Capitolo 4 - Libertà, Spirito e Coraggio (Parte I)

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Nel sontuoso salone dedicato ai ricevimenti privati, i raggi solari si facevano strada attraverso le finestre, tingendo lo spazio circostante con tonalità soffuse e calde. Ad ogni passo oltre la soglia, si apriva una scena accogliente osservando le sedie rivestite di velluto che invitavano a prendere posto accanto a un tavolo di legno intarsiato. Il pavimento, coperto da un largo tappeto raffigurante un albero con foglie brune, intrecci di fiori e rami su sfondo giallo ocra, evocava il connubio tra natura e arte.

Accanto a una delle finestre, era posizionato un leggio in legno dai dettagli dorati, sostenuto da una colonnina di marmo. Sopra di esso, giaceva un prezioso volume intitolato "Bramami in Eterno", un romanzo cavalleresco appena giunto in circolazione.

La stanza conferiva quel tocco di bellezza progettato per lenire le conversazioni più accese, mentre l'eleganza mirava a indirizzare i comportamenti dei presenti, incanalando le loro interazioni nei rispettivi ruoli. Senza dubbio, anche l'arredamento avrebbe avuto la sua parte nel dipanare il filo delle vicende che avrebbero avuto luogo.

La regina Filippa e il suo leale vassallo Gunnar si ritrovarono con l'obiettivo di instaurare un dialogo amichevole. Questo incontro aveva lo scopo di dissipare la nebulosa tensione che aveva caratterizzato la cena precedente, per giunta disturbata da un fenomeno misterioso e inspiegabile. Inoltre, il vassallo covava il desiderio di esaminare con maggior dettaglio alcuni dei temi sollevati nelle numerose corrispondenze. Tuttavia, prima di addentrarsi in questioni profonde, sentì il bisogno di stemperare la disarmonia che ancora creava attrito. Così, incorniciò l'inizio della discussione con parole eloquenti e argomentazioni persuasive.

Parallelamente, la regina aveva costantemente procrastinato la trattazione di argomenti cruciali, ignorando sia gli avvisi dei suoi consiglieri sia i richiami dei rappresentanti di influenti cerchie sociali. Era sua abitudine meditare attentamente prima di pronunciare qualsiasi dichiarazione ufficiale. Ancora una volta, decise di deviare l'attenzione della conversazione, dirigendola lontano dagli argomenti proposti. Il suo desiderio di prendersi il tempo necessario per una riflessione prudente rimase inalterato, mentre intrecciava abilmente le fila della conversazione, senza mai rivelare le sue vere intenzioni.

Il tempo scorreva senza che l'argomento centrale venisse affrontato apertamente. Quindi, per l'ennesima volta, la regina chiese al servo di versare del vino rosso, ma anche di lasciare la stanza. Le sue istruzioni semplici ma decise esprimevano con chiarezza il suo desiderio di non essere disturbata. Con sguardo complice, la regina e il vassallo attesero pazientemente che il servo lasciasse la sala. Fu solo quando la porta si chiuse dietro di lui che iniziarono a scrutarsi meticolosamente, ciascuno cercando di decifrare i segreti celati negli occhi dell'altro.

Un tenue sorriso sfiorò le labbra della regina, ottenendo una risposta solenne dal vassallo. Tuttavia, la tensione persisteva, evidente nelle loro rigide espressioni, soprattutto nel modo in cui la donna rigirava tra le mani il calice ormai vuoto. Nella sua mente si affollavano pensieri spinosi, più intricati delle stesse questioni riguardanti il regno. Desiderava liberarsi da quei tormenti che la affliggevano, e così giunse alla decisione di confidarsi con il vassallo. Sperava che con il confronto potesse rafforzare la fiducia in se stessa, liberando la pesantezza che aveva avvolto i suoi pensieri.

"Mi chiedo perché Astrid sia così capricciosa," iniziò la regina, la sua voce carica di preoccupazione. "Nonostante io abbia dedicato grande attenzione alla sua educazione, sembra persistere nella disobbedienza e non riesco a comprenderne il motivo. Dove ho sbagliato?"

Gunnar finì di bere il suo bicchiere e lo posò delicatamente sul tavolo. Spostò la mano verso il suo bastone appoggiato accanto alla sedia, raffigurante il volto di un cane dorato, mentre cercava una risposta alla domanda posta dalla donna. Non sapeva quale fosse il segreto per ottenere l'obbedienza, poiché sapeva bene che un suddito e un figlio non rispondono agli stessi modelli di comando. Allora, con mano sicura, riempì di nuovo le coppe di vino, assicurandosi di non versare nemmeno una goccia fuori posto.

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