24. Aspettati l'inaspettato

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La neve cade sciogliendosi a contatto con la mia pelle spoglia. Passi ovattati si confondono con rumori di fogliame. I battiti del mio cuore sconquassano il silenzio di questa notte così placida e i miei sogni scuotono l'aria dal profumo così dolce.

Il sogno si dirada, piano piano perdo il mio stato di incoscienza e ricordo dove mi trovo: sono tornata nel bosco di Delfi sperando di trovare Dion, lì dove l'ho visto fuggire arrabbiato ieri, ma non si è visto per tutta la sera. Mi sarò addormentata nell'attesa. Nel frattempo il fuoco sembra aver ripreso la sua foga, ci sono grossi nuovi ciocchi di legno che io non ho di certo sistemato lì, stanno cominciando a essere avvolti dalle fiamme. Perché io non ho sentito nulla?

Non è tanto la stranezza delle immagini create dalla mia mente della neve a luglio, quanto il fruscio alternato dei rami che mi fa trasalire. È la paura, l'essere qui sola, nell'incoscienza del riposo. Mi giro su una spalla, chiedo velocemente.

"Chi c'è? Ho un'arma!" Sono una bugiarda.

"Se ti avessero aggredita nel sonno ora saresti stata in mano a chissà quale malintenzionato, o morta." La voce calma, calda, proviene da uno di questi alberi. "Cosa ci fai qui?"

I miei occhi cercano Dion, il mio Dion. Allo stesso tempo cercano il dio dell'ubriachezza, che la mia mente aveva negli anni immaginato diversamente, senza sapere come si sta per rivelare a me. Scende da una chioma, si poggia sul ramo più basso, quasi al centro del tronco di ulivo. Lo vedo acquattato con le gambe piegate.

Come un primate, è appeso con le braccia allungate da un ramo alto. Ha la testa penzoloni e poggia la tempia su un avambraccio, i capelli gli cadono appena sugli occhi.

"Dimmi qualcosa, qualsiasi. Ma non lasciarmi in sospeso." Lo sento sospirare.

"Scusa." Non riesco a guardarlo in faccia.

"Va bene, errore mio. Non intendevo qualsiasi cazzata." Il suo tono s'indurisce.

Mi spiazza. Di scatto alzo lo sguardo con gli occhi sgranati, spaventata. Il respiro accelera senza volerlo ma non reagisco. Mi vergogno di aver reagito come una matta ieri notte, non so come dirgli che mi dispiace.

"Eppure ieri avevi la lingua lunga..." Sorride scendendo dall'albero. Il ciuffo di capelli ribelle gli scivola su un lato, sporco di cenere. Quante volte si sarà tirato indietro quella ciocca dal nervoso!

"Perché sei tornato?" Bisbiglio alzando lo sguardo.

"Non vuoi vedermi? Chiaro, mi giudichi un bugiardo. Come potresti..."

"No!" Strillo isterica. Dion si blocca, mi dà le spalle. "Non intendevo dire che non ti voglio vedere, ma sono sorpresa. Nonostante ciò che ti ho detto ieri sei tornato qui." Ma volevo dire: da me. Spero di essermi spiegata meglio. Come ogni momento critico il mio cervello non dà il meglio di sé mettendo insieme parole facilmente equivocabili. Sempre. "Ti prego, non andartene." Mi trema la voce.

Il montanaro si schiarisce la voce, tira su le spalle e si gira piano nella mia direzione. Appena i suoi occhi sono su di me alzo involontariamente la mano verso di lui, col palmo all'insù. Credo che non stesse aspettando altro, in pochi passi è davanti a me e mi stringe forte nell'istante in cui le sue labbra incontrano le mie. Mi solleva e sento il suo palmo che si apre sulla mia schiena, mi spinge sulla sua lingua che mi cerca. Io per non scivolare lo blocco al collo abbracciandolo. I miei capelli ci circondano creando il buio attorno.

Posso sentire tutta la tensione che si scioglie tra noi. I battiti dei nostri cuori cozzano tra di loro, in una sinfonia stonata ma decisa. Non so cos'è questo, quale sentimento si sta affacciando. So che devo capire tante cose di lui, ma anche di me.

Nella mia natura Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora