Una Voce A San Pietroburgo

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Ci fu un tempo, non molti anni orsono, in cui esisteva un mondo incantato, fatto di grandi palazzi e di feste grandiose.

Correva l'anno 1916.

Ricorreva il trentesimo anniversario dell'ascesa della famiglia Rina al trono del grande impero russo.

Un mattino di Dicembre, Alessandro, il più piccolo dei figli dello Zar, stava seduto vicino alla finestra del suo enorme palazzo.

Era spesso solo, in realtà. I suoi fratelli erano "troppo grandi" per giocare con lui. Sua madre ormai mancava da qualche anno. E suo padre era troppo impegnato con gli affari di stato.

Quindi, sì, la maggior parte del tempo, Alessandro era solo. Ma cercava di sorridere, sempre, perché sua madre, prima di lasciarlo, gli aveva insegnato che un sorriso aveva il potere di vincere ogni battaglia. E lui voleva credere che fosse davvero così.

Stava di fatto, però, che, quel particolare mattino di Dicembre, Alessandro si stava annoiando, fin troppo per i suoi gusti.

Fuori dalla finestra non c'era niente da poter osservare. Nemmeno nevicava, il cielo era piatto, grigio, triste.

Alessandro avrebbe tanto voluto che ci fosse sua nonna con lui, perché sua nonna lo faceva sempre cantare, o giocare, ma era a Parigi adesso.

Alessandro stava per perdere ogni speranza, ma, proprio prima di alzarsi dal divano che dava sulla finestra, da fuori colse un piccolo movimento, quasi impercettibile.

Quasi cadde, per scoprire cosa fosse successo là fuori, ma la sua testolina spuntava di poco fuori dalla finestra.

Quindi, con il cuore in gola, e passetti piccoli piccoli, Alessandro scese, anzi, corse, giù dal grande scalone, fino a dirigersi nel giardino in cui poco prima aveva intravisto quel movimento.

Non c'era nessuno.

Alessandro pensò di averlo sognato, di esserselo immaginato. Probabilmente, pensò, a causa dell'essere rimasto solo troppo a lungo. La noia, e la solitudine, gli avevano fatto vedere cose che non avrebbe potuto vedere nessun altro. Perché l'immaginazione era migliore della realtà.

Stava per tornare dentro il palazzo, spinto anche dal freddo glaciale che si respirava all'esterno.. quando notò che, a qualche passo da lui, da un cespuglio ben curato, spuntava una rosa bianca.

Alessandro era piccolo, ma abbastanza intelligente da sapere che le rose in quel periodo non sarebbero dovute sbocciare.

Si avvicinò con cautela, quasi come se quel fiore fosse un piccolo miracolo, e una volta che ci fu vicino fece per toccarlo, ma una voce lo bloccò.

<< Non potete coglierlo! >>

Alessandro sussultò a quel borbottiò, e si portò le braccia attorno al corpo per proteggersi. Ben presto, vide di nuovo lo stesso movimento che aveva intravisto dalla finestra, e poi, a qualche metro da lui, da un altro cespuglio, corpave un ragazzo.

Alessandro assottigliò le palpebre per studiarlo. Non faceva parte della sua famiglia, perciò molto probabilmente era un servo, ma non lo aveva mai visto prima d'allora.

Aveva dei tratti simili a lui. I capelli erano castani, come i suoi, ma di poco più lunghi. E gli occhi erano castani, come i suoi, ma più calorosi.

Alessandro non ne sapeva di bellezza, ma per la prima volta in vita sua pensò che qualcuno potesse essere bello.

<< Vostra altezza, perdonatemi. >> Borbottò di nuovo quel ragazzo, inginocchiandosi subito dopo.
<< Non volevo alzare la voce. >>

𝐎𝐧𝐜𝐞 𝐔𝐩𝐨𝐧 𝐀 𝐃𝐞𝐜𝐞𝐦𝐛𝐞𝐫Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora