Capitolo Uno

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5 mesi dopo

Non è semplice mettersi un trauma alle spalle. Questo può essere dimenticato, può finire nascosto in qualche parte del nostro cervello che ci aiuta ad andare avanti chiudendolo in una cassaforte di cui nessuno saprà mai la combinazione. Può rimanere lì, latente, ma in realtà non si supera mai. Perché? Perché senza il trauma saremmo solo degli involucri assertivi, ma in realtà non avremmo la parte più importante, la tenacia, il coraggio di fare le cose, e anche la paura di fallire ancora una volta.

Il trauma è negativo, ma è ciò che ci aiuta a superare i momenti difficili, ci insegna a poter aiutare gli altri a superarli o perlomeno conviverci.

Sono passati cinque mesi da quando ho subito il trauma più grande della mia vita. Sembra un'eternità fa, ma ciò che mi fa arrabbiare di più con me stessa e che mi ci sto abituando a questa nuova condizione. Mi sto abituando a non avere più i miei genitori intorno, mi sto abituando a vivere da sola, anche se non sarò sola ancora per molto.

Non ho fatto molto in questi ultimi mesi. Ho combattuto con gli assistenti sociali per lasciarmi in pace fino ai diciotto anni, ma niente. Sarei dovuta andare a scuola, vivere una vita normale, ma la mia vita non è stata più normale dal giorno in cui ho dovuto, io da sola, organizzare il funerale dei miei stessi genitori. Ho dovuto scoprire che avevano creato un fondo proprio per l'occasione, che avevano dei vestiti per l'occasione, che avevano pensato a tutto quando io mai avrei pensato al peggio.

E quindi niente scuola. Mi avrebbe dato soltanto fastidio sentire tutti quegli sguardi di pietà su di me. Sono rimasta a casa e ho continuato a riempire carte, documenti e rimuginato per capire cosa farne della mia vita.

Povera Katana, dover diventare adulta così di colpo, che batosta, quella povera ragazza è molto forte. Così ho sentito sussurrare alle persone al funerale. Sono diventata adulta perché sono stata in grado di organizzare, in soli due giorni, il costoso funerale dei miei genitori. Ma se è solo questo il motivo per cui sono dovuta diventare adulta allora non lo voglio essere, voglio tornare ad essere la stupida bambina che esce con i suoi amici, beve troppo, flirta troppo e torna a casa in piena notte, durante la settimana.

Proprio perché non voglio essere ancora adulta, ho deciso di mettere tutte le mie cose in un pacco, buttare ciò che non mi servirà più, conservare gli averi dei miei genitori in delle scatole, vendere la casa in cui sono cresciuta e trasferirmi. Forse vendere la casa è stata un'azione estrema, ma non eravamo ricchi e il funerale ha un po' prosciugato i fondi, con quello che mi è rimasto dovrò pagare il college il prossimo anno. E poi, in questi mesi, se c'è una cosa che ho capito è che è meglio se non rimango sola, è meglio se riprendo ad andare a scuola, è meglio se riprendo ad avere una vita da normale adolescente, per quanto sia possibile.

Vorrei poter avere una macchina del tempo per tornare a quel giorno e dire a mia madre, mentre sta per uscire di casa, di stare attenta a quel particolare tratto, di aspettare la fine della pioggia, di prendere una strada diversa, ma purtroppo la tecnologia di cui ho bisogno io non è ancora stata inventata e allora, invece di crogiolarmi nel mio dolore, cerco di andare avanti.

Io non sono così forte come sembro, ma so quanto il dolore per una perdita possa distruggere. L'ho visto in troppi occhi nella mia vita, tanto da sapere di non voler cadere in quello stesso abisso. Il dolore è come un buco nero, se ci cadi dentro ti risucchia e non c'è modo per uscirne. Io invece devo trovare il mio buco bianco, quello che mi farà ritornare alla luce e che mi aiuterà a sopravvivere. Per questo ho preso una decisione che potrà solo farmi bene. Trasferirmi a vivere con mia zia.

Sono partita qualche ora fa e adesso eccomi qui, valigie in mano mentre il tassista mi aiuta scaricando il resto dall'auto, davanti al portico della piccola casetta dove ho trascorso quasi tutti i miei natali, fino a circa tre anni fa.

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