Mi bastava poco per capire quando qualcosa non andava.
Quel sesto senso lo sentivo gravitare dentro proprio come se fosse parte integrante del mio DNA.
Quella mattina mi ero svegliata presto.
L'autista mi aveva accompagnata a scuola e avevo pranzato alla mensa insieme ai miei compagni di classe trascorrendo l'intero pomeriggio sepolta nei libri della biblioteca fino a quando non fu ora di rientrare a casa.
Avevo condotto la mia vita esattamente come tutti i giorni, eppure qualcosa mi diceva che anche se avessi cambiato di una sola virgola la mia routine nessuno se ne sarebbe accorto perché di fatto era come se non esistessi per la società.
Non avevo mai avuto amici con cui conversare, scambiavo sì e no due chiacchiere con la segretaria della biblioteca. Il punto era che ero come un fantasma in giro per la città e anche se c'erano giorni dove mi era più difficile sopravvivere alla fine riuscivo comunque a farlo.
Quel pomeriggio quando rientrai a casa la sensazione che avevo avuto fissa come chiodo al centro del petto mi spezzò una volta per tutte in due.
Mia madre era morta.
Non c'era più e non dovevo neanche sforzarmi di ricordare: sentivo ancora la forza del mio cuore battere veloce nel petto. Il suo corpo avvolto dalla vestaglia rosa cipria e dei suoi capelli scuri che giacevano sul marmo era ancora fissa davanti ai miei occhi.
"Sono sessantaquattro dollari"
La voce squillante della donna dietro la cassa risvegliò di colpo, mi morsi l'angolo della bocca mentre osservavo Rosie tirar fuori i soldi dal portafoglio.
Non mi accorsi neanche di star stringendo la mano in un pugno. La gola mi bruciava anche se non avevo urlato. Mi ritornò di colpo in mente la Joycelyn di cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, dodici, tredici e quattordici anni, insieme a quello stesso sentimento che era stato così forte in quel lungo periodo: il dolore.
La Joycelyn di adesso provava un'emozione diversa: rabbia.
Rabbia per l'egoismo di mia madre.Rabbia perché non era riuscita a creare neanche un legame con me.
Rabbia per essere stata delusa di continuo, per tantissimo tempo.
Avevo avuto bisogno di lei centinaia di volte e al novantanove percento o non c'era, oppure era troppo impegnata per aiutarmi in qualche modo.
"Sei sicura che non vuoi che venga con te?" domandò Rosie con tono preoccupato rivolgendo lo sguardo verso la vetrata che dava sulla pista.
Non mi stupivo che fosse in pensiero. Era la sola persona cara che mi rimaneva, ma non poteva fare niente, quello che stava accadendo riguardava soltanto me. Sollevai il mento preparandomi mentalmente a rispondere, ma il trambusto del gate frenò ogni mio buon proposito.
La gente si apprestò a mettersi in fila, il rumore delle ruote delle valige, un bambino stava ridendo alla sua mamma.
Quando era stata l'ultima volta che avevo riso con la mia?
"Posso trovare una soluzione Joy... potrei chiedere a mia sorella il favore di sostituirmi al lavoro... lo sai che..."
La voce delicata di Rosie si mescolò al fracasso dell'aeroporto e io mi sforzai di trovare qualcosa da dire.
Rosie era sempre stata gentile e paziente con me.
"Tranquilla, starò bene".
Nonostante cercasse di non mostrarlo la sentì comunque deglutire.
"Sicura? Perché se dovessi...", Rosie si interruppe.
Non c'era bisogno di concludere.
Sapevo cosa stava pensando.
Sentivo il filo conduttore dei suoi pensieri.
Lei sapeva che non ero pronta e quella consapevolezza fece arrivare il bruciore dal retro degli occhi. Aveva ragione, probabilmente non lo sarei mai stata, ma, nonostante ciò, doveva lasciarmi almeno provare.Incontrai i suoi occhi e mandai giù gli aghi che sentivo in gola, uno per uno dandole quello che sia avvicinava ad un abbraccio pieno di calore. Non ero capace di sorridere o di simulare sentimenti che non provavo ma Rosie si meritava qualcosa da me.
Qualunque cosa.
Proprio in quel momento l'ultimo annuncio arrivò alle nostre orecchie.
Era fatta.
Stavo per lasciare il paese e tutto sarebbe cambiato.
Una volta a bordo, l'hostess mi indicò il posto a sedere.
Due giorni prima avevo ricevuto un'email che mi aveva portata a riesaminare l'intera mia esistenza. Avevo cercato disperatamente una spiegazione e più sentivo l'insistenza sfondare il muro dei ricordi più sentivo il caos ribollirmi dentro. Non avevo mai vissuto con nessun altro se non con lei. Avevo avuto tantissime babysitter, avevo persino frequentato scuole private in cui ero stata parcheggiata quando lei non poteva stare con me.
Ma l'email parlava chiaro.
Isabel Price, mia madre, era stata sposata. Mi ero domandata persino se quell'uomo potesse essere il mio padre biologico, ma Tomas Harry Brunner l'aveva lasciata due anni prima che nascessi, il certificato di matrimonio che era stato allegato parlava da sè e ancor più chiaro era che chi si firmava alla fine della pagina.
Sean Brunner era di fatto il mio fratellastro.Tutto apparve improvvisamente contro ogni logica.
Avevo una specie di parentela con quell'uomo e io non sapevo neanche che esisteva.
Il giorno dell'udienza ero in fibrillazione.
Rimasi ferma sulla mia sedia per tutto il tempo. Se non fosse stato per il mio petto che si muoveva ad un ritmo lento e misurato, potevo assomigliare ad una di quelle bambole di porcellana che vedevo nelle vetrine di antiquariato tutte le mattine durante il tragitto per la scuola.
Per diciassette anni non avevo avuto nessuno. Non sapevo neanche cosa potesse significare vivere con qualcuno, figuriamoci avere un fratellastro e all'improvviso ne avevo uno.
Scoprì di aver bisogno di conoscerlo.
Volevo sapere che faccia avesse Sean Brunner, ma lui non si era presentato. Non ascoltai neanche cosa avesse da dire il suo avvocato perché la delusione fu troppa. Forse non voleva conoscermi. Oppure non era curioso o peggio ancora era scocciato perché doveva prendersi cura di una ragazzina di diciassette anni.Avevo imparato a mie spese che la speranza portava solo delusione e prima che potessi soffermarmi su quel pensiero ingoiai il rospo e smisi di sperare.
Lui non mi conosceva.
Non sapeva proprio niente di me.
Mi chiesi perché mia madre non mi aveva mai parlato di lui.
Ma ero troppo stanca e disillusa per trovare ancora una volta una spiegazione.
Un tempo non volevo altro, ora non era più così.
E in quel momento, mentre pensavo a tutte quelle cose, nel cervello mi balenò una minuscola scintilla di consapevolezza.
Sean Brunner sarebbe diventare il mio nuovo tutore e anche se il cuore faceva così male da farmi venire un attacco di panico non riuscivo a far altro che pensare quanto tutto ciò fosse assurdo.
Perché è così che definirei la mia stessa vita.
Assurda.❄️❄️❄️
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Loro
RomanceUn antico proverbio dice che nessun fiocco di neve cade mai nel posto sbagliato. Fox era l'inizio della mia grande storia. Loro hanno visto qualcosa in me. Io in loro.