Ero appollaiato sulla mia roccia, la pelle di capra mi copriva quasi interamente. All'alba le ninfe erano spesso nei sentieri, sparse."Dioniso, dove ti sei nascosto? Hai vinto, sei introvabile!" La voce di una di loro era soave, cercava di farmi uscire allo scoperto.
Ma decidevo io quando uscire, sempre.
Mi dicevano che ero testardo. Oh, si che lo ero! Ma per me era sempre tutto un gioco. O almeno lo credevo."Sileno è al ruscello. Andiamo a giocare lì?"
Sentii dalla direzione opposta.
Senza fare rumore mi spostai a quattro zampe, per prendere la ninfa di sorpresa. Quando le fui accanto emisi un grugnito profondo, e lei sobbalzò emettendo un urlo secco."Avanti Dioniso! Lo sai che sono sensibile" si lamentò.
"Non mi divertirei sennò" Risi io, fuggendo verso il rivolo d'acqua.
Arrivai lanciandomi in corsa scansando un masso scuro nell'acqua cristallina. Sentii urla di paura e poi solo bollicine.
Mentre risalivo in superficie vidi una mano allungarsi nell'acqua, ma non riuscii ad invertire a rotta. Mi acciuffò per un braccio e mi tirò fuori lungo lungo. Non potevo più sfuggire, oramai."Dove ti eri cacciato, piccolo birbante!" Gracchiò Sileno. "Io me ne infischio dei tuoi avi! Sei stato affidato a me dalle ninfe. Fattene una ragione."
"Ma io voglio giocare." Dissi mettendo il muso.
"Ti lascerò zampettare ovunque tu voglia quando avremo finito."
"Ma il campo di vite è immenso!"
"Lo è solo se non cominci ancora. Dobbiamo controllare i ceppi e null'altro. Assicuriamoci che si mantengano sani. La raccolta dell'uva si avvicina e l'elisir degli dei deve essere al suo meglio anche quest'anno. Non vorremmo mai che tuo padre Zeus abbia da ridire sul nostro operato!"
"Uff" sbuffai rumorosamente, per essere sicuro che mi sentissero tutti, e tutte.
Sciolsi le braccia annodate al petto e mi avviai sbattendo i talloni sul terreno roccioso. Probabilmente non stavo facendo altro che ferirmi inutilmente.
"Tze, cocciuto come un mulo" sogghignò il vecchio satiro.
"No, come una capra" ribattei io. Dovevo avere sempre l'ultima parola.
Senza fermarmi neanche davanti alla recinzione, mi addentrai nelle viti. Sembravano infinite, era la nostra ragione di vita. Per anni fui convinto di essere stato messo al mondo solo per quello scopo: curare le vigne.
I miei genitori mi abbandonarono prima che io nascessi.
Mia madre era una donna mortale. Aveva l'unico peccato di essersi innamorata di un Dio. Ma questo non potevo ancora comprenderlo. Non capivo neanche perché fosse morta, o non lo accettavo. Io amavo solo quella pelle di capra con cui andavo ovunque. Ero circondato da ninfe bellissime, ma mi sentivo in trappola. Eppure, erano casa.Mio padre, invece... Quando scoprii chi fosse fu un vero trauma. Essere figlio di un dio dava un certo riguardo. Ma essere figlio di mio padre, era una sciagura. Era proprio il motivo per cui le ninfe mi tenevano nascosto sul Parnaso. Zeus aveva amato mia madre, più che le altre, al punto di salvarmi dal mio triste destino: la vendetta di sua moglie Hera.
La prima volta nacqui prematuro, per mano di mio padre. Quando sua moglie uccise mia madre tentò di sottrarmi alla morte facendomi completare la mia gestazione posto all'interno della sua gamba. Poi nacqui ancora.
Ero circondato dalle ninfe, dalla natura, sotto la guida di Sileno. Appresi subito da lui cosa fosse l'ebbrezza, quella vera. Quella che ti inebria di vita e ti rigenera.
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Nella mia natura
Romance🔺 Attenzione 🔺 Comprende contenuti maturi contrassegnati come tali all'inizio del capitolo che li racchiude. Spesso viene utilizzato un lessico poco appropriato ad un pubblico sensibile. GRECIA, anni 2020 Aura è in fuga dalla sua vecchia vita. F...