If You Love Me Let Me Go

584 52 44
                                    

Quando Ryan sentì suonare il campanello concepì tanti di quegli insulti creativi che ebbe una mezza idea di scriverci una canzone.

Si gettò fuori dalla doccia, afferrò camicia (che venne anche improvvisata asciugamano) e pantaloni e se li infilò alla bell'e meglio, mentre attraversava il soggiorno saltellando una corsetta di precario equilibrio e urlando all'inopportuno visitatore fuori dalla porta: «Sto arrivando, un attimo!»

Arrivato davanti alla porta posò finalmente entrambi i piedi a terra e, prima di aprire la porta, si premurò di chiudersi la cerniera dei pantaloni: anche se bagnato fradicio, doveva mantenere un minimo di decoro!

Spinse la maniglia e spalancò la porta, trovandosi un pugno alzato a venti centimetri dal naso. Batté un paio di volte le palpebre, leggermente sorpreso da quella mano sospesa davanti al suo viso, mentre una voce che riconobbe immediatamente (e che gli procurò una dolorosa stretta spinosa al cuore) disse: «Scusa, stavo per bussare di nuovo.»

Ryan contrasse la mascella e serrò gli occhi, tirando un profondo respiro dal naso, mentre quelle familiari dita serrate si abbassavano, rivelando il viso serio di Brendon.

«Che ci fai qui?» gli chiese Ryan, brusco. Se prima il volto del ragazzo fuori dalla porta aveva un'espressione indefinibile (tra quella di un cucciolo abbandonato e lo speranzoso... qualcosa che non si poteva descrivere a qualcuno che non lo conosceva) ora era certamente ferita.

«Volevo solo... parlarti.»  «Perché mai? Mi pare di essere stato abbastanza chiaro, prima.»

Dall'espressione di Brendon sembrava che qualcuno gli avesse tirato uno schiaffo, un secchio d'acqua gelata in testa e il gatto giù dalla finestra. Contemporaneamente.

Per un attimo Ryan provò pena, per lui, e questo comportò un'ulteriore stretta al cuore, ma fu solo un attimo. Poi si costrinse a indossare di nuovo una fredda maschera d'indifferenza e di allontanare dal suo cuore quello strano dolore pungente.

«Sì, sei stato piuttosto esauriente, con gli altri. Ma io... - si interruppe e si guardò intorno, un po' imbarazzato - Posso entrare, Ryan?»

Lui ci pensò un attimo, guardando il pianerottolo deserto: non gli pesava dar spettacolo davanti a quella pettegola dell'appartamento di fronte (che probabilmente li stava spiando da dietro la porta, in quel momento) dato che di lì a due settimane avrebbe lasciato la città e, magari, anche lo stato. Ma qualcosa (probabilmente il cugino della sensazione di fredda stretta al petto di prima) lo convinse ad annuire e a farsi di lato, lasciando entrare Brendon nell'appartamento che ormai era familiare al cantante quasi quanto a lui.

Appena richiusa la porta (ebbe la tentazione di lasciarla aperta, per vedere se Brendon gli avrebbe gridato di chiuderla, nonostante la situazione tutt'alto che rilassata) Ryan si lasciò cadere sul divano e con un cenno della mano invitò l'altro a fare lo stesso, dato che fino a quel momento se n'era stato in piedi, impacciato, in mezzo alla stanza.

Brendon si sedette accanto a lui e voltò la testa, aprendo la bocca per parlare, ma non pronunciò alcun suono. Corrugò invece la fronte ed esclamò: «Sei bagnato!»

Era suonato a metà come un'affermazione e per l'altra metà come una domanda, così Ryan accennò col capo alla porta ancora spalancata del bagno: «Hai bussato in un momento decisamente poco opportuno.» gli disse, e Brendon si limitò ad un "oh." tra l'imbarazzato e il dispiaciuto.

Fino al giorno prima gli avrebbe proposto di concluderla insieme, quella doccia, ma in quel momento no. Non più.

«Bene. - Ryan interruppe quell'imbarazzato silenzio che si era creato - Sei venuto per parlarmi. Parla.»

If You Love Me Let Me GoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora