EPILOGO

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Tre mesi dopo, su Asgard

| LOKI POV

"Loki..."

Aprii lentamente gli occhi, ma il peso del dolore li rendeva pigri, quasi riluttanti a muoversi più rapidamente di quanto volessero.

"Thor," risposi freddamente.

Cercai di proseguire, ma la colpa mi schiacciava come un macigno. Mi sentivo irrimediabilmente cambiato, nonostante i numerosi tentativi di tornare a essere quello di prima.

Isabel, tu avevi lasciato un segno indelebile nel mio cuore, un'incisione troppo profonda da rimarginare da solo.

Perché te ne sei andata, Isabel?

Ormai non avevo più la forza di sostenere conversazioni più lunghe di qualche misero minuto.

Diventai irascibile, scontroso e troppo vulnerabile.

Mio fratello continuò a cercare di darmi conforto, facendo il possibile per restare al mio fianco nonostante le mie risposte secche.

Grazie alle tue richieste, Isabel, non vagavo più per la mia città nativa come un reietto, e nessuno aveva più tentato di rinchiudermi in una cella o in una gabbia. La mia unica tregua era sopportare e isolarmi da chiunque. Queste erano le uniche due parole che riuscivano a tenermi in piedi.

La notizia della perdita del mio unico e più grande amore si diffuse rapidamente, e ricevetti lettere da parte del team con innumerevoli messaggi di condoglianze e inviti.

Da mesi ormai non potevamo più definirci una squadra. Ognuno di noi aveva preso una strada diversa, e io ne ero grato.

In un mondo popolato da corpi senza uno scopo vitale, mi sembrava di essere circondati da ipocriti.

"Andiamo a fare una passeggiata?" Thor mi chiese con voce impregnata di tristezza.

Dopo la morte di Odino, aveva preso il suo posto sul trono.

Mi chiese se volessi prendere il suo posto. Se mi avesse fatto questa domanda due anni fa, non avrei esitato un istante, ma ormai avevo trovato il mio vero trono, ed esso giaceva nel cuore di Isabel.

Prima di rispondere, mi alzai per andare a prendere un bicchiere d'acqua e riempirlo, ma prima lo guardai... Era vuoto, come il mio animo. Pieno di niente, come i miei occhi. Sorrisi amaramente e scossi la testa. Risi perché questa situazione sembrava riflettere così bene il mio stato d'animo.

"Sì, certamente," risposi infine.

Sorseggiai il mio drink mentre i giorni si susseguivano senza che riuscissi a percepire il passare del tempo.

La mia stanza era diventata una prigione dove perdevo ogni cognizione del mondo esterno.

Non sapevo più quando trascorressero le ore, i giorni, o se il tempo scorresse veloce o lentamente.

L'unico momento in cui lasciavo la mia prigione era di notte, quando uscivo per scrutare il cielo stellato, cercando tra quelle stelle la donna per cui avrei dato il mondo intero.

I figli di Thor, frutto dell'unione con Jane Foster, correvano felici per i corridoi del castello, e quando li sentii ridere e causare un po' di caos, mio fratello emise un urlo di rimprovero, cercando di richiamare l'ordine.

"Ragazzi!" li sgridò con tono severo. "Andate fuori a giocare, non qui nel castello."

I due bambini abbassarono lo sguardo, esprimendo un sincero pentimento, quindi lasciarono la sontuosa dimora per divertirsi nei vivaci cortili di Asgard.

𝐒𝐇𝐄 | laufeyson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora