3 L'erba cattiva non muore mai.

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Sono in macchina e sto parcheggiando vicino la mia università. Da quella festa è passata ormai una settimana e di Andrea non ho visto neanche l'ombra.

D'altronde che mi aspettavo?

Prima di andare a lezione decido di passare dalla caffetteria del campus anche se non è mai stata una mia abitudine, l'ultima volta che sono andata è stata più o meno tre mesi fa.
Appena entro dalla porta sento il campanello posizionato sopra quest'ultima suonare.
Il locale è abbastanza carino, direttamente di fronte l'entrata si trova la postazione della cassa e alla sua sinistra un bancone in cui fanno le bevande e hanno in esposizione i vari dolciumi.
Le pareti sono bianche e su di esse sono appesi tanti quadri che raffigurano diverse città, da Londra, Berlino e persino Roma.

"Buongiorno, dimmi tutto!" Mi chiede gentilmente il ragazzo dietro la cassa.

"Buongiorno, un cappuccino e un cornetto vuoto per favore." Ricambio il sorriso, pago e mi sposto verso il bancone poggiandomi leggermente con gli avambracci.
Osservo la maestria con la quale il ragazzo prepara il cappuccino, una volta che ha finito posa il mio ordine sulla superficie di legno.

"Buona giornata, alla prossima!"
Saluto di rimando con un sorriso e cammino verso l'uscita. Mentre sono quasi arrivata alla porta faccio scivolare per sbaglio dalle mie mani la busta di carta nella quale avevo il cornetto. Mi chino per raccoglierla e nel momento in cui sono quasi di nuovo in piedi mi scontro con una persona, l'urto mi ha fatto ricadere a terra facendomi rovesciare il cappuccino sulla mia giacca.

"Ma insomma, guardare dove si cammina no eh." Il tono della mia voce è infastidito, anzi quasi incazzato.
Osservo il mio petto e noto che la macchia è più grande di quanto pensassi.

"Oddio, scusami ero distratta."

Questa voce la conosco.

Alzo lo sguardo e i miei occhi si incastrano nei suoi color nocciola, mi sta tendendo la mano e appena lei mi riconosce mi sorride.
Ignoro la sua mano e mi alzo velocemente raccogliendo il bicchiere ormai vuoto insieme la busta di carta.
Noto che sta per dire qualcosa ma il ragazzo che stava prima dietro la cassa la interrompe venendo verso di noi.

"Stai bene? Ti sei fatta male?" Chiede preoccupato poggiandomi una mano sulla spalla.
"No grazie, tutto bene."

Rispondo scorbutica e senza aggiungere altro esco dal locale. Mi fermo appena raggiunta una panchina poco più in là, poggio sopra il mio zaino nero e mi sfilo la giacca sporca.
Impreco mentalmente.

Non è stato il migliore dei modi di rivederla.

Mi accendo una sigaretta e faccio tre tiri di fila per sbollire la rabbia, per mia grande fortuna stamattina ho deciso di mettere una felpa quindi non congelerò più di tanto.

"Ehm Kate, scusami ancora." Mi giro verso Andrea che mi ha raggiunta, ha un'espressione accigliata e mi porge un bicchiere.
"Tranquilla." Sospiro.

Mi prendo qualche secondo per guardarla.
Ha indosso una felpa nera con un giubbotto di pelle dello stesso colore, un jeans strappato anch'esso nero e delle Nike bianche.
I capelli sono sciolti lasciando libere le onde lunghe e ha un paio di occhiali da sole alzati sulla testa.

"Tieni, offro io. Prendilo come un segno di scuse." Insiste lei.
Afferro il bicchiere.

Perché non riesco più a proferire parola?

"Ti sei fatta male?" Insiste lei.

Scuoto la testa riprendendomi da quello stato di trans in cui mi trovavo.

"No non mi sono fatta nulla, non posso dire lo stesso per il mio giubbotto." Dico sarcastica indicando la panchina con la testa, la macchia ormai si è asciugata.
Andrea si gratta la nuca in imbarazzo.

Inaspettatamente Lei.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora