𝐒𝐇𝐄 | laufeyson.

BICCHIERE

"QUINDI..." mormorò Thor, spostando con delicatezza vari libri dall'alto dei ripiani della sontuosa libreria di Isabel. "Come sta procedendo Loki?" Domandò con curiosità, scrutando attentamente i nomi di filosofi, psicoanalisti e scienziati immortalati sulle copertine.

"Bene," sospirò Isabel, liberando l'aria dai suoi polmoni con la grazia di chi svela un segreto prezioso. "Ha fatto notevoli progressi," l'enunciazione di Isabel avrebbe potuto facilmente sembrare un'antifrasi, considerando il fiume di vite che lui aveva spesso tragicamente deviato, senza che il rimorso varcasse mai la soglia del suo cuore. "Sono profondamente orgogliosa di lui, sul serio. Spero che anche la corte degli Immortali lo riconosca."

Thor scosse le spalle e, con una mossa maldestra di troppo, i libri della ragazza caddero in un fragore di pagine e copertine. Isabel portò una mano alla fronte, trattenendo a stento una risata, mentre il Dio del Tuono iniziò a inciampare tra parole incomprensibili, che parevano oscillare tra scuse e imprecazioni. Il suo atteggiamento goffo e impacciato, simile a un cucciolo appena svezzato, fece intenerire il cuore della ragazza.

"Thor, Thor, Thor!" esclamò tra una risata e l'altra. "Ferma, lasciali così, penserò io a rimetterli a posto."

"Mi dispiace," sospirò Thor con un'espressione di pentimento dipinta sul volto, allineando le labbra in una curva retta che tradiva un lieve broncio di dispiacere e frustrazione. "Gli altri ci stanno aspettando. A meno che tu non voglia incontrare solo Loki o Bucky, credo sia giunto il momento di proseguire."

Isabel posò lo sguardo sull'orologio da polso, scrutando le lancette con l'attenzione di un'arpia scruterebbe il volo di un'aquila: 19:47, erano in ritardo. I due si erano persi in un intrigo di chiacchiere frivole e pettegolezzi, dimenticando completamente quanto Loki e Bucky amassero spingersi l'uno contro l'altro, come gli dei dell'Olimpo, sfidandosi fino a ferirsi, come Ares e Afrodite nel loro eterno gioco di passione e conflitto. Erano come cani e gatti in eterna contesa, esseri troppo simili e allo stesso tempo così diversi che trovare un terreno comune per dialogare serenamente era un compito tanto arduo quanto l'attraversamento dello Stige.

Entrambi condividevano una profonda e incontenibile rabbia verso chiunque osasse ferire Isabel o metterla in pericolo, proprio come il titano Prometeo, legato a una roccia e torturato ogni giorno dall'aquila che divorava il suo fegato, solo perché aveva osato sfidare il destino divino per amore dell'umanità.

Isabel, con occhi ammirati e sorpresi, osservò Thor indossare abiti normali per la prima volta. Era come assistere alla metamorfosi di un dio, il suo corpo imponente e scolpito racchiuso in una semplice maglietta verde e jeans comuni, come Zeus che decideva di abbandonare i panni dell'immortalità per mescolarsi tra gli uomini.

"Ieri ho avuto un incontro con i Supremi, o meglio, con il loro segretario..." Thor parlava con calma, ma il suo tono era avvolto da una tensione contenuta, come se stesse svelando segreti degli dèi in un luogo sacro. "Hanno espresso la necessità di ottenere ulteriori informazioni su Loki, poiché la loro fiducia non è ancora completa... ma li ho quasi persuasi."

Thor aggrottò le sopracciglia, il suo sguardo penetrante rivelava la sua incertezza.

Anche Isabel nutriva un profondo senso di protezione per il suo amato e avrebbe affrontato qualsiasi minaccia pur di difenderlo, come una dea guerriera determinata a proteggere il suo amato. Il segretario dei Supremi era un uomo dall'apparenza modesta: i capelli pettinati all'indietro con eccessivo gel, abbigliamento elegantemente stirato, occhiali che ingrandivano i suoi occhi, un modo di parlare ponderato con sillabe che si trascinavano e frequenti pause, come un mantello di incertezza.

Con lui, non servivano le maniere brusche, perché Loki l'aveva raggiunto all'interno della struttura, mostrando ancora una volta la sua diffidenza nei confronti del mondo esterno quando si trattava di proteggere Isabel, come un custode degli inferi geloso del suo tesoro.