28 - Questioni di famiglia (II)

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Ariete
"Marte retrogrado significa una cosa sola: allacciate le cinture, iniziano i drammi"


Sollevai la testa dal pavimento, allungando il collo per catturare la cannuccia del mio milkshake. «Odio i maschi» biascicai con la bocca piena.

Un gorgoglio accanto a me mi fece capire che anche Alison stava finendo il suo bicchiere. «Lo so! Perché non possono essere come i ragazzi dei libri che leggiamo?». Voltai il capo nella sua direzione in tempo per vederla buttarsi nuovamente a terra. Ci trovavamo su una sorta di terrazzino scavato nel tetto della villa dei Case. Avevamo dovuto introdurci nella camera di Alex per accedervi, ma Alison aveva insistito dicendo che nella sua stanza non saremmo mai state tranquille. Beh, aveva ragione, perché eravamo spalmate su quel pavimento da due ore e nessuno ci aveva ancora trovate.

«Non lo so» esalai, tornando a guardare la distesa boschiva davanti a noi. «Con tutti i Jace Herondale e i Rhysand che ci sono nei libri, io mi becco solo...».

«Mio fratello» m'interruppe lei. «Tu ti becchi mio fratello».

Aprii la bocca per ribattere, ma mi bloccai un istante dopo. Aveva senso mentire ad Alison? Probabilmente no. «Non so perché non lascio perdere con lui» ammisi, forse per la prima volta persino a me stessa.

Odiavo essere in balia del suo umore, ma odiavo ancora di più la passiva tenacia con cui mi mettevo seduta ad aspettarlo ogni volta. Il mio rapporto con Christian era tutto ciò che avevo sempre odiato delle relazioni altrui: perenni scontri, bugie, sfiducia. Eppure, mi ritrovavo sempre in attesa di un suo gesto, di una sua parola, del suo ritorno.

«Non scegliamo a chi voler bene».

La voce di Alison mi riscosse. Mi voltai nella sua direzione. «Scusa?».

Ancora sdraiata a terra, la vidi alzare le spalle. «Non scegliamo a chi voler bene, anche se non se lo merita o anche quando ci ferisce».

Già, aveva ragione e forse Christian non era l'unico a beneficiarne. Quante volte mi ero chiesta cosa avessi fatto per meritare Laya ed Effie? Probabilmente niente, ed era per questo che ero felice del fatto che non si potesse assegnare un valore al bene che volevamo alle persone. Con tutte le pessime decisioni che prendevo ogni giorno, non ero infatti sicura che ne sarei uscita vittoriosa.

Alison rotolò su un fianco per osservarmi meglio. «Comunque ti assicuro che la stronzaggine non è genetica e io sono molto più carina dei miei fratelli».

Sorrisi, ma non potei impedire il brivido che mi scosse la spina dorsale.

Genetica.

Era dura pensare che ci fosse una sorta di destino scolpito nel nostro DNA. Io forse non avevo idea di quale fosse il mio, ma sapevo cosa sarebbe successo a Christian se avesse continuato a giocare a football.

«A proposito di genetica...» iniziai incerta. Non sapevo da dove cominciare.

Alison si mise a pancia in giù, lasciando che i capelli biondissimi le si posassero sulle spalle come una coperta. «Avanti, spara. So che mi hai scritto per chiedermi qualcosa».

Avrei voluto dirle che le avevo scritto per parlar male di suo fratello, ma non era vero. Avevo bisogno che qualcuno mi dicesse che Alex e Christian stavano bene e non potevo chiederlo al primo, non se c'era di mezzo anche la sua salute. Solo Alison poteva darmi quelle risposte. «Sono preoccupata per Christian». Lei restò in silenzio, segno che mi stava ascoltando. «So dell'HCM» ammisi senza tanti giri di parole.

Il sospetto incrinò la sua espressione. «Immagino che te ne abbia parlato lui» disse incerta.

Feci ciondolare il capo. Me ne aveva parlato per poi rimangiarsi tutto un istante dopo. «Vorrei solo sapere se sta bene».

Stelle avverseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora