Dopo la conversazione con Jake mi recai dalla polizia per far eliminare ogni prova in merito all'incendio della mia famiglia. Mi diedero la loro parola di non diffondere ulteriori informazioni ma la percentuale su cui potevo crederci era molto bassa se non quasi inesistente. Inventai la scusa che la famiglia a cui avevo chiesto il permesso di parlare dell'incendio mi aveva contattato chiedendo di mettere a zero tutti quei pettegolezzi che correvano alla velocità della luce. Fortunatamente parevano crederci e sperai che rispettassero le condizioni stabilite. So che era troppo tardi, tornare cinque anni dopo non aveva senso ma al momento era l'unica cosa che potevo fare. Dopo l'incendio io scappai da quella casa, senza chiamare aiuti, corsi semplicemente via respirando per la prima volta aria di libertà. I corpi dei miei famigliari furono irriconoscibili, bruciati. Nessuno era riuscito a collegare la nostra parentela, almeno non fino ad ora. Mi incamminai verso la macchina dove mi stava aspettando Valentín. Era seduto dal lato del guidatore col telefonino in mano, il capo abbassato e il braccio dietro la testa. Sentii un vuoto allo stomaco travolgermi e respirai a pieni polmoni prima di entrare. La sua presenza era pura dinamite ma dovevo contenermi, vedere che lui era così calmo con me mi rendeva solo più nervosa. Mi chiesi quanto effettivamente lui si fidasse di me per portarmi dovunque voglia, non scappando con in mano la mia macchina. Quando mi sedetti, con la coda dell'occhio notai il suo cambio di postura. Aveva raddrizzato la schiena e posato il cellulare vicino al freno. 
<<Ho sentito parecchio baccano prima in studio>> accese il motore e fece retromarcia poggiando il braccio sul mio sedile e girando lo sguardo indietro per regolarsi meglio e non urtare la macchina posteriore. Aveva degli occhi cerulei sovrannaturali e un po' di barba che minacciava di crescere se non l'avesse rasata. Il suo campo visivo si spostò su di me e per la ravvicinata posizione mi allontanai. Nessuno dei due prese parola ed io feci scomparire quel minuscolo sorriso che si era impossessato delle mie labbra su cui il suo sguardo si spostò seguentemente. 
<<Non vuoi spiegarmi cosa è successo così tanto da sconvolgerti?>> Saltai nei suoi occhi, prima destra e poi sinistra e viceversa senza fermarmi. Mi morsi la lingua per non dire la verità anche se ero molto tentata e mi girai verso la strada deserta e sicuramente meno interessante di Valentín. 
<<Immagino sia un no>> immise la marcia e partì a velocità moderata verso una meta ancora indefinita. Non avevamo concordato di andare a casa, nemmeno in studio e tutte le strade che lui stava prendendo non portavano di certo lì. Mi venne spontaneo chiedergli dove stessimo andando ma non ricevetti risposta da parte sua.
<<Valentín, dove stai andando?>> Chiesi ancora voltandomi alla mia sinistra. 
<<Tu prima dimmi che cosa era successo nello studio sennò continuerò a guidare fin quando non me lo dirai>> non sapevo se scoppiare a ridere o a piangere ma nel caso eseguii la prima opzione. Valentín si girò verso di me con tanto di punti interrogativi sparsi intorno alla sua testa e con la bocca arricciata capii che non era contento della mia reazione. 
<<Credi che stia scherzando?>> Sterzò bruscamente a destra e dovetti reggermi per la curva presa in velocità. 
<<No, è solo che. . .>> presi del tempo per pensare ma la strada di campagna mi teneva sulle nuvole. Il posto era suggestivo che mi meravigliai alla vista di tanta natura così vivida. 
<<Solo che?>> Valentín mi spronò a continuare e dal suo tono addolcito capii immediatamente che non si era arrabbiato con me, ma ero troppo impegnata a guardare il paesaggio. Sulle montagne non era così, non c'erano queste piante così colorate e numerose. Fermò la macchina a pochi metri da un recinto e rimanemmo nella vettura per un po' prima che l'uomo decise di scendere e stiracchiarsi con meno due gradi solo in maglietta. Ma dove aveva vissuto per reggere così bene il freddo? Nei sedili anteriori presi il suo giubbotto e mi tolsi la cintura per poi raggiungerlo fuori. Gli lanciai il giacchino e voltai le spalle, iniziai a camminare in avanti nel mentre che lo sentivo chiamarmi da dietro. 
<<Seira, dove vai?>> La tensione cresceva sempre di più e camminare mi avrebbe fatto bene per sbollire molto stress accumulato.
<<Hai intenzione di lasciarmi qua?>> Urlò da dietro. Sorrisi istintivamente tra me e me e alzai la mano facendo segno di si. Sentii i suoi passi farsi sempre più vicini e mi venne quasi da correre e giocare ad acchiapparella. Era il passatempo preferito di Lucas quando si sentiva giù e neanche il pianoforte riusciva a calmarlo. Giocavamo per ore e ore fin quando la luce non calava e il freddo non si annidava dentro le ossa. Fin quando. . .
<<Presa!>> Le sue braccia mi cinsero da dietro e sentii la pelle solleticarmi quando le sue mani si posarono sui miei fianchi. La sua risata risuonava più rumorosa della mia e la sovrastava, ma non mi dava fastidio, anzi. Mi mancava sentire tanta felicità ed era da tempo che non prendevo della buona aria. Non so chi mi avesse mandato Valentín, ma speravo vivamente che rimanesse ancora un po'.
<<Fa freddo qui, tieni>> mi posò sulle spalle il giubbotto che gli avevo preso e senza chiedermelo, mi coprì la schiena. Non avevo freddo nonostante ci fossero meno due gradi e non mi interessava provare freddo. Mi girai avendolo ad un passo dal naso e stavolta parlai io:
<<Perché lo dai a me se sei tu che stai morendo di freddo?>> Gli indicai i polsi scoperti da cui si intravedevano dei brividi e mi tolsi il giubbotto per darlo di nuovo a lui. 
<<Un'altra se ne sarebbe fregata>> disse prendendolo e aggiustandoselo addosso. 
<<Ma io non sono un'altra.>> 
<<Mi ospiteresti anche questa notte?>>
<<Non hai un posto dove andare?>>
<<Tu hai ancora la febbre>> disse superandomi senza rispondere alla domanda. 
<<Non più>> dissi seguendolo su una pietra gigante su cui si sedemmo a guardare il paesaggio.
<<Dopo adesso ti salirà sicuramente e posso scommettere cento euro che tu non te le prendi le medicine da sola>> il mio viso si contorse in una smorfia e ribattei. 
<<Ma va, ti pare che mi sale ancora?>> 

Queste furono le mie ultime parole prima di tornare a casa e scoprire dopo un'ora che mi era salita di nuovo la febbre a trentanove e otto. 
<<Te l'avevo detto io>> Valentín mi stava mischiando la medicina e nel frattempo tamponavo il panno d'acqua fredda sulla fronte. Sentivo le gambe molli e senza forze, inoltre delle scosse cariche di brividi non finivano mai. 
<<C'erano le pasticche, questa fa schifo>> mi lamentai allontanando il bicchiere. Tossii e una fitta mi colpii in pieno petto. 
<<Non è che hai la bronchite?>> Domandò più a se stesso che a me. 
Ed in realtà a me andava bene avere la bronchite se questo avrebbe potuto trattenerlo anche un solo giorno in più. 

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