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Era freddo, quella sera. Emma strinse la mano del figlio e lo portò oltre l'angolo, verso l'auto che aveva adocchiato. Sorrise al bambino, gli sistemò la malandata sciarpa attorno al collo.

«Adesso troviamo un bel posto dove dormire al caldo, okay?»

Henry le regalò uno dei suoi sorrisi ampi, sinceri.

«Sì, mamma.»

Era buio pesto, il lampione sotto cui passarono era fulminato. Si avvicinarono alla macchina, Emma lasciò andare la mano del figlio per prendere un'asta sottile di metallo da sotto al giubbotto. Si avvicinò alla Mercedes nera e infilò il metallo nella fessura del finestrino, lato guidatore. Una mossa rapida e la serratura scattò.

Le luci dell'auto lampeggiarono.

«Ehi... che diavolo state facendo?»

Una voce, femminile, in fondo alla strada.

Emma per un momento si immobilizzò, poi riprese l'asta e afferrò la mano di Henry, lanciando appena uno sguardo alla proprietaria dell'auto.

«Merda... corri!» disse al bambino, scappando verso il lato opposto a quello da cui veniva la donna, che scattò come poteva, con i tacchi che picchiavano violenti contro l'asfalto.

«Dove credete di andare?»

Henry era troppo lento. Emma si fermò per prenderlo in braccio, ma era troppo tardi. La donna afferrò la giacca di Emma e strattonò, rischiando di far perdere l'equilibrio a entrambe. «Non avete niente di meglio da fare che rovinare le macchine degli altri?» sbraitò mentre l'altra cercava di divincolarsi. Diede un altro strattone per fermarla e Emma finì a terra, ma riuscì a non far sbattere Henry contro l'asfalto che le strappò i jeans già malandati. Senza fiato per l'adrenalina più che per la breve corsa, si alzò e si parò davanti al figlio, tra lui e la donna.

Gli occhi della proprietaria dell'auto si spalancarono.

«Ma che... ti sembra il caso di portare un bambino a fare queste cose?»

L'espressione di Emma si indurì.

«Vaffanculo» ringhiò prima di voltarle le spalle, la mano di Henry stretta ancora nella sua.

«Chiamerò la polizia» le urlò dietro l'altra. «Ci sono le telecamere, non ci metteranno molto a trovarla e arrestarla.»

Emma si irrigidì e si fermò. Prese un respiro, la paura ad attanagliarla.

«Mamma?»

Guardò il figlio, il suo visino confuso. «Perché non scappiamo?» le chiese il bambino. Emma serrò la mandibola. Si voltò di nuovo verso la sconosciuta e tornò verso di lei.

«Non chiami la polizia, la prego. La macchina non ha danni, controlli» disse con un cenno del mento verso la Mercedes. La donna non schiodò gli occhi da lei. Una folata di vento le arruffò i capelli scuri e lei mosse la mano ad alzare il bavero della giacca di lana.

«Quanti anni ha?» le chiese dopo qualche attimo, indicando Henry con uno sguardo. Emma sospirò, le sue spalle si abbassarono.

«Sei» mormorò. Non sapeva esattamente perché stesse parlando con lei. Prendeva tempo, sperava di convincerla a non chiamare i maiali.

La donna era combattuta, lo vedeva. Si morse il labbro carnoso per un secondo prima di aprire la borsa e, sotto al suo sguardo esterrefatto, estrarre il portafogli; afferrò una banconota da cento dollari e gliela porse. Emma la fissò mentre ondeggiava nella brezza serale. «Fagli mangiare qualcosa di nutriente e portalo a dormire in un posto caldo» disse la sconosciuta. Emma indietreggiò di meno di mezzo passo, gli occhi si puntarono inevitabilmente sulla banconota. Deglutì, si leccò le labbra. E tornò a guardarla.

«Cosa vuoi in cambio?» mormorò, una diffidenza che si confondeva con la paura nello sguardo. La donna inarcò le sopracciglia. Emma notò che erano molto curate, come il resto del suo aspetto.

«Niente, che dovrei volere?»

La indagò con lo sguardo ancora per un istante, poi afferrò la banconota ingoiando l'umiliazione, per il bene di suo figlio.

«Grazie» borbottò, lo sguardo basso mentre la intascava.

«Prego. Ci sono dei centri possono aiutarvi, non metterti nei guai con la polizia, te lo toglieranno...»

Emma serrò i denti.

«Credi che non ci abbia già provato?» sbottò. Poi si impose di calmarsi con un respiro profondo. La donna rimase ferma dov'era, non distolse mai lo sguardo da lei.

«E cos'è successo?»

«Sono pieni, ci sono i veterani e i disabili prima di noi. Ci hanno buttati fuori, ecco che è successo.»

«Hai provato con le agenzie per il lavoro?»

Scoppiò in una risata asciutta.

«No, perché sono un'idiota e far vivere mio figlio per strada...» Fece per andarsene scuotendo la testa ma il tono piccato della sconosciuta la bloccò.

«Sto cercando di aiutare nonostante stessi cercando di rubarmi l'auto, un minimo di riconoscenza sarebbe gradita.»

Emma sospirò e si fermò, senza voltarsi. Dubitava che fosse armata, o un pericolo. Forse non era tanto furba, ma non avrebbe fatto del male a lei né a suo figlio.

«Non stavo rubando niente, l'avremmo usata solo per dormire» borbottò.

«In un'auto? Ci sono appena quarantaquattro gradi (n.d.a.: circa 7 gradi Celsius), sareste morti congelati!»

Emma scosse la testa.

«Sempre meglio che per strada...»

Seguì del silenzio, che la spinse a guardarla. La donna stava frugando di nuovo nella borsa. Dopo pochi attimi le porse un altro centone. «Tieni» disse.

Emma scosse la testa debolmente.

«Io non...» Guardò la banconota e nel frattempo Henry sfuggì alla sua stretta e si piazzò davanti alla donna, guardandola negli occhi.

«La mia mamma non ha bisogno di soldi, lei ce la fa anche senza. Lo dice sempre.»

Emma distolse lo sguardo, combattuta.

«Henry...»

«Sono sicura che sia così.» La sconosciuta sorrise e si abbassò leggermente piegando le ginocchia. «Ma ogni tanto bisogna accettare un piccolo aiuto.»

Emma si agitò, spostò il peso da un piede all'altro. Quei soldi non le avrebbero cambiato la vita, ma poteva regalare a suo figlio un paio di notti in un B&B... e poi? Con che coraggio lo avrebbe riportato in strada? Sentì gli occhi inumidirsi, ma trattenne le emozioni come aveva imparato a fare.

«Non importa, grazie comunque.» Prese Henry per mano e lo trascinò via nonostante lui protestasse.

«Ma mamma, lei è simpatica!»

Emma strinse i denti e non gli rispose. Si voltò solo per un attimo e soltanto quando sentì il motore della Mercedes accendersi, poi riprese a camminare con il figlio al fianco. Lo portò sotto al ponte di Fremont, tra i senzatetto che avevano almeno un cassonetto come caminetto sotto lo sguardo vigile del Troll che piaceva tanto a Henry.

«Ehi Billy, c'è posto anche per noi?» chiese all'uomo anziano che conosceva da anni. Lui la riconobbe dalla voce, dato che non ci vedeva più da un pezzo.

«C'è sempre posto per voi. Ma non chiamate gli spiriti!» li ammonì. Emma annuì stancamente.

«No Billy, tranquillo, niente spiriti per stanotte.»

Fece accoccolare Henry vicino al fuoco, appoggiato a lei, e si preparò alla notte insonne.

La strada verso casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora