Capitolo Sedici

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Spalancai gli occhi nel buio della mia stanza. Il respiro si fece subito affannoso, sentivo la maglietta del pigiama incollata al corpo a causa del sudore freddo, la fronte era umida.

I miei neuroni ci misero un attimo di troppo a capire che mi trovavo a casa mia, nel mio letto e non in una sporca casa piena di ragazzi arrapati e ubriachi.

Sei al sicuro, Coraline. dissi a me stessa. Respira.

Iniziai a contare i respiri, come mi aveva consigliato la mia nuova terapeuta. Dovevo arrivare a dieci e poi buttare via i cattivi pensieri che mi stavano mandando in iperventilazione.

Aspirai tutta l’aria che potevo e poi la buttai via.

Uno

Due

Tre

Arrivata a tre, la mia mente, bastarda, mi proietto di nuovo quella cazzo di scena che forse non mi sarebbe mai uscita dal cervello.

Così sbattei le palpebre forte, tanto che vidi lucine bianche davanti a me quando riaprii gli occhi. Erano sicuramente meglio del buio pesto che mi circondava. Ma non riuscivo neanche ad accendere la lampadina del nel comodino, ogni singolo muscolo era immobile, rigido. Sentivo come se qualcuno mi stesse trattenendo a letto con la forza.

Sapevo che la chiamata con Laura non avrebbe in alcun modo giovato alla mia salute mentale.

Uno

Due

Tre

Quattro

Cinque

Sei

Due mani prepotenti e viscide che mi tenevano dalle braccia, che lasciavano il segno, che mi impedivano di reagire, un’altra piazzata sulla mia bocca per impedirmi di urlare.

Nonono, Coraline, così non va bene. mi rimproverai mentalmente. Respira.

Uno

Due

Tre

Quattro

Cinque

Sei

Sette

Otto

Nove

Dieci

Rimasi così tanto concentrata sul conto e sul respiro, che arrivata a dieci mi resi conto che riuscivo di nuovo a muovermi, che il cuore stava tornando a battere a una velocità più normale, non da infarto, e il respiro si era regolarizzato.

Ok, non lo avrei mai creduto, ma forse quel metodo funzionava. Anche se sapevo che il problema non era il respiro ma i miei demoni interiori, che dovevano essere esorcizzati e poi uccisi.

Una cosa alla volta. Ricordai le parole della terapeuta.

Mi sollevai sui gomiti, ormai abituata al buio, riuscivo a intravedere la mia stanza, mi voltai e accesi la lucina sul comò. Afferrai il telefono poggiato lì sopra perché non avevo nessuna voglia di rimettermi subito a dormire. Avevo bisogno di distrarmi un po’, di far uscire dal mio corpo la sensazione di paura che il sogno aveva scatenato.

Sbloccai il telefono, erano le tre e mezza del mattino. Vidi subito che avevo un messaggio ricevuto un paio d’ore prima.

Era da parte di Damiano.

Messaggio ricevuto da Damiano Nardin, ore 01:27

Dove sei, rossa? Non ti ho visto in giro

Coraline Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora