Lo amavo.
Questo è quello che continuavo a ripetermi quando stavamo insieme. Non so se fosse per auto convincermi o se provassi realmente quei sentimenti.
È stata una persona molto importante, con una rilevanza immensa, nella mia vita: è stato lui ad avvicinarmi all'arte, a farmi diventare qualcuno in quel mondo difficile; è riuscito ad aprire porte che io non avrei sfondato nemmeno con un ariete.
Ne sono grata.
Senza di lui non avrei mai trovato la mia evocazione.
Mi prese sotto la sua ala: mi insegnò a posare, a sorridere quando di dovere, a non farlo se non era necessario. E dopo giorni, mesi e anni, spiccai il volo verso fotografi d'eccellenza per poi finire sulle riviste di nicchia, seguite da quelle più conosciute ed ammirate.
Ma dopo tutto, si torna sempre dove si è stati bene.
Il nostro rapporto non era solo artista e modella, maestro e apprendista; era qualcosa di più profondo: voleva tenermi tutta per sé, nessuno poteva guardarmi perché credeva che così facendo sarei scappata da lui, o che qualcuno potesse rubarmi e rendermi la sua musa.
Aveva paura e non lo biasimavo.
La sua carriera stava per finire finché il mio arrivo non lo salvò dal buco nero in cui stava sprofondando.
Lo ispirai a tal punto da ridargli la fama che aveva perso.
Lo ispirai a tal punto da ritrovarmi ad una vendita delle sue opere più famose.
Ero curiosa di sapere che fine avrebbero fatto le sue creazioni, il mio viso e il mio corpo.
Mi chiedo se tutte queste persone capiranno mai l'essenza e la fatica e l'amore che ci mise nel dipingere e scolpire la mia figura. Mi scrutava con l'anima, non solo con gli occhi, e con la testa riusciva armoniosamente a riprodurre le sue emozioni.
Il mio preferito è sempre stato il primo piano del mio corpo nudo contorto: dalle clavicole al ventre, con delle pennellate brusche, veloci e incontrollate.
Colori cupi ma con una teoria del chiaro - scuro eccellente. Voleva descrivere le nostre avventure sessuali con la tecnica nel dipingere e la sua adorazione per il mio corpo, con il soggetto.
Ne ero ammaliata. E lo sono tutt'ora quando il battitore d'asta presenta il dipinto seguito dai dipendenti che lo appoggiano delicatamente sul piedistallo, così da mostrarlo a tutti i presenti.
Rimangono tutti ipnotizzati alla vista.
"Hai raggiunto il tuo obiettivo tesoro"
Il battitore d'asta avvisa attraverso il microfono il prezzo di partenza e le persone che mi circondano in questa stanza cominciano ad alzare braccia e a ribattere con prezzi molto più alti.
Una signora in particolare, con cappello stravagante ed occhiali scurissimi, si fa avanti riuscendo ad accaparrarsi il mio dipinto preferito.
"Perfetto! Ci rivediamo qui tra dieci minuti dopo la pausa! Vi ricordo che troverete del rinfresco all'entrata del salone!"
Il battitore, dopo aver dato l'avviso, si dirige dietro al palco, e un brusío comincia a nascere dalla folla.
Alcuni che vanno a ordinare un bicchiere di scotch, altri che restano seduti al proprio posto in attesa della fine della pausa; e chi, come me, esce a fumare una sigaretta.
Appena esco dal portone d'ingresso, un vento fresco mi travolge e sento un brivido percorrere la schiena. La camicetta è troppo leggera ma mettermi il cappotto solo per quei cinque minuti di sigaretta non mi andava.
Faccio un tiro e quando butto fuori noto un signore uscire dallo stesso portone da cui sono venuta io.
È vestito di nero come se fosse in lutto. Eppure questo non è un funerale.
Il cappotto ha il colletto alzato, il cappello elegante è messo in modo tale da non farsi riconoscere facilmente e le sue scarpe Burwood palesemente nuove. Ne ho viste fin troppe per poterle riconoscere. Tutti gli uomini con cui intrattenevo una conversazione durante le miriadi di feste di gala per promuovere nuove riviste, o anche possibili acquirenti d'arte alle
mostre del mio amato, le avevano indosso.
Sapevo quali erano nuove di zecche, appena fatte su misura, e quali venivano riproposte.
Le Burwood di questo signore sono proprio nuove, tenute apposta per l'occasione, mai usate fino adesso.
L'estraneo prende il pacchetto di sigarette nascosto nella tasca interna del cappotto. Siamo uno affianco all'altro ma con qualche metro di distanza.
"Scusi, signorina..." si gira verso di me. Avrà bisogno dell'accendino. Glielo porgo e mi ringrazia gentilmente per poi godersi la nicotina.
La sua voce è bassa e roca per tutte le sigarette che si sarà fumato negli anni.
Passa qualche minuto di silenzio prima che questa figura mi rivolge ancora la parola.
"È qua per comprare qualche quadro?" Mi domanda con un tono pacato e tranquillo.
Finalmente si toglie il cappello e posso notare le sue iridi scure e tonde come la palla da biliardo numero otto. Sono sicura che stanno leggendo la mia anima in questo momento.
Mi sento violata.
"Sono qua per assistere" Rispondo ricevendo uno sguardo confuso dall'uomo davanti a me.
Ora che posso guardare l'intero volto, riesco ad approssimare la sua età ai sessant'anni.
"Lei invece? Non l'ho notata nella sala"
Alla mia affermazione, l'uomo si raddrizza e schiarisce la voce. La tranquillità l'ha lasciato di punto e in bianco.
"Sono qui per vedere una persona, era molto legata all'artista" La mia attenzione si sposta completamente su di lui. Che stia cercando me?
Gli chiedo il nome di questa persona.
"Il suo nome è Melanie. Non so che viso abbia, o possa avere dopo tutti questi anni. Ho solo una foto di riferimento che la ritrae giovane. Me l'ha data l'artista stesso"
L'uomo tira fuori la foto dalla tasca destra del cappotto. I guanti neri di pelle fanno un rumore fastidioso sul lucido della carta.
La prendo appena me la porge. Il misto tra le lenti scure dei miei occhiali e il riflesso della luce non aiuta alla mia vista, ma intuisco quale delle tante foto sia: era dopo la nostra prima notte, avevo i capelli tutti arruffati e lui mi disse che ero ugualmente bellissima. Giovane e bella.
Questa foto se la portava ovunque. Mi stupisce ce l'abbia lui. Chiunque egli sia.
"Come mai vuole incontrarla?" Chiedo con ancora gli occhi puntati sulla foto. La osservo in ogni minimo dettaglio provando le stesse emozioni di un tempo ancora una volta.
L'uomo non esita a rispondere, sicuro di quello che vuole dire.
"Ho una lettera per lei, e poi vorrei conoscerla. Lui ne era terribilmente innamorato, me ne parlava nelle sue lettere ma non sono mai riuscito ad incontrarla. Prima che il buon Dio lo portasse con sé, che riposi in pace, mi ha dato questo compito e vorrei portarlo a termine..."
La curiosità di cosa possa esserci scritto nella lettera mi sta mangiando; eppure non so se farmi riconoscere o continuare a vivere nell'ombra. Non ho più l'età per farmi travolgere dalle sue sciocchezze.
"Cosa le fa pensare di poterla trovare qui dopo tutto questo tempo?" La mia domanda sul momento lo spiazza. Non sa cosa rispondere. Alza le spalle e scuote la testa.
"Lui mi scriveva dei suoi sentimenti per lei, cosa accadeva nella loro storia d'amore e, forse per speranza, credo che lei non abbia mai smesso di amarlo dopo tutto. Quindi, dato che questa città è la stessa in cui ha vissuto per molto tempo prima del suo periodo buio, e dopo aver saputo dell'occasione, ho pensato: perché non dovrebbe venire?"
Rimango in silenzio non sapendo cosa dire. Ha pienamente centrato il punto. È come se mi avesse letto nella mente.
L'uomo guarda l'ora sul suo orologio e interrompe la conversazione dicendo che l'intervallo è ormai finito. Lo fermo prima di lasciarlo andare dentro.
Non so cosa mi sia preso. Sento il cuore battere a mille.
I suoi occhi scuri, confusi dalla mia azione, che mi penetrano fino in fondo e sento che potrei esserne vulnerabile.
"Cosa pensa che ci sia scritto su quella lettera?"
La mia voce trema e si nota.
L'uomo, ancora una volta, non sa cosa rispondere e cerca nella sua testa delle frasi che potrebbero essere inerenti alla questione.
"Non saprei, non l'ho letta-"
Lo blocco prima che possa dire altro, e ripeto la domanda marcando sul soggetto della frase facendo capire che desidero una sua opinione.
"Signora... da quel che so, e che posso intuire dai racconti e dai loro trascorsi, sarà una lettera d'amore. Anche se lui mi ha detto che è importante. Ma davvero, altro non so cosa immaginare"
Qualcosa mi spinge a rivelare la mia identità: sarà sicuramente la curiosità e, magari, l'ottenere l'unica cosa che possa tenermi ancora legata a lui. E sotto sotto è il mio desiderio.
Mi tolgo i grandi occhiali neri che coprono la maggior parte del volto e faccio sì che l'uomo davanti a me possa riconoscermi. Quasi non rimane di pietra. Avrò qualche ruga ma non credo di essere cambiata così tanto.
L'uomo davanti a me continua a guardarmi senza interrompere il contatto. Capisco che è molto confuso dalla situazione. So che ha molte domande da volermi fare, ed io ho altrettanto risposte.
"Beviamo un caffè?" Propongo con un leggero sorriso sul volto.
"Offro io!"
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FOR YOU, MY DARLING ᴴᴬᴱᶜᴴᴬᴺ
FanfictionA LEE DONGHYUCK FANFIC "Sai essere tutto quello di cui ho bisogno" Dove Donghyuck trova la sua ragione di vita ー@hyuck-luv