Capitolo uno

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Mi svegliai a causa della luce accecante che entrava dalla finestra e una figura femminile accanto a me mi osservava come per sgridarmi. La osservai a mia volta, Erica, la mia domestica aveva alzato la serranda, osservai l'orologio appoggiato sul comodino, prendendolo delicatamente, era un regalo di mia madre, sono le 8:30, la domenica alle 9:00 c'è la messa, che noia.
<< Signorina Wilson, farete tardi alla messa, i vestiti sono appoggiati sulla sedia e la vasca è già piena e a 37.5° come di vostro gradimento, vi prego di sbrigarvi o vostro padre andrà su tutte le furie, sapete che ci tiene a queste cose>>.
Mi alzai dal letto ancora stanca e mi affrettai a togliermi il pigiama per potermi infilare nella vasca, riempita di petali di rosa e di bagnoschiuma al muschio bianco. Uscita mi infilai l'accappatoio color lavanda e le ciabatte dello stesso colore e corsi ad asciugarmi i capelli, controllai l'orario le otto e quarantacinque. Realizzai che non avrei avuto tempo di asciugarmi i capelli per bene quindi lasciai un asciugamano rosa salmone sopra i miei capelli rossicci e mi sbrigati a indossare i miei vestiti. Una gonna marroncina lunga fino alle caviglie, una camicia bianca con le maniche a sbuffo al di sopra di un corsetto stretto alla vita e un paio di guanti candidi , abbinati al mio cappello.
Uscii di fretta e furia tenendo d'occhio l'orario, le otto e cinquantacinque, almeno abito qui vicino alla chiesa del villaggio , pensai mentre mi incamminavo alla carrozza <<Buona Domenica signorina Wilson>> disse un maggiordomo prima di darmi una busta che afferrai goffamente mentre entravo nella carrozza <<cos'è?>> Chiesi confusa <<è la vostra colazione, sono al corrente che voi state molto di fretta ma almeno siate attente alla vostra salute, soprattutto perché data la vostra età a breve dovrete trovarvi un marito, o sbaglio?>> disse tutto mentre saliva in carrozza, la sua goffaggine ricordava molto la mia, non risposi a quello che aveva detto ma aprii la busta di carta marrone , che si abbinava perfettamente alla mia gonna, e all'interno una ciambella glassata e ripiena di cioccolato mi fece scolare della saliva dalle labbra piene e rossastre, era troppo tardi quindi avrei mangiato dopo la messa.

*Time skip*

<<Ora siete liberi di andare>> esclamò il prete con un'espressione solare e la voce stanca dopo aper parlato per due ore di seguito, mi incamminai nell'intento di uscire il più presto possibile da quel posto a dir poco infernale ma una mano afferrò il mio polso, Il duca di Penningthon, dire che è egocentrico è un eufemismo...
<<Signorina Wilson, Giusto? Ho sentito che vostro padre sta cercando di maritarvi e mi chiedevo se vi andasse di conoscerci meglio>> dopo aver sentito le parole una rumorosa risata uscì dalla mia bocca e vidi il suo sguardo passare da orgoglioso a confuso, beh almeno ha capito o no? <<Pensate veramente io sia interessata a maritarvi, onestamente, non sono interessata, ho degli standard decisamente più alti di questo>> solo dopo aver parlato mi resi conto di ciò che avevo appena detto e mi morsi la lingua, le mie guance lentigginose da bianche diventarono del colore del tappeto che stavo calpestando. Ma fu proprio in quel momento che mio padre, il signor Philip Wilson, si avvicinò con passi rumorosi e trionfanti, facendo fuggire il duca , che dopo aver visto con la coda dell'occhio la figura alta e robusta di mio padre, diventò paonazzo e iniziò a balbettare...

E se ti dicessiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora