(Tutte le citazioni del capitolo sono di Arthur Rimbaud)
La stella ha pianto rosa in seno alle tue orecchie,
l'infinito rotola bianco dalla nuca alle reni,
il mare ingemma rosso le tue mammelle vermiglie,
e l'uomo ha sanguinato nero al tuo fianco sovrano.
Blaise si svegliò di soprassalto. Ci mise un secondo a capire che era ancora notte, un altro ancora per capire che non era nel suo Dormitorio. Sentì qualcosa che lo toccava piano e realizzò che si trattava di Daphne. Si alzò sui gomiti e rimase a fissarla. Non poteva ancora credere di essere finito a letto con la sua migliore amica. Eppure si ritrovava lì, a fissare la massa scomposta dei suoi capelli biondi che le coprivano parzialmente il viso, le sue piccole orecchie e la sue guance chiare, la curva dei seni e dei fianchi. Si chiese come aveva fatto a sbagliarsi così tanto, a cercare altrove, per così tanto tempo, qualcuno che lo facesse stare bene, quando era evidente che aveva già trovato la persona adatta a lui già da tempo. Si rendeva conto adesso di aver sempre coltivato quel sentimento dentro di sé, e di averlo nascosto tramite la maschera neutra dell'amicizia.
Poco dopo, anche Daphne si svegliò.
"Ehi, buongiorno!"
"Buonanotte, semmai" rispose la ragazza, guardando fuori dalla finestra con gli occhi pesti. Blaise?"
"Dimmi!"
"Ero troppo ubriaca e mi sono sognata tutto, oppure tra di noi è successo qualcosa?"
"Buona la seconda" rispose l'altro, scoppiando a ridere.
"Beh, che c'è?!? Ti fa ridere?"
"No, no. Scusa. È solo che...è una cosa talmente bella. Sei tu quello che voglio, e lo capisco adesso. Dopo qualcosa come dieci anni di conoscenza!"
"Anche per me è lo stesso, testone, che cosa credi? E comunque direi che almeno fino all'ottavo o nono compleanno, possiamo non contare gli anni, no?!?"
Fecero tutta la strada ridendo e tenendosi per mano come due allegri dodicenni. Avrebbero anche potuto perdere l'Espresso per Londra.
Tutte le loro valigie se ne stavano disfatte nei Dormitori.
Pansy, Theo e tutti gli altri avrebbero dato di matto nel non riuscire a trovarli.
Ma erano decisamente troppo felici per accorgersene.
"Ma ahimé, ho pianto troppo! Le albe sono strazianti,
ogni luna è atroce ed ogni sole è amaro."
"Cho, andiamo! Dai, tra poco c'è l'appello per andare sulle carrozze a prendere l'Espresso! Ti vuoi muovere? Dai, sbrigati!"
"Marietta, manca ancora mezz'ora. Se vuoi, comincia pure ad andare. Tanto io devo ancora finire qui."
"Va bene. Come vuoi" fu la risposta della petulante amica, che si dileguò.
Appena rimasta sola, Cho scoppiò a piangere, per la centesima volta circa da quell'estate. Non ce la faceva, più piangeva e più il dolore sembrava chiamarla a sé, come in una catena senza fine. Qualsiasi piccola cosa la commuoveva e richiamava ancora altre lacrime.
Le albe... perché lui non avrebbe visto un altro giorno, ed il solo pensiero la dilaniava.
Le notti...perché si sentiva più sola che mai, e la luce della luna non faceva altro che illuminare crudelmente una realtà che non restava mai fissa ed immobile.
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Il cielo ha una porta sola
Fiksi Penggemar"Al bordo di una piccola piscina, su una sedia a sdraio a righe bianche e blu, una ragazza con un caschetto di capelli bruni, un costume vintage e grandi occhiali da sole leggeva con aria svogliata. Pansy Parkinson sbuffava, scorrendo rapida le noti...