76. Perdersi

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Ora che il fatto è compiuto, vorrei tornare indietro. Evidentemente non avevo ancora avuto modo di riconnettere, quando mi sono precipitata al PC, ma nel vederlo così sicuro che si tratti di uno scherzo di cattivo gusto, ho avuto tutt'insieme un rigurgito di amore e un impulso di proteggerlo che va al di là di ciò che sarebbe bene per me; mi sono slanciata in avanti animata da un furore censorio, per rimediare, o almeno tentare di rimediare, alla mia poca sollecitudine, ma il danno era già fatto. Il suo sguardo scorreva tra i dati, tra le pagine, la moltitudine di pagine che veniva fuori e che lui insiste tuttora nel voler attribuire alla slealtà della concorrenza, il cui scopo è di affossargli la carriera. Una carriera brillante, a prova che non solo la vista acuta, ma anche l'ambizione sia un tratto ereditario.

«Guarda che lavoro... quanto tempo ci avranno messo? E quanti soldi ci avranno investito? Hanno voluto puntare sul danno di immagine questa volta, brutti...» e giù di nomi, bestemmie da far impallidire i santi che sapeva elencare a menadito e a cui rivolgeva improbabili preghiere. Sarà il caso di dubitare che sia ancora credente?

«Rüdi» lo chiamo, con quel nomignolo che avevo smesso di utilizzare, se non nel momento in cui l'avevo visto morire. Sebbene ostenti una certa sicurezza e tanto nei suoi occhi quanto nel suo sorriso si sia affacciata la nota scintilla irrisoria, ha avuto un tremito nelle spalle, come stesse tentando di convincersi lui stesso dell'irragionevolezza del suo sentire, spinto verso tutt'altra direzione. Continua ad aprire link, a leggere titoli nei quali è racchiusa l'efferatezza dei gesti dell'uomo raffigurato e che è uguale a lui. Scene di massacri perpetrati nell'Europa orientale; centinaia di cadaveri dissepolti, di donne e bambini. La sua vista vorrebbe opporre resistenza, eppure continua a documentarsi, imperterrito, scoprendo che sono stati scritti libri sulla vita di quell'uomo e altri nei quali viene citato per nome... frasi estrapolate da testimonianze di sopravvissuti: "era pallido e rosso di capelli; aveva il viso di un ragazzo ed era di modi galanti, ma guardava noi tutti dall'alto in basso, con un profondo disprezzo, come a volerci biasimare per essere venuti al mondo. Era molto democratico in questo: né i lamenti di un vecchio, la supplica di una donna o gli strilli di un infante riuscivano a muoverlo a pietà. Eravamo infimi allo stesso modo, dei vermi, che lui avrebbe schiacciato senza rimorso alcuno."
L'autore del testo si chiama Eli Zarzovsky; potrei averlo incontrato e non saperlo, ma il nome in sé non mi dice nulla e nell'estratto non è riportata alcuna indicazione temporale. Sono dettagli, quelli a cui bado, mentre nel suo caso è la sostanza la matrice del suo turbamento. Finché sono pubblicazioni ha ancora l'ardire di tacciare i documenti di falsità, benché la data della messa in commercio risalga al settantaquattro, ma quando, cliccando sui video, gli appaiono interviste, conferenze a cui i testimoni oculari hanno preso parte, il suo cuore - mi pare persino di udirlo - si ferma. E anche il mio. Si tratta di una registrazione piuttosto lunga girata nello studio di un format televisivo, con la partecipazione di esperti e di un ospite d'eccezione, in grado di far sentire la sua voce a più di sessant'anni dalla tragedia. Ariel, mormoro, con voce rotta, tradendo una sincera commozione nel sapere che lui, a differenza di milioni di altri, si sia salvato. La voce è rimasta invariata negli anni e, sebbene all'epoca delle riprese fosse piuttosto avanti con l'età, era ancora arzillo, più di quanto lo fosse al tempo del nostro incontro. Quando è stata mostrata una sua foto risalente al quarantasette, era irriconoscibile. L'incavatura delle guance aveva lasciato il posto a un viso più pieno, d'aspetto salutare, e la rasatura a zero dei capelli da una chioma folta, acconciata in un pionieristico ciuffo a banana, alla James Dean; quando la presentatrice azzardò un commento sulla sua bellezza, ho riconosciuto lo stesso sorriso timido che mi aveva rivolto allora. Ho congiunto le mani poggiandole contro la punta del naso, indugiando in un pensiero struggente; che lui abbia mantenuto la parola data, nonostante tutto.

Unsere Schatten - Le nostre ombreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora