mio malcontento per quelle modalità.
Lo allontanai da me provando a metterci la stessa forza, con risultati evidentemente scarsi.
Il tutto fu accompagnato da uno sguardo glaciale.
"Ti ho già detto che non devi toccarmi così"
Lui sorrise
"In altri modi ti andrebbe bene, invece?"
Aggrottai le sopracciglia, assumendo un'espressione ancora più dura.
Volevo replicare, ma non mi diede abbastanza tempo
"Muoviti, voglio andare a prendere i posti."
Il tono era freddo e non ammetteva possibilità di discutere.
Poi mi pose il braccio, incitandomi ad aggrapparmi a lui.
Ovviamente, era l'ultima delle mie intenzioni.
Gabriele poi si guardò in giro e anche io seguii il suo sguardo dopo qualche istante.
In quella stanza tutti ci stavano guardando.
Anzi, squadrando.
Inoltre i loro sguardi non esprimevano approvazione.
Alcune signore alla mia destra sorseggiavano dello champagne mentre mi osservavano, curiose.
Ad una scappò anche un breve risolio.
La tentazione di andarmene si fece ancora più forte: in nessuna delle mie tante serate mi ero sentita così sotto osservazione, come se fossi un animale da passare sotto esame per portarlo al macello o meno.
Con riluttanza, afferrai il braccio di Gabriele, fingendo un sorriso in grado di far capire a tutti i presenti che andava tutto bene.
Sapevo benissimo che in quel momento non andava bene nè a me, nè a lui, ma era la cosa giusta da fare.
D'altronde per determinati costi, si pretende un prodotto altrettanto buono.
Passammo attraverso il salone d'ingresso con gli occhi di tutti puntati addosso, come se fossimo estranei, come se per la prima volta un membro della famiglia Leonardi avesse messo piede in quel palazzo.
Forse lo era? In ogni caso non avrei potuto saperlo dato che avevo palesemente deciso di ignorare il fascicolo su Arturo quel pomeriggio.
"Non avresti dovuto fare quella scenata" sibilò Gabriele, continuando a mantenere un sorriso falso quanto il mio.
Neanche io smisi di sorridere, mentre alcuni signori accennavano dei saluti cordiali con la mano.
"Non sono io quella che ti ha tirato su di peso nel mezzo del salone di ingresso"
Gabriele scoppiò a ridere stavolta, conducendomi, stavolta dolcemente, davanti a lui per farmi passare attraverso la massa di gente che tentava di dirigersi nella sala principale.
Con una mano mi teneva la schiena, con l'altra mi cingeva la spalla destra e i suoi ricci scuri e spettinati mi sfioravano le orecchie.
Il suo profumo, inoltre, era così forte che a quella distanza era quasi fastidioso per il modo in cui pervadeva nelle mie narici.
"E io non sono quello che è rimasto impalato davanti ad una platea di gente che fissava curiosa la scena."
Sospirò, quasi sinceramente dispiaciuto.
" Penso che tutti, al di fuori della moglie, siano a conoscenza delle "avventure" extraconiugali del magistrato Consonni e non devi essere tu ad aumentare i sospetti della moglie con delle reazioni definibili per così dire..." fece una breve pausa, nella quale si riaggiustò i capelli ribelli sul viso. "...ecco, sconvenienti."
Mi girai per replicare, sbarrando gli occhi, ma mi girò nuovamente verso la direzione opposta, con la stessa velocità con cui mi ero voltata io, così velocemente che chi non fosse stato attento, avrebbe potuto dire di non avermi visto muovere.
"Sconvenienti?"
Cercai di liberarmi dalla sua stretta, ma era troppo forte
"Esattamente"
Risi esasperata.
"Non sapevo che nel vostro mondo fosse normale tradire la propria donna e soprattutto farlo con così tanta spregiudicatezza quando si è di fianco a lei".
Sottolineai con forza la parola "vostro".
Non sarei mai voluta appartenere a quel tipo di mondo se era veramente così.
Nella maggior parte delle serate non venivano fuori dettagli privati dei clienti o delle loro conoscenze e di conseguenza tutto rimaneva più facile: qualche parola veloce sulle preferenza politiche del momento e qualche discorso sulla borsa e la serata andava divinamente.
Il tutto scorreva ancora più liscio se tra una parola e l'altra si beveva un bicchiere di vino in più.
Al contrario, conoscere in queste occasioni diventava quasi una sofferenza, in quanto dietro a un grande uomo o dietro una grande donna, non ci sono solo le azioni più lodevoli, ma anche i più oscuri dei segreti.
Probabilmente il segreto del signor Consonni era uno dei più innocui tra quelli che sembravano aleggiare nell'aria quella sera.
"Sicuramente non è compito tuo giudicare."
Superata la massa mi riprese il braccio, ancora con maniere dolci, e mi fece una breve carezza sul viso.
Provai a spostarmi, ma la sua presa si spostò sui capelli, tenendomi ben stretta a sé.
Di nuovo, aggrottò le sopracciglia
"Ora sorridi, annuisci e prova a fare qualche discorso intelligente con gli ospiti."
Si avvicinò al mio orecchio e, per mantenere la farsa, mi mise una mano sul ventre, tirandomi più vicina a lui.
Io, in verità, in quel momento desideravo solamente allontanarmi il più possibile da lui.
In tutti i suoi modi c'era qualcosa che non mi convinceva.
Troppo lunatici, in alcuni casi sembrava avere reazioni addirittura esagerate.
Il suo sguardo per giunta era fin troppo gelido.
Mia nonna mi diceva sempre che dagli occhi delle persone si può capire un universo intero.
Ho sempre pensato che questa teoria fosse una grande menzogna, soprattutto detta da una signora che capiva a malapena il pullman da prendere per andare in chiesa.
Ricordai le sue parole in quel momento.
Certamente quello sguardo non mi avrebbe fatto capire l'universo, ma diceva tante cose e nessuna di queste mi portava a pensare a qualcosa di positivo.
"Ti ho pagato per questo, ricordatelo".
Si mosse avanti, ma mi aspettò per tendermi la mano.
Cercai di vedere attraverso la massa l'uscita, ma tutto ciò che scorsi era un buio pesto, nel quale si intravedevano solo pochi, pochissimi punti di luce.
Amara diventava la conclusione che il buio, invece, era in quel salone scintillante e i peggiori mostri erano nella stessa stanza in cui mi trovavo io, che mi osservavano attentamente, ad ogni passo che facevo.
Sarebbe stato molto più semplice se, come quando ero piccola, avessi potuto in quel momento afferrare la mano di mia madre e tentare di trovare sicurezza in quella, cercando di far sparire tutte le mie paure.
L'unica mano che però mi fu tesa e che afferrai con riluttanza in quella serata, fu quella di Gabriele

the last memory of usDove le storie prendono vita. Scoprilo ora